LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24933-2018 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
RENZO VALENTINI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PALUMBO 3, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RONCHIETTO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 07/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.
ILEVATO che:
il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione contro il decreto col quale il giudice monocratico del tribunale di Roma, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, ha liquidato alla Renzo Valentini s.r.l.- ai sensi del D.M. n. 265 del 2006, art. 5, e sulla base degli usi locali desunti dalle tariffe dell’Agenzia del Demanio applicate dalla Prefettura di Roma – l’indennità dovuta per la custodia, il recupero e il trasporto di merce sottoposta a sequestro penale;
la società ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO
che:
I. – col primo mezzo l’amministrazione denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 2, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, in quanto la competenza a decidere in ordine all’opposizione al decreto di liquidazione è dalla legge attribuita al presidente del Tribunale;
il motivo è inammissibile poichè quella sottostante non costituisce questione di competenza ma di attribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio giudiziario; nel caso concreto il decreto risulta adottato dal giudice monocratico del competente tribunale di Roma, donde, non essendo configurabili, all’interno di uno stesso ufficio giudiziario, questioni di competenza tra il presidente e i giudici da questo delegati, ma solo di distribuzione degli affari in base alle tabelle di organizzazione, non costituisce ragione di invalidità dell’ordinanza, adottata in sede di opposizione al decreto di liquidazione del compenso dell’ausiliario, il fatto che essa sia stata pronunciata da un giudice diverso dal presidente del tribunale (v. Cass. n. 9879-12, Cass. n. 10080-13 e molte altre);
II. – col secondo mezzo l’amministrazione denunzia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 58, 59 e 70, e del D.M. n. 265 del 2006, art.8, atteso l’erroneo riconoscimento della natura di uso locale alle tariffe di custodia di merci previste dall’agenzia del demanio, ovvero alla mancata prova del costante utilizzo di tali tariffe al punto da poter costituire un uso locale;
il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., avendo questa Corte più volte affermato, in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale a seguito dell’emanazione del D.M. n. 265 del 2006, che la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati va operata, ai sensi del citato D.M., art. 5, e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 2, sulla base degli usi locali, senza che, per questi, occorra verificare la ricorrenza del requisito della opinio iuris ac necessitatis, ossia dalla convinzione, comune ai consociati, dell’obbligatorietà dell’osservanza delle tariffe, derivando il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale (v. da ultimo Cass. n. 11553-19 e prima ancora Cass. n. 75216);
nel caso concreto il tribunale ha accertato che le tariffe dell’agenzia del Demanio erano giustappunto corrispondenti a usi locali in quanto regolarmente applicate dalla stessa Prefettura di Roma, oltre che trasmesse con lettera dell’agenzia fin dal 26-7-2002 agli enti interessati;
III. – le spese seguono la soccombenza;
Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel riferimento al meccanismo del raddoppio del contributo unificato, non trova applicazione nei confronti delle amministrazioni dello Stato che sono notoriamente esentate dal pagamento dei tributi gravanti sul processo (v. Cass. n. 1778-16, Cass. n. 5955-14).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 4.100,00 Euro, di cui 100,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020