Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22295 del 15/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3696-2019 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ODOVILIO LOMBARDO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE *****;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

D.S., ivoriano, ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Bologna che gli ha negato la protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno non svolge difese.

CONSIDERATO

che:

in unico contesto il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e il vizio di motivazione; assume che “la corte” (rectius, il tribunale) avrebbe errato nell’escludere la valutazione, come motivo di rilascio del permesso umanitario, di condizioni personali relative “al diritto alla sopravvivenza o a diritti umani messi in pericolo per qualsiasi motivo nel paese di origine”, e rammenta che esiste nel sistema “un onere probatorio attenuato e (di) rispetto del principio di verosimiglianza”;

indica quale fatto controverso decisivo la situazione di grave instabilità in Costa d’Avorio;

il ricorso è inammissibile;

il tribunale, oltre a ritenere inattendibile la versione dei fatti resa dal richiedente a proposito della propria vicenda personale, ha dato altresì atto dell’inesistenza nella zona di provenienza del medesimo di situazioni di violenza indiscriminata da conflitto armato;

una tale valutazione, munita dei riferimenti alle fonti di prova, integra un accertamento di fatto insindacabile in cassazione;

la tesi secondo cui il giudice a quo avrebbe dovuto valutare, come motivo di rilascio del permesso umanitario, condizioni personali relative “al diritto alla sopravvivenza” o “a diritti umani messi in pericolo per qualsiasi motivo nel paese di origine” è del tutto generica, non comprendendosi a quali elementi, tra quelli posti a fondamento della domanda, il ricorrente abbia inteso riferirsi.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

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