Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.15032 del 15/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7897/2019 proposto da:

S.G.B.E., rappresentato e difeso dall’avvocato ERIKA DELLA PIETA’ e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONE C/O UTG MILANO;

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO depositato il 31/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/06/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela.

Il Tribunale di Milano, con il decreto impugnato, respingeva il ricorso avverso detto provvedimento reiettivo.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto S.G.B.E. affidandosi ad un solo motivo.

Il Ministero dell’interno, intimato, ha depositato atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Prima di esaminare i motivi di ricorso occorre evidenziare che dal provvedimento impugnato risulta che il ricorso introduttivo del giudizio di merito è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale di Milano in data 31 luglio 2017 e quindi prima dell’entrata in vigore del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni in L. 13 aprile 2017, n. 46, applicabile a tutti i procedimenti introdotti dopo il centottantesimo giorno dalla sua data di entrata in vigore.

Poichè la normativa che prevede la trattazione dei giudizi in materia di protezione internazionale dinanzi il Tribunale in composizione collegiale e l’inappellabilità delle relative decisioni è applicabile soltanto ai giudizi proposti dopo il 17 agosto 2017, la presente controversia rimane disciplinata dalla normativa previgente, che ammetteva invece l’appello.

Sul punto, questa Corte ha affermato che “Nelle controversie in tema di protezione internazionale, alle quali “ratione temporis” è ancora applicabile il rito sommario di cognizione, la proposizione del ricorso per cassazione anzichè dell’appello, avverso l’ordinanza resa dal tribunale, rende il ricorso medesimo inammissibile, poichè il principio secondo il quale il gravame proposto davanti ad un giudice incompetente impedisce la decadenza dall’impugnazione, consentendo la prosecuzione del giudizio davanti al giudice competente attraverso la “traslatio iudicii”, non è applicabile quando sia stato esperito un rimedio diverso da quello previsto dalla legge” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 2750 del 05/02/2020, Rv. 656716).

Nè è possibile configurare, nel caso di specie, un ricorso “per saltum”, dovendosi in argomento ribadire il principio per cui “L’accordo diretto all’immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di primo grado (c.d. ricorso “per saltum”) costituisce un negozio giuridico processuale, quantomeno sotto il profilo della rilevanza della manifestazione di volontà dei dichiaranti, il cui effetto è quello di rendere inappellabile la sentenza oggetto dell’accordo. Tale accordo, che consiste nella rinunzia ad un grado di giudizio, deve intervenire personalmente fra le parti, anche tramite loro procuratori speciali, mentre non è sufficiente che esso venga concluso dei rispettivi procuratori “ad litem”, e deve altresì precedere la scadenza del termine per la proposizione dell’appello, avendo quale oggetto una sentenza “appellabile” e non essendo previsto come mezzo per superare l’intervenuta formazione del giudicato bensì quale strumento per ottenere una sorta di interpretazione preventiva della legge da parte della Corte di cassazione. Esso infine deve preesistere o quanto meno essere coevo alla proposizione del ricorso per cassazione” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22956 del 12/11/2010, Rv. 615535; cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 16993 del 26/07/2006, Rv. 591639 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 4397 del 29/04/1998, Rv. 515011). In assenza della prova dei requisiti richiesti per la configurabilità dell’accordo tra le parti circa il ricorso diretto a questa Corte, e non avendo peraltro nulla dedotto, al riguardo, il ricorrente, non può ravvisarsi alcun negozio processuale.

Da quanto esposto discende l’inammissibilità del ricorso, poichè il ricorrente avrebbe dovuto proporre appello avverso il provvedimento del Tribunale di Milano oggetto di impugnazione.

Nulla per le spese, in assenza di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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