LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16171-2018 proposto da:
B.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA BAFILE 2, presso lo studio dell’avvocato VANTA SERENA OLIVERIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE ENRICO RIZZO;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI, NICOLA VALENTE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2274/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 21/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO ROBERTO.
RITENUTO
CHE:
la Corte d’appello di Catanzaro, con l’indicata sentenza, accogliendo l’appello dell’INPS ed in riforma della sentenza impugnata, annullava il precetto notificato da B.V. ed opposto dall’INPS; sosteneva la Corte territoriale che fosse carente il titolo esecutivo e che il mutamento delle condizioni reddituali di accesso alle prestazioni assistenziali giustificassero la revoca o la riduzione del relativo importo. Affermava inoltre che il titolo esecutivo azionato difettasse dei requisiti di cui all’art. 4747 c.p.c. mancando gli elementi per la determinazione dell’importo del rateo di una prestazione come l’assegno sociale che risente del reddito conseguito dall’interessato; giacchè la misura dell’assegno, in presenza di redditi, è determinata dalla differenza tra il limite annuo massimo del reddito per accedere alla provvidenza ed il reddito dichiarato dal titolare.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione B.V. con un motivo al quale ha resistito l’INPS con controricorso. E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
RILEVATO
CHE:
1.- con l’unico motivo il ricorso deduce l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia Ric. 2018 n. 16171 sez. ML – ud. 26-02-2020
-2-
sostenendo che la Corte d’appello avesse errato a ritenere il precetto notificato dalla B. privo di titolo esecutivo e che pertanto la sentenza dovesse essere annullata, previa modifica della ricostruzione del fatto.
2.- Il motivo è inammissibile perchè non è proposto conformemente all’art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ratione temporis Questa Corte ha già chiarito che con la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 sia denunciabile in cassazione soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, secondo il testo della norma risultante dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1 lett. b) conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 ed applicabile ratione temporis alla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro pubblicata successivamente al decorso di trenta giorni dal 07.8.2012 data di entrata in vigore della riforma (fissato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3). A tale proposito le Sez. Unite, Senten:za n. 8053 del 07/04/2014, hanno invero che: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.
3. Nel caso in esame il ricorso lungi dal denunciare l’omessa valutazione di alcun fatto decisivo è invece volto ad una generalizzata critica di merito della sentenza impugnata sotto profili eterogenei promiscuamente accorpati.
4.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.
PQM
dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2200, di cui 2000 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 29 luglio 2020