Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.14943 del 14/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15771/2019 proposto da:

M.S., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati Manuela Tirini, Roberto Giannini, giusta procura in calce al ricorso, Roberto Triola, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

S.S.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via F. Carrara 24, presso lo studio dell’avvocato Ceschini Roberta, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Restignoli Armando, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE PER I MINORENNI di BOLOGNA, depositato il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2020 dal cons. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto immediatamente esecutivo n. 928/2019 pubblicato l’113-2019 il Tribunale dei Minorenni di Bologna, in accoglimento dell’istanza di rimpatrio avanzata in data 3-9-2018 da S.S.R. per il tramite dell’Autorità Centrale di Roma, ha ordinato l’immediato rimpatrio di S.M.S.P., nato a ***** ai sensi della L. n. 64 del 1994, art. 7 e art. 8 Convenzione Aja 1980. Il Tribunale dei Minorenni ha ritenuto che: 1) in base alla normativa dello Stato della Florida fosse accertata la responsabilità genitoriale del ricorrente in virtù delle risultanze del certificato di nascita del minore, atteso che, ai sensi del p.382.013 n. 2 lett. c) dello Statuto della Florida, quando tra i genitori non sussiste vincolo di coniugio, come nella specie, il nome del padre non può essere inserito senza l’esecuzione di una dichiarazione giurata e firmata che avviene in ospedale al momento della nascita del bambino con le dovute formalità, ed invece il p.742, richiamato dalla madre resistente, si riferisce alla diversa ipotesi in cui non sia stato in altro modo individuato il padre; 2) il padre avesse l’esercizio effettivo dell’affidamento del minore prima della sottrazione denunciata, in base a quanto affermato anche dalla madre; 3) la sottrazione del minore fosse avvenuta entro l’anno, atteso che la madre era partita per l’Italia con il figlio in data 1-7-2017 comunicando al padre la sua volontà di trattenersi in Italia solo per quindici giorni, o comunque per il periodo delle vacanze estive, ed invece solo nel dicembre 2017 era risultata chiara l’intenzione della madre di non ritornare più in Florida; 4) non sussistessero motivi ostativi al rimpatrio ai sensi dell’art. 13 lett. b), ossia il rischio di pericoli fisici e psichici per il minore o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, in base alle risultanze della relazione sociale e della documentazione prodotta dalle parti.

2. Avverso questo provvedimento M.S. propone ricorso, affidato a due motivi, nei confronti di S.S.R., che resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c.. La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte chiedendo la trattazione del ricorso in pubblica udienza. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione dell’art. 12 della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 ratificata con L. n. 64 del 1994 (pag. n. 8 e 9 del decreto impugnato)”. Ad avviso della ricorrente, il Tribunale per i minori ha ritenuto che il rientro del minore fosse stato chiesto dal padre entro il termine di un anno in assenza di alcun riscontro probatorio. In particolare deduce che lo stesso S. aveva dichiarato, nell’audizione avanti al Collegio di cui all’udienza del 10 gennaio 2019, di aver atteso tanto prima di attivare la procedura Aja in quanto credeva che la situazione si sarebbe risolta con un accordo. Inoltre deduce che non risulta dimostrata alcuna richiesta di rientro diretta alla ricorrente, nel periodo dal luglio 2017 fino al settembre 2018, e neppure contatti di alcun genere; anzi il S., proprio adducendo di voler visitare il figlio in Italia durante le vacanze natalizie del 2017 e di non aver potuto, invece, lasciare la Florida per il furto del passaporto, narrando vicende definite “fumose” dallo stesso Tribunale, aveva manifestato la piena consapevolezza che l’allontanamento del figlio fosse definitivo. Adduce che il S. si era attivato solo dopo aver ricevuto, nell’agosto 2018, la notifica della domanda di affidamento esclusivo del minore presentata dalla madre al Tribunale Civile di Rimini, e ciò al solo scopo di ottenere in Florida il rinnovo del suo permesso di soggiorno, in scadenza entro breve. Mancando il presupposto della presentazione entro l’anno dell’istanza di rientro del minore in USA, il Tribunale avrebbe dovuto accertare, ai sensi dell’art. 12 della Convenzione Aja, se il minore si fosse integrato nel nuovo ambiente di Riccione. Adduce che il radicamento del minore in Italia, dopo un periodo di tempo oggettivamente lungo, era stato accertato dai Servizi sociali, come da relazione di detti Servizi acquisita dal Tribunale.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione dell’art. 3 della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 ratificata con L. n. 64 del 1994 (pag. n. da 4 a 8 del decreto impugnato)”. Deduce che il S. non ha mai avuto alcun diritto di affidamento o di custodia del figlio minore. Richiama il disposto del p.744.031 dello Statuto della Florida, a norma del quale la madre di un bambino nato fuori dal matrimonio è il tutore naturale ed ha la custodia primaria residenziale, fino a quando la paternità non sia accertata in via giudiziale. Richiama e produce (doc.n. 2) il decreto del Tribunale Distrettuale del Ventesimo Distretto Giudiziario della Contea di Collier – Florida del 20 marzo 2019 che ha respinto l’istanza di misure provvisorie sul minore avanzata dal S., affermando che la paternità non è stata riconosciuta a livello legale dal ricorrente ( S.) e non risulta da alcun documento ufficiale. Deduce che, secondo la normativa della Florida, per i figli nati fuori dal matrimonio serve un procedimento di riconoscimento della paternità e il S. non lo aveva mai promosso, nè il Tribunale aveva più alcuna autorità decisoria, essendo il bambino e la madre fuori dagli U.S.A. da oltre sei mesi. Ad avviso della ricorrente nè il certificato di nascita, nè i registri anagrafici erano idonei a dimostrare, secondo la legge della Florida, la paternità e richiama la giurisprudenza statale floridiana (Dipartimento della Revenue v. MLS, 756 So.2d 125-Fla 2 DCA 2000). Ad avviso della ricorrente, inoltre, è errata l’interpretazione della legislazione della Florida effettuata dal Tribunale in adesione al parere prodotto dal S.; invece il Tribunale avrebbe potuto e dovuto, ex art. 15 della Convenzione Aja, chiedere all’Autorità Centrale se esistesse o meno un effettivo diritto di custodia del S. sul bambino, come sollecitato dalla ricorrente in primo grado. Rileva la gravità della situazione venutasi a creare, vivendo ora il minore in Florida con la madre, dato che il Giudice americano ha ritenuto di non poter prendere provvedimenti sull’affidamento del bambino, per non essere americana la sua residenza abituale.

3. Deve dichiararsi inammissibile il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi prioritariamente in quanto concerne la sussistenza della legittimazione a richiedere il provvedimento impugnato del S., in capo al quale la ricorrente assume non sussista alcun diritto di affidamento o di custodia del figlio minore, nè responsabilità genitoriale, in assenza di accertamento della paternità legale.

3.1. Nell’illustrazione del motivo la ricorrente richiama le norme dello Statuto della Florida, la cui violazione avrebbe determinato il giudice di merito a ritenere sussistente la predetta legittimazione del padre, assumendo che difetterebbe, nella specie, una declaratoria giudiziale che riconosca la paternità del S. sul figlio minore, richiesta dai p.p.744.301 e 742.10 dello stesso Statuto.

Orbene, va osservato, al riguardo, che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, senza limitarsi a giustapporre alle argomentazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata quelle sostenute dal ricorrente. Diversamente verrebbe ad essere impedito alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass. 24298/2016); Cass. 5353/2007).

3.2. Nel caso di specie, il Tribunale ha motivatamente escluso che le norme citate dalla ricorrente si applichino alla fattispecie concreta, riguardando le stesse il diverso caso in cui la paternità del padre non risulti in alcun altro modo, e ne sia contestata la paternità biologica. Il Tribunale ha fatto applicazione del p.382.013, che consente di considerare padre del nato colui il cui nominativo – in forza di una dichiarazione giurata e firmata in ospedale al momento della nascita sia inserito nel certificato di nascita. A seguito di tale procedura, infatti, la struttura sanitaria cura gli adempimenti burocratici relativi. Poichè il nominativo del S. risulta inserito nel certificato di nascita del minore, il Tribunale, accertato detto dato, ne ha tratto la conclusione che il medesimo è padre del piccolo S.. E tale conclusione è stata avvalorata dal rilievo che la stessa M. non aveva sollevato dubbi, in precedenza, sulla paternità in capo al S., avendo accettato di attribuire al bambino il doppio cognome S.- M..

Il Giudice di merito ha, inoltre, accertato – sulla base della documentazione fotografica in atti e della relazione dei Servizi Sociali – che il padre, fino al trasferimento del bimbo in Italia, ha sempre vissuto con il minore, il quale aveva ottimi rapporti sia con lui che con i membri della famiglia paterna, sicchè il Tribunale ha ritenuto sussistente anche il requisito della cura e custodia del figlio minore.

A fronte di detta puntuale ricostruzione, in diritto e in fatto, della vicenda oggetto di causa, la ricorrente, senza prendere in esame la norma applicata dal Tribunale e dimostrarne l’erronea applicazione al caso concreto, si limita a richiamare nuovamente le disposizioni invocate in prime cure, inammissibilmente riproponendo una diversa interpretazione giudica rispetto a quella fornita dal decreto impugnato, senza svolgere specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie.

Per ciò che concerne la rilevanza dei provvedimenti emessi dal Tribunale distrettuale della Contea di Collier- Florida, osserva il Collegio che il contenuto decisorio del primo decreto di data 20-3-2019, allegato al ricorso, con il quale sarebbe stata accertata, ad avviso della ricorrente, l’insussistenza di diritti del padre sul minore S., è riportato, nel ricorso, in maniera generica, senza riproduzione – nel rispetto del principio di autosufficienza – del contenuto essenziale, anche al fine di consentire a questa Corte di delibarne la effettiva riferibilità al caso concreto. Ad ogni buon conto, al suddetto decreto, concernente misure provvisorie, è seguito il successivo di data 11-62019, allegato dalla ricorrente alla memoria illustrativa, con il quale è stata riconosciuta la paternità tra il S. e il piccolo S..

4. Anche il primo motivo, con cui la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja, è inammissibile.

4.1. Questa Corte ha chiarito che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. 640/2019; Cass. 3340/2019; Cass. 23851/2019). E’, pertanto, inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando il ricorrente, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758/2017). Con il ricorso per cassazione – anche se proposto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (tra le tante Cass. n. 29404/2017).

4.2. Nel caso di specie, la censura – sub specie del vizio di violazione di legge – è in realtà diretta a proporre una rivisitazione del merito. La ricorrente, infatti, si duole del fatto che il Tribunale abbia ritenuto l’azione del S. proposta entro l’anno dal mancato illecito rientro in Florida del minore, censurando la valutazione degli elementi probatori effettuata dal Tribunale ed assumendo che il periodo decorso dall’illecita sottrazione del minore fosse stato superiore all’anno, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla necessità, prevista, solo in tale ultimo caso, dall’art. 12 della Convenzione dell’Aja, di valutare l’integrazione del piccolo S. nell’ambiente italiano.

Il Tribunale, con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014), dopo aver premesso che, per espressa ammissione della M., l’allontanamento del figlio dalla Florida, in compagnia della madre, era avvenuto con il consenso del padre, ma solo per un periodo temporale limitato (quindici giorni o periodo estivo), ha accertato, dando conto degli elementi probatori in tal senso valutati, che solo nel dicembre 2017 era divenuta palese la definitività del mancato rientro in Florida del minore e, di conseguenza, l’illiceità della condotta della madre, la quale, in precedenza, reiteratamente aveva procrastinato il suddetto rientro.

Si è, dunque, trattato di un apprezzamento di fatto che è incensurabile in sede di legittimità, ove, come nella specie, adeguatamente motivato. Sul soggetto che si oppone al rimpatrio del minore grava l’onere di allegazione e prova dei fatti impeditivi del rimpatrio stesso, indicati nell’art. 13 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, e nella specie, in base a quanto, si ribadisce, insindacabilmente accertato dai Giudici di merito, non solo non ricorrono i fatti impeditivi di cui al citato art. 13, ma neppure rileva l’integrazione del minore in Italia, ai sensi dell’art. 12 della stessa Convenzione, poichè l’azione è stata proposta dal padre entro l’anno dall’illecita sottrazione.

4.3.Occorre, infine, aggiungere che nel caso concreto la sottrazione, illecita ai sensi dell’art. 3 della Convenzione dell’Aja, si è realizzata non mediante il trasferimento del minore in Italia, avvenuto con il consenso del padre, in base a quanto accertato dal Tribunale, ma mediante il mancato ritorno del bambino in Florida, sicchè in ordine a detta ultima circostanza, indipendentemente, invece, dalla data del trasferimento in Italia, il Tribunale ha correttamente esercitato i poteri di indagine, anche per determinare il periodo a partire dal quale la condotta della madre, inizialmente lecita, è divenuta illecita.

Risulta, infatti, chiara la distinzione, testuale nella formulazione dell’art. 12 della Convenzione, tra trasferimento e mancato rientro, con ogni conseguenziale effetto sulla modalità di computo del termine annuale, ed è altrettanto chiara la previsione della medesima norma circa la necessità di valutare l’integrazione del minore ostativa al rimpatrio solo qualora l’anno, da computarsi nel senso specificato, sia decorso. Non reputa, pertanto, il Collegio necessaria la trattazione di dette questioni in pubblica udienza.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

8. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2020

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