Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.2265 del 30/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4454-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA ZUPPELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 942/2017 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.

RITENUTO

Che:

F.A., cittadino del Senegal, ricorre con due motivi avverso il decreto del Tribunale di Brescia, in data 6 dicembre 2017, che ha rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

CONSIDERATO

Che:

il primo motivo, deducente l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, mod. dal D.L. n. 13 del 2017, conv. in L. n. 46 del 2017, in relazione all’art. 77 Cost., per assenza dei requisiti di straordinarietà e urgenza, è infondato per le ragioni già espresse da Cass. n. 17717/2018 e n. 27700/2018;

che gli altri motivi, riguardanti il mancato riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e umanitaria, sono inammissibili, non cogliendo la ratio decidendi, autonoma e autosufficiente, sulla quale la sentenza impugnata è basata, riguardante la non credibilità della narrazione del richiedente (Cass. 15794/2019, 4892/2019, 28862/2018, 26641/2016, ecc.), censurata con argomentazioni astratte che si risolvono nella richiesta impropria di revisione di giudizi di fatto riservati ai giudici di merito; si deve ribadire che l’invocato dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice, desumibile dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, presuppone pur sempre il positivo vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati dalla norma, anche in relazione all’ipotesi contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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