Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21072 del 02/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16507/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

AGRIVALLE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 173/22/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 18 maggio 2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 giugno 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

CONSIDERATO

che:

1. la CTR del Lazio ha rigettato il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva parzialmente accolto (salvo l’indebita detrazione dell’IVA per Euro 2.256,00 quanto a costi non di competenza) il ricorso di Agrivalle s.r.l., società esercente il commercio di frutta secca, contro l’avviso di accertamento ***** per l’anno d’imposta 2003 relativamente all’IRPEG, all’IRAP e all’IVA, oltre sanzioni, sui maggiori ricavi accertati per Euro 289.601,00 previa applicazione di un ricarico medio ponderato del 25,07 per cento;

2. la CTR ha ritenuto, per quel che qui ancora rileva, che: a) la CTP ha ritenuto giustificato il cattivo andamento dell’attività della società in considerazione della crisi del settore negli 2004, 2005 e 2006 immediatamente successivi a quello oggetto di accertamento, nel quale si erano manifestati i primi sintomi della crisi, sicchè la situazione della società era ben diversa da quella ricostruita a tavolino dagli accertatori; b) “la decisione impugnata poggia sulla inconsistenza del metodo usato dall’Ufficio per contrastare le affermazioni del contribuente e ricostruire indirettamente i presunti ricavi, che lo avevano portato a determinare una percentuale media di ricarico del 25,07%, ben diversa da quella del 20,70% emergente dall’esame dei dati contabili societari forniti dall’Agrivalle” (p. 5 della sentenza); c) erroneamente l’ufficio ha determinato detta percentuale poichè “prendendo in considerazione solo la quantità di merce acquistata (senza tener conto del fatto che, trattandosi di prodotti ortofrutticoli, il relativo peso è fisiologicamente in calo; senza considerare le merci avariate, scartate o rimaste invendute) i ricavi dichiarati vengono conseguiti con quantitativi inferiori rispetto a quelli acquistati e, quindi, con un ricarico maggiore rispetto a quello medio determinato dall’Ufficio. (…) Di conseguenza il ricarico medio ponderato calcolato dall’Ufficio (20,70% v. fg. 7 p.v.c.) oltre ad essere incompatibile con il ricarico medio ponderato, è certamente più basso di quello applicato” (p. 5); d) “Ulteriore punto debole dell’impugnato accertamento induttivo consiste nel metodo con cui sono determinati i prezzi di acquisto e di vendita dei singoli prodotti presi a campione, dal momento che non si considera che tali prezzi, anche avuto riguardo a uno stesso prodotto, possono essere diversi ove si tenesse conto del diverso momento dell’acquisto e alla diversa qualità della merce. Pertanto i prodotti che l’Ufficio considera, in via astratta, unici (ad es. noci, castagne ecc.) ed ai quali semplicisticamente attribuisce un prezzo unitario, nella realtà si differenziano sensibilmente l’uno dall’altro” (p. 6);

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi; la società contribuente non ha svolto difese.

Ritenuto che:

4. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia vizio motivazionale: la CTR non avrebbe considerato le evidenti anomalie dei ricavi dichiarati rispetto ai costi, tali da rappresentare una condotta antieconomica, l’insussistenza di cali fisiologici ed avarie per i prodotti (frutta secca) commercializzati dalla società, nonchè l’avvenuta applicazione da parte dei verificatori delle percentuali di sfrido e dei cali di peso dichiarati dal rappresentante della società nel contraddittorio endoprocedimentale; inoltre, contraddittoriamente la CTR, pur avendo ritenuto più favorevole al contribuente la percentuale di ricarico applicata dall’ufficio, invece di applicarla ha annullato l’atto impositivo;

4.1. il mezzo è fondato, essendo la motivazione fornita dalla CTR avulsa dai dati di fatto e dalle risultanze del processo verbale di constatazione che pur afferma di considerare;

4.2. in disparte l’assunzione acritica del fattore rappresentato dalla la crisi del settore (peraltro manifestatosi successivamente all’anno d’imposta oggetto di accertamento, per il quale il p.v.c. ha evidenziato un’incoerenza tra ricavi e utili), come condivisibilmente evidenziato dall’Agenzia ricorrente Agrivalle commercia frutta secca, genere non facilmente deperibile; l’accertamento ha nondimeno tenuto conto delle percentuali di sfrido e dei cali di peso; i prezzi di acquisto – così come gli sfridi e i cali – sono stati determinati in contraddittorio con il legale rappresentante della società;

4.3. incomprensibile è poi l’asserzione (v. retro, sub 2 c) secondo cui “il ricarico medio ponderato calcolato dall’Ufficio (20,70% v. fg. 7 p.v.c.) oltre ad essere incompatibile con il ricarico medio ponderato, è certamente più basso di quello applicato”, laddove in definitiva si confonde tra il ricarico desumibile dal conto economico della società e il ricarico medio ponderato calcolato dai verificatori per trarne conclusioni illogiche rispetto alla decisione;

5. con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 e art. 35, comma 3, nonchè artt. 112 e 277 c.p.c.: la CTR, una volta ritenuta inattendibile la ricostruzione della percentuale di ricarico, avrebbe dovuto rideterminarla anche d’ufficio, quantificando l’imposta dovuta, e non limitarsi ad annullare l’atto impositivo;

5.1. il mezzo è manifestamente fondato, essendo sufficiente richiamare il fermo principio secondo cui il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale e non meramente formale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (così da ultimo, tra le tante, Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27574; conf. Sez. 5, 19 novembre 2014, n. 24611; Sez. 6-5, 21 novembre 2013, n. 26157; Sez. 5, 20 marzo 2013, n. 6918).

6. In conclusione, il ricorso merita accoglimento e la sentenza impugnata dev’essere conseguentemente cassata con rinvio alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai suesposti principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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