Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.18280 del 03/09/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11022-2019 proposto da:

G.N., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA UGO DA COMO 9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BARBUTO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI *****, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 280, presso lo studio dell’avvocato VALERIO MARMO, rappresentato e difeso dall’avvocato WALTER GIBELLIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2018 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata il 18/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

FATTI DI CAUSA

La ricorrente, G.N., ha subito richiesta da parte dell’Ordine dei Medici di *****, mediante precetto, di pagamento delle spese legali generali conseguenti ad una sentenza della Corte di cassazione che rigettava il ricorso.

l’atta opposizione al precetto, il Giudice di Pace l’ha rigettata ritenendo che invece le spese legali generali spettassero effettivamente anche se non espressamente disposte nel titolo esecutivo (la sentenza della Corte di cassazione).

Avverso tale decisione ha proposto appello la G. davanti al Tribunale di Perugia, che però ha dichiarato inammissibile il gravame. Ora, la predetta ricorre per Cassazione con un motivo di ricorso. V’è controricorso dell’Ordine del Medici di ***** e memorie di entrambe le parti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La sentenza del tribunale di Perugia ha dichiarato inammissibile l’appello, ritenendo che, trattandosi di causa dal valore inferiore ad Euro 1100,00, l’appello avrebbe dovuto essere basato sulla violazione dei principi regolatori della materia, in quanto la decisione era stata resa secondo equità, che a quei principi va soggetta.

2.- La ricorrente propone un motivo di ricorso con cui denuncia genericamente violazione di legge, ma non indica quale in concreto.

La tesi e la seguente. La Corte di Cassazione non aveva liquidato le spese generali, cosi che in assenza di una espressa condanna, esse non andavano affatto pretese dalla controparte, anche per via del regime temporale, che, per quell’anno 2013, non prevedeva le spese generali sul totale dei compensi.

Il motivo è però inammissibile perchè non coglie la ratio della decisione di secondo grado.

Come si è detto, il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello osservando che, essendo stata resa la decisione di primo grado in base ad equità, l’appello avrebbe dovuto essere basato su motivi di violazione dei principi regolatori della materia, anzichè per violazione di legge. La decisione di appello conseguentemente non ha affatto deciso nel merito delle spese contestate, se spettassero o meno.

Di fatto, la ricorrente impugna la decisione di primo grado, che è quella che ha ritenuto dovute le spese generali, non quella di appello. Avrebbe dovuto invece richiedere l’annullamento dell’appello quanto alla sua ratio, ossia alla dichiarazione di inammissibilità, e cosi ottenere, attraverso il rinvio, un giudizio di merito sulla questione delle spese. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

PQM

La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di Euro 3.200,00, oltre Euro 200,00 di spese leali. Spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2020

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