Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.15023 del 15/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28655-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

e IMMOBILIARE GEDA S.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato MARINI GIUSEPPE, che la rappresenta e difende assieme all’Avvocato TOSI LORIS giusta procura speciale estesa a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 27/24/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO, depositata il 22/4/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva parzialmente accolto l’appello della Geda Immobiliare S.r.L. avverso la sentenza n. 2/10/2012 della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IRES 2005, con cui era stato acquisito a tassazione l’importo di una svalutazione titoli, riportata tra i costi del conto economico;

la contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo.

CONSIDERATO

Che:

1.1. con unico mezzo si denuncia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 19 avendo la CTR ritenuto ammissibile la domanda formulata in via subordinata dall’appellante di riduzione del maggior valore accertato in misura corrispondente ad una componente positiva del reddito che sarebbe stata erroneamente sottoposta a tassazione, ampliando così il thema decidendum mediante richiesta di un accertamento avente contenuto diverso ed ulteriore rispetto a quello avente ad oggetto la legittimità dell’atto impugnato;

1.2. la censura è infondata;

1.3. posto il carattere impugnatorio del processo tributario, che ha ad oggetto esclusivamente il controllo della legittimità, formale e sostanziale, di uno degli specifici atti impositivi elencati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, l’indagine sul rapporto tributario è limitata al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere con l’atto stesso;

1.4. il giudizio tributario è caratterizzato, invero, da un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati, ed avente un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo in primo grado;

1.5. nel caso in esame la stessa Agenzia delle entrate ha dato atto che la contribuente, sin dal ricorso introduttivo in primo grado, aveva formulato domanda in via subordinata rivolta alla riduzione dell’imponibile in relazione alla pretesa erronea tassazione di una componente positiva di reddito, pari alle differenze di cambio positive di un finanziamento in yen, confluite in un

“fondo rischi differenze su cambi”;

1.6. ne consegue che essendo stata espressamente riproposta in appello tale domanda, la CTR ha legittimamente preso in esame la suddetta domanda in quanto relativa alla medesima pretesa fatta valere dall’Ufficio con l’atto impugnato;

2.1. con il ricorso incidentale si lamenta nullità della sentenza per omessa pronuncia della CTR sul motivo di appello relativo alla “carenza di motivazione dell’atto impositivo, avendo la parte riproposto in secondo grado l’eccezione relativa alla mancanza di motivazione in merito alla richiesta della contribuente di valutare, in sede di eventuale rettifica della dichiarazione dei redditi per l’anno 2005, l’esistenza di un componente positivo di reddito che si assumeva erroneamente assoggettato a tassazione;

2.2. la censura è infondata, non essendo configurabile nella specie il vizio denunciato;

2.3. la CTR, infatti, relativamente alle censure circa “la mancata considerazione nell’avviso di accertamento del componente positivo di reddito erroneamente sottoposto ad imposizione”, ha espressamente statuito accogliendo la doglianza mediante rideterminazione del maggior reddito imponibile;

2.4. non ricorre, dunque, il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul suddetto punto (nel caso in esame relativamente all’illegittimità integrale dell’atto impositivo per difetto di motivazione) e questa Corte ha anche affermato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di specifica argomentazione;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso principale e quello incidentale vanno entrambi respinti;

4. stante la parziale reciproca soccombenza è opportuno compensare integralmente le spese di lite;

5. essendo risultata soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa integralmente le spese di lite.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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