LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18848-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
VERIM SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato GIANNI DI MATTEO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 380/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 30/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
RILEVATO
che:
con la sentenza impugnata – in parziale riforma della pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stata accolta l’impugnativa proposta dalla Verim s.r.l. avverso l’avviso (n. *****) con il quale era stato accertato un maggior reddito ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, per l’anno di imposta 2003 – è stata dichiarata legittima, per riconosciuta inesistenza dell’operazione, la ripresa dell’IVA pari ad Euro 4.700,00 sulla somma di Euro 23.500,00 di cui alla fattura n. 18/2003 emessa dalla società Uliveto s.r.l., nonchè confermato l’annullamento della ripresa a tassazione di accreditamenti e prelievi non giustificati fondata su accertamenti bancari;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a tre motivi;
la Verim s.r.l. ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate – denunciando violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, omessa pronuncia su motivo di appello, di cui all’art. 112 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – si duole che il giudice di appello non abbia pronunciato sul motivo di gravame con il quale era stata censurata la pronuncia di primo grado nella parte in cui non aveva dichiarato di ufficio l’inammissibilità della memoria conclusiva, con la documentazione allegata, contenente un motivo nuovo, non eccepito in ricorso, concernente la giustificazione parziale delle movimentazioni bancarie in contestazione;
con il secondo motivo – denunciando violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – lamenta che il predetto giudice, affermando che la società aveva giustificato le movimentazioni bancarie contestate in sede di verifica con la documentazione prodotta con la memoria aggiuntiva in primo grado, abbia erroneamente consentito alla contribuente di integrare i motivi di ricorso;
con il terzo, subordinato motivo – denunciando insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si duole che la CTR abbia reso una motivazione insufficiente sul fatto decisivo e controverso costituito dall’avere o meno la contribuente giustificato la parte dei prelievi su cui si erano appuntate le deduzioni critiche dell’Ufficio e la totalità dei versamenti;
il primo motivo è inammissibile, poichè con esso è dedotto un vizio di omissione di pronuncia non configurabile su questioni processuali (cfr., tra le altre, Cass. 25/01/2018, n. 1876);
il secondo motivo è infondato, poichè la giustificazione delle movimentazioni bancarie, ad opera della contribuente, mediante ammissibile produzione documentale (consentita, nel processo tributario, anche in appello – cfr., sul punto, Cass. 28/06/2018, n. 17164 -, essendo stata l’integrazione istruttoria nel processo tributario positivamente scrutinata dalla sentenza 14/07/2017, n. 199 della Corte costituzionale), non integra motivo nuovo, bensì mera contestazione, inidonea a determinare una alterazione dell’originaria impugnativa, dei fatti costitutivi del credito tributario;
è invece fondato il terzo motivo, poichè i precisi rilievi indicati nell’atto di appello (Le.: “si evidenzia che la documentazione allegata alla citata memoria del 31/05/2010 era stata già fornita alla GdF in data 19/07/2007 e da questa rifiutata – con motivazioni pienamente condivise dall’Ufficio sia nell’avviso di accertamento che nella presente fase processuale – per le seguenti ragioni: il conto corrente 314 acceso presso la Cassa di Risparmio di Civitavecchia non è riportato nella contabilità della società; – la maggior parte delle operazioni citate non sono direttamente riconducibili sia per l’importo che per data alle fatture emesse nei confronti dei clienti; – le giustificazioni di alcuni pagamenti non sono state rintracciate nella stessa contabilità della società”), non sono stati considerati, neppure per essere disattesi, dalla CTR, sul rilievo (a dir poco scarno) della genericità della esplicitazione, ad opera dell’Ufficio, delle ragioni per le quali doveva ritenersi non adeguatamente dimostrata da parte della società la movimentazione bancaria accertata dalla Guardia di Finanza;
in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo ed accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020