LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17984-2019 proposto da:
N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE GREGORIO VII 16, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARCHESE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 27/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Milano, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, risultando l’impugnato decreto viziato da motivazione apparente, non avendo il decidente esaminato nel merito i motivi argomentati dal ricorrente; 2) della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 9, 10 e 11, avendo il decidente omesso di fissare l’udienza di comparizione del ricorrente, malgrado la richiesta in tal senso della parte e l’indisponibilità della videoregistrazione; 3) della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. g) e art. 14, avendo il decidente denegato la concessione delle reclamate misure pur a fronte della violenza indiscriminata che caratterizza il paese di provenienza (Nigeria); 4) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato la concessione della protezione umanitaria malgrado l’elevato livello di integrazione sociale raggiunto nel nostro paese.
Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo è infondato, poichè posto che in vizio denunciato è configurabile allorchè il giudice ometta di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, nella specie esso non è concretamente ravvisabile. Ed invero il provvedimento impugnato si mostra ampiamente ed esaustivamente motivato, in modo da esplicitare le ragioni che ne sorreggono l’adozione in piena adesione alle risultanze processuali – che compete, peraltro, solo al decidente di merito apprezzare secondo la loro concludenza in rapporto alla res in decisione – ed in fedele applicazione dei principi che sovrintendono al dovere motivazionale, non contraddicendo al compiuto adempimento di esso la circostanza che il ragionamento decisorio possa aver privilegiato la valutazione di un profilo della cognizione rispetto ad un altro, trattandosi nell’economia complessiva della decisione di aspetti rimessi all’esclusiva potestà di giudizio del decidente di merito.
3. Il secondo motivo, per come letteralmente declinato, non ha fondamento dal momento che il Tribunale ha dato atto di aver fissato l’udienza di comparizione, ancorchè in quella sede non abbia ritenuto di procedere all’audizione del ricorrente. Ove, poi, la censura, debba appuntarsi a ciò, va qui ribadito che “nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente; ne consegue che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione” (Cass., Sez. VI-I, 31/01/2019, n. 2817).
4. Il terzo motivo è inammissibile, intendendo sollecitare la rinnovazione dell’apprezzamento di fatto operato dal decidente di merito. Ed invero, pur dando atto che la vicenda narrata dal ricorrente è di “carattere privato” e che il ricorrente, astenendosi dall’onere di allegazione sul medesimo incombente a questo fine, non ha indicato tra le ragioni che lo avrebbero indotto a lasciare la Nigeria “situazioni di violenza intensa, generalizzata ed indiscriminata”, il Tribunale si è dato cura di procedere all’esame della situazione interna del paese di provenienza, all’esito del quale, sulla scorta della consultazione delle più accreditate fonti di informazione internazionale, ha ritenuto di affermare che la “situazione generale del Paese… non presenta una generalizzata situazione di violenza indiscriminata ed in particolare non presenta simili problematiche nella zona dell’Edo State dove ragionevolmente il ricorrente dovrebbe trovare collocazione in caso di rimpatrio”.
In tal modo il decidente ha espresso un apprezzamento di fatto rispetto al quale il motivo manifesta solo un mero dissenso motivazionale, per di più argomentato allegando una pretesa violazione di legge che rende insindacabile il giudizio del Tribunale.
5. Il quarto motivo di ricorso è infondato non essendo censurabile il giudizio sfavorevole espresso dal Tribunale circa il difetto di concludenza del solo elemento rappresentato dall’integrazione sociale, a detto giudizio – ora autorevolmente avallato dalle SS.UU. (Cass. Sez. U, 13/11/2019, n. 29459) – essendo infatti il decidente pervenuto prendendo atto degli esiti negativi fatti segnare dalla valutazione comparativa tra la situazione del ricorrente nel nostro paese e quella del paese di provenienza, cui soggiace – anche qui tanto più a seguito dell’arresto appena citato – lo scrutino afferente al riconoscimento della protezione umanitaria.
6. Il ricorso va dunque respinto.
7. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020