Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.22548 del 16/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24166/2019 proposto da:

U.D., rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE CAROTTA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. 5549/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 04/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

FATTI DI CAUSA

U.D. – cittadino della ***** – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Venezia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona sez. Padova che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè perseguitato in conseguenza di una relazione omosessuale intrattenuta con il dirigente della dipendenza della ***** presso la quale lavorava.

La relazione de qua era stata denunziata alla Polizia da altro dipendente, che aspirava alla promozione da lui avuta, ed in conseguenza il dirigente era stato arrestato ed agli venne abbandonato dalla moglie, che nemmeno le fece più vedere la bambina avuta dalla sua compagna.

Il Tribunale veneto ebbe a rigettare il ricorso ritenendo la vicenda personale narrata dal ricorrente non credibile; non sussistente nello Stato nigeriano di provenienza del richiedente asilo una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa e non concorrenti ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria. Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale marciano articolato su quattro motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da U.D. appare siccome inammissibile.

Con la prima ragione di doglianza l’ U. lamenta violazione dei principi che regolano l’onere della prova in materia, poichè il Collegio lagunare s’è limitato a far proprio il ragionamento logico-fattuale elaborato dalla Commissione senza operare alcun approfondimento ed integrazione istruttoria ex officio, non valutando lo sforzo probatorio da lui compiuto e non valutando la differenza culturale esistente tra Nigeria ed Italia con specifica relazione alla questione dell’omosessualità.

Con il secondo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per violazione delle norme ex artt. 115 e 116 c.p.c., per l’utilizzo di criteri erronei per valutare l’attendibilità delle sue dichiarazioni alla base della domanda di protezione.

Con il terzo mezzo d’impugnazione l’ U. rileva nullità della sentenza – rectius decreto – impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 5, in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e art. 14 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per erronea valutazione del contesto socio-politico dello stato nigeriano di sua provenienza.

Con la quarta ragione di doglianza il ricorrente deduce vizio per difetto di motivazione sostanziale in quanto apparente ovvero manifestamente incomprensibile non risultando l’argomentazione svolta dal Collegio marciano collegata alla sua vicenda personale.

In limine deve la Corte rilevare come la procura ad litem in calce al ricorso risulta priva della data di suo rilascio ed un tanto in contrasto con il puntuale disposto D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, comma 13, quinto periodo, omissione che risulta sanzionata dall’inammissibilità del ricorso.

Difatti la citata norma, innovando con riguardo alle caratteristiche proprie della procura al difensore per il giudizio di legittimità, ha introdotto lo specifico requisito della certificazione, da parte del difensore, oltre che della firma del cliente – vera di firma – anche e specificatamente della data di rilascio della procura stessa.

Data che deve esser successiva alla comunicazione del provvedimento che s’impugna con il ricorso per cassazione.

Quindi la norma, non già, interviene in punto specialità della procura – assicurata dalla sua incorporazione con l’atto d’impugnazione ex Cass. sez. 1 n. 5722/02 Cass. sez. 1 n. 24670/19 -, bensì prescrive nuovo e speciale requisito correlato alla natura della controversia in materia di immigrazione – Cass. sez. 1 n. 2342/20 -.

Difatti il Legislatore ha stabilito la specifica attestazione del difensore circa la data di rilascio della procura, per giunta in momento successivo alla comunicazione del provvedimento impugnato, per evitare che la procura al difensore sia rilasciata in momento anteriore alla conoscenza della decisione da impugnare, ossia sia manifestazione di una programmata litigiosità che prescinde dalle motivazioni esposte dal Giudice a sostegno della sua decisione ed assicuri la presenza sul territorio della Repubblica del richiedente asilo al momento della decisione di impugnare.

L’assenza della data in calce alla procura portata sull’atto d’impugnazione di causa importa anche che non sia intervenuta la prescritta apposita certificazione del difensore circa la data di sua rilascio con il conseguente vizio comportante positivamente l’inammissibilità del ricorso – Cass. sez. 1 n. 1047/20, Cass. sez. 1 n. 2342/20 -.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione costituita liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’ U. a rifondere all’Amministrazione costituita le spese di lite per questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

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