Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.15029 del 15/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27201/2013 R.G. proposto da:

P.G., sia in proprio sia nella qualità di titolare della ditta individuale Europa Signal, rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Prozzo, con domicilio eletto in Roma, via Merulana, n. 234, presso lo studio dell’Avv. Cristina Della Valle;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

Agenzia delle entrate, Direzione provinciale, Ufficio controlli di Benevento, in persona del Direttore pro tempore, con sede in Benevento, via Aldo Moro;

e contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 378/1/12 depositata il 17 luglio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2020 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

RILEVATO

che:

a seguito di un processo verbale della Guardia di finanza, il 28 aprile 2005 l’Agenzia delle entrate notificò a P.G., titolare dell’impresa individuale Europa Signal, due avvisi di accertamento di maggiori IRPEF, IRAP e IVA, oltre a interessi e sanzioni, per i periodi d’imposta, rispettivamente, 1999 e 2000;

i due avvisi di accertamento furono separatamente impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale di Benevento (hinc anche: “CTP”) che, riuniti i ricorsi della contribuente, li accolse parzialmente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello e P.G. propose appello incidentale alla Commissione tributaria regionale della Campania (hinc anche: “CTR”), che accolse l’appello principale e rigettò l’appello incidentale;

avverso tale sentenza della CTR, P.G. propose ricorso per cassazione e Cass., 19/07/2011, n. 15798, riscontrata la denunciata nullità della stessa per l’omessa comunicazione dell’avviso di trattazione all’appellata costituita, la cassò, rinviando la causa ad altra sezione della medesima CTR;

riassunta la causa da P.G., la CTR accolse l’appello dell’Agenzia delle entrate “tranne che per l’omesso ricavo di Lire 87.567.440 per il 2000, da ritenere incluso nella fattura n. ***** del *****, con quanto di conseguenza ai soli fini delle sanzioni e degli interessi sull’IVA”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 17 luglio 2012 e non notificata, ricorre per cassazione P.G., che affida il proprio ricorso, notificato a mezzo del servizio postale il 2 dicembre 2013 (raccomandate ricevute dall’Avvocatura generale dello Stato il 5 e il 6 dicembre 2013 e dall’Agenzia delle entrate di Benevento il 3 dicembre 2013), a nove motivi;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 13/14 gennaio 2014;

il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato.

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, poichè privo di legittimazione passiva in quanto il procedimento è stato introdotto successivamente al 1 gennaio 2001, giorno in cui è divenuta operativa l’istituzione dell’Agenzia delle entrate, alla quale, per i procedimenti introdotti dopo detta data, spetta in via esclusiva la legittimazione ad causam e ad processum (per tutte, Cass., Sez. U, 14/02/2006, n. 3118);

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), “(o)messa pronuncia Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112" dello stesso codice, per avere la CTR omesso di pronunciare sulla propria eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate – sollevata nell’atto di riassunzione della causa – per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, in quanto privo dell'”esposizione dei fatti (e della) indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione”;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e dell’art. 342 c.p.c., per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate “per omessa esposizione dei fatti, ed omessa indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione (…) quanto meno in relazione al punto della sentenza relativo alla pretesa “omessa fatturazione di ricavi” derivante dalla “presunzione” di vendita dei “coils” (…), questione su cui la Commissione tributaria provinciale si era espressa con una specifica motivazione”;

con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in quanto la CTR “non ha esaminato i motivi di appello proposti dall’Ufficio, ma (…) ha proceduto in piena autonomia a riesaminare ex novo i motivi addotti dalla P. nei ricorsi di primo grado”;

con il quarto motivo, la ricorrente denuncia “(m)otivazione apparente. Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione”, in quanto la CTR “si è pronunciata dedicando mediamente due righe ad ogni specifica questione, con affermazioni stereotipate o generiche che rendono impossibile la ricostruzione della ratio decidendi”;

con il quinto motivo, la ricorrente denuncia “omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia. Motivazione irrazionale”, in quanto la motivazione della sentenza impugnata sul rilievo dell’omessa contabilizzazione di ricavi per Lire 80.000.000 nell’anno 1999 – secondo la quale “lo scarto fra le rimanenze finali 1998 e quelle iniziali 1999 giustifica, in assenza di elementi comprovanti l’adempimento degli obblighi fiscali nel 1998, l’attribuzione di corrispondenti ricavi nel 1999, col ricarico medio (non contestato) del 20%” – “è del tutto inidonea a giustificare l’accoglimento dell’appello”;

con il sesto motivo, la ricorrente denuncia “(v)iolazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio”, in quanto, sempre sul punto concernente il rilievo dell’omessa contabilizzazione di ricavi di Lire 80.000.000 nell’anno 1999, la CTR “ha posto a base della decisione (la) questione nuova, non dedotta dall’appellante, e non prospettat(a) alle parti prima della decisione(, che la contribuente) non aveva comprovato l’adempimento degli obblighi fiscali relativi all’anno 1998”;

con il settimo motivo, la ricorrente denuncia “(v)iolazione del principio di competenza. Art. 109 del TUIR”, in quanto, ancora con riguardo al punto concernente il rilievo dell’omessa contabilizzazione di ricavi per Lire 80.000.000 nell’anno 1999, dato che l’accertamento riguarda tale anno, “(i)l risultato d’esercizio può essere modificato se si accertano maggiori ricavi inerenti a tale esercizio, non se si mette in dubbio l’adempimento degli obblighi fiscali nell’anno precedente”;

con l’ottavo motivo, la ricorrente denuncia “(d)ifetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. Omesso esame di documentazione decisiva”, in quanto la motivazione della sentenza impugnata sul rilievo dell’omessa fatturazione di ricavi di Lire 1.667.170.960 nell’anno 1999 derivanti dalla vendita di colls alla Car Segnaletica s.r.l. – secondo la quale “la contestata consegna dei coi/s alla Car Segnaletica (è) da presumere fatta, per i tempi e l’assenza di documentate e contestuali causali diverse, a titolo di vendita; nè, per l’autonomia dei periodi d’imposta, la successiva fatturazione eseguita nel 2000 può sanare o compensare l’inadempienza dell’anno precedente” – si basa su “una mera “presunzione” senza tenere conto delle argomentazioni addotte dalla P., e della documentazione prodotta a supporto di tali argomentazioni”, dalla quale risultava che i coi/s erano stati venduti, una sola volta, nell’anno 2000, con regolare fatturazione dell’operazione;

con il nono motivo, la ricorrente denuncia la “(v)iolazione dei principi in materia di presunzione”, in quanto “MI Giudice Tributario ha l’obbligo di esaminare le prove offerte dal contribuente per superare la presunzione invocata dall’Ufficio. Non può decidere la controversia applicando le presunzioni senza valutare le prove contrarie fornite dal contribuente”;

anche il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate è inammissibile;

infatti, posto che l’impugnata sentenza della CTR è stata pubblicata, mediante deposito nella segreteria della stessa, il 17 luglio 2012, il ricorso per cassazione è stato notificato dall’avvocato a mezzo del servizio postale con raccomandate spedite solo il 2 dicembre 2013, dopo che era decorso il termine annuale previsto – a pena di decadenza dall’impugnazione – dall’art. 327 c.p.c., comma 1, (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modificazione apportata a tale comma dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17), richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, pur sospeso nel periodo feriale, dal 1 agosto al 15 settembre, a norma della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, (anch’esso nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alla modificazione apportata a tale comma dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 162);

a proposito del computo del termine di decadenza dall’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, e con riguardo anche alla sospensione del decorso dello stesso nel periodo feriale, questa Corte ha chiarito che, “(p)er i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e dell’art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile, non “ex numero” bensì “ex nominatione dierum”, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini: in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi 46 giorni computati “ex numeratione dierum”, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155, comma 1, stesso codice e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale” (Cass., 09/07/2012, n. 11491, Rv. 623165-01, 07/10/2013, n. 22699);

inoltre, “poichè il periodo feriale è da ritenersi, ai fini “de quibus”, “neutro”, e deve poter essere rispettato interamente, si verifica il doppio computo del periodo feriale nell’ipotesi in cui dopo una prima sospensione il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale” (Cass., 24/11/2005, n. 24816, Rv. 585728-01, n. 22699 del 2013, Rv. 628576-01);

applicando tali principi al caso di specie, posta, come detto, la pubblicazione dell’impugnata sentenza della CTR il 17 luglio 2012, si ha che: il termine annuale dell’art. 327 c.p.c., comma 1, scadeva il 17 luglio 2013; da tale data vanno computati i 46 giorni della sospensione feriale; conseguentemente, considerati i residui 14 giorni di luglio e l’ulteriore sospensione sino al 15 settembre 2013, il termine per la proposizione del ricorso scadeva giovedì 17 ottobre 2013;

poichè, come pure si è detto, il ricorso è stato notificato solo il 2 dicembre 2013, esso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e sono liquidate come indicato in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – comma inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del suddetto art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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