LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8371-2015 proposto da:
AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MONTAGNE ROCCIOSE 31, presso lo studio dell’avvocato PAOLA CELLETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO CAPPARELLI;
– ricorrente –
contro
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 7, presso lo studio dell’avvocato VINCENZA DI MARTINO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9535/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/12/2014 R.G.N. 4416/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 22/07/2020 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 9535/2014, pubblicata in data 6 dicembre 2014, La Corte d’appello di Roma, adita da S.A., in riforma della decisione di primo grado, dichiarava il diritto dello S. al reinserimento in servizio presso l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma, quale dirigente medico di I livello, a far data dal 24/11/2010, con condanna dell’Azienda appellata al pagamento in favore dell’appellante dell’importo di Euro 3.228,31 mensili per tredici mensilità annue dal 24/11/2010 fino al compimento del 70 anno di età, oltre interessi legali dalle singole date di maturazione del credito al saldo;
S.A. aveva dedotto di essere stato licenziato dall’Azienda in data 22/7/2010 in base al D.L. n. 112 del 2008, art. 72 e di aver presentato domanda di reinserimento in servizio in data 24/11/2010 ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 22 sul presupposto di essere stato in servizio alla data del 31/1/2010, di non aver compiuto il 70 anno di età, di non aver maturato il 40 anno di servizio effettivo;
tale domanda era stata respinta dall’Azienda con nota del 28/11//2010 per il fatto che egli non aveva 65 anni di età al momento del collocamento in quiescenza per compimento della massima anzianità contributiva;
il Tribunale aveva rigettato il ricorso dello S. sostenendo che la disposizione di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 22 non attribuiva al dirigente medico un diritto soggettivo a proseguire nel rapporto fino al 40 anno di servizio effettivo avendo l’amministrazione un potere discrezionale di negare tale prosecuzione ed altresì evidenziando che detta disposizione sarebbe stata condizionata da quella di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 72;
al contrario la Corte territoriale riteneva che, essendo la disposizione di cui all’art. 22 di carattere speciale, prevalente rispetto alla disciplina generale di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, la stessa comportasse il diritto dello S. al reinserimento in servizio, non essendo applicabile la disposizione di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 9, comma 31, (trattenimenti in servizio disposti entro il limite delle facoltà assunzionali consentite dalla legislazione vigente) relativa a trattenimenti in servizio aventi decorrenza successiva al 1 gennaio 2011;
2. avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma con due motivi;
3. S.A. ha resistito con controricorso;
4. l’Azienda Ospedaliera si è successivamente costituita con nuovo difensore;
5. non sono state depositate memorie.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo l’Azienda Ospedaliera denuncia violazione falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 22 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;
censura la sentenza impugnata per non aver considerato legittimo il mancato accoglimento, da parte di essa Azienda, dell’istanza presentata dallo S. di permanenza in servizio in quanto da un lato detto dirigente medico non aveva compiuto il 65 anno di età e, dall’altro, non aveva maturato i 40 anni di servizio effettivo, avendo cessato la propria attività in base alla legge Brunetta (40 anni di contributi);
sostiene che le modifiche introdotte dalla L. n. 83 del 2010 non hanno abrogato la previgente normativa, ovverosia quella contenuta nel D.L. n. 112 del 2008, art. 72, commi 7-10 convertito nella L. n. 133 del 2008 che ha attribuito all’amministrazione la facoltà, in base alle proprie esigenze funzionali ed organizzative, di disporre il trattenimento in servizio del dipendente che ne abbia fatto richiesta;
2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’inapplicabilità alla presente fattispecie della L. n. 183 del 2010, art. 22;
sostiene che lo S. non potesse avvalersi dei benefici di cui al citato art. 22, norma che non ha determinato alcun obbligo per l’Amministrazione di mantenere in servizio coloro che abbiano maturato i 40 anni di contributi;
evidenzia che preclusiva rispetto all’accoglimento della domanda del dirigente medico la previsione di cui all’indicata norma secondo la quale “la permanenza in servizio non può dar luogo ad una aumento del numero dei dirigenti”, cosa che inevitabilmente si sarebbe determinata in caso di reinserimento in organico di un dipendente cessato dal servizio;
3. i motivi, da trattare congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono fondati;
3.1. è risolutiva la circostanza che al momento dell’entrata in vigore della L. 4 novembre 2010, n. 183 (pubblicata nella Gazz. Uff. 9 novembre 2010, n. 262 e, dunque, entrata in vigore il 24 novembre 2010), lo S. avesse già maturato i 40 anni di contribuzione e fosse stato destinatario di provvedimento di recesso da parte dell’Azienda D.L. n. 112 del 2008, ex art. 72;
3.2. si evince, infatti, dalla sentenza impugnata, ed è pacifico tra le parti, che il predetto dirigente medico di I livello è stato dichiarato cessato dal servizio con Delib. 21 luglio 2010, n. 806 “per compiuta massima anzianità contributiva” (40 anni) a decorrere dall’1/11/2010 (considerato il preavviso), ai sensi della L. n. 102 del 2009, art. 17, comma 35 novies;
3.3. come è noto, con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 72, comma 11, convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133, il legislatore ha consentito alle Amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, di risolvere con preavviso il rapporto di lavoro al compimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni di servizio;
3.4. con successivo D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in L. 3 agosto 2009, n. 102, il legislatore ha avuto cura di contenere l’applicazione dell’istituto della risoluzione al solo triennio 2009/2001, estendendone, a chiare lettere, l’applicazione al personale dirigenziale ed aggiungendo, però, nell’elenco del personale non assoggettabile a risoluzione, che già comprendeva magistrati e professori universitari, anche i dirigenti medici di struttura complessa;
3.5. successivamente, con il c.d. collegato lavoro (L. 4 novembre 2010, n. 183) e con l’art. 22, rubricato “età pensionabile dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale”, il legislatore è intervenuto apportando modifiche all’art. 15-nonies, del D.Lgs. n. 502 del 1992 (che era stato inserito dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13, comma 1);
a seguito dell’indicata riforma l’art. 15-nonies è stato, quindi, così riformulato: “1. Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. E’ abrogata la L. 19 febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio. 2. Il personale medico universitario di cui al D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 102 cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali di cui all’art. 6, comma 1, nonchè dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età di sessantasette anni. Il personale già in servizio cessa dalle predette attività e direzione al compimento dell’età di settanta anni se alla data del 31 dicembre 1999 avrà compiuto sessantasei anni e all’età di sessantotto anni se alla predetta data avrà compiuto sessanta anni. I protocolli d’intesa tra le regioni e le università e gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le università e le aziende sanitarie ai sensi dell’art. 6, comma 1, disciplinano le modalità e i limiti per l’utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente correlate all’attività didattica e di ricerca.
3. Le disposizioni di cui al precedente comma 1 si applicano anche nei confronti del personale a rapporto convenzionale di cui all’art. 8. In sede di rinnovo delle relative convenzioni nazionali sono stabiliti tempi e modalità di attuazione.
4. Restano confermati gli obblighi contributi dovuti per l’attività svolta, in qualsiasi forma, dai medici e dagli altri professionisti di cui all’art. 8”;
3.6. è di tutta evidenza che le indicate disposizioni operano su piani diversi il che esclude che la L. n. 183 del 2010, art. 22 possa aver abrogato la disciplina precedente;
3.7. ed infatti il D.L. n. 112 del 2008, art. 72 opera sul piano contributivo prevedendo la facoltà per l’Amministrazione di risolvere con preavviso il rapporto di lavoro al compimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni di servizio (si veda Cass. 3 luglio 2017, n. 16354);
3.8. la L. n. 183 del 2010, art. 22 opera, invece sul piano dell’età, stabilendo il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo;
3.9. il suddetto agire delle norme su piani diversi ha consentito a questa Corte di escludere l’inapplicabilità del recesso per raggiungimento della massima anzianità contributiva ai dirigenti medici che abbiano esercitato la facoltà prevista dalla L. n. 183 del 2010, art. 22 essendo ciò smentito dal tenore letterale dell’art. 72 che, occupandosi espressamente, nel comma 11, ultimo periodo della dirigenza sanitaria, prevede la inapplicabilità del recesso anticipato ai soli dirigenti medici responsabili di struttura complessa (v. Cass. n. 16354/2017 cit.);
del resto, la circostanza che la stessa L. 183 del 2010 sia intervenuta sul testo dell’art. 72, per inserire il comma 11 bis, e non abbia ritenuto di dovere rivedere la individuazione dei dirigenti esclusi dalla sfera di applicabilità del comma 11, è confermativa della non interferenza della concessa facoltà di permanenza in servizio, che incide sul limite massimo di età, con il potere di recesso anticipato attribuito alle pubbliche amministrazioni;
3.10. ulteriore conferma dell’autonomia degli impianti normativi è data dalla previsione di cui alle modifiche introdotte dalla L. n. 183 del 2010, art. 22 secondo la quale “la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti”;
è del tutto evidente che tale previsione sancisce ancora di più l’impossibilità di accedere al previsto beneficio per chi abbia già maturato il requisito contributivo per la cessazione dal servizio in quanto diversamente non si tratterebbe di permanenza in servizio bensì di un reinserimento in violazione del suddetto limite;
3.11. ed allora, se le indicate disposizioni operano su piani diversi al punto che l’inapplicabilità del recesso anticipato è prevista solo per i dirigenti di struttura complessa mentre, al di fuori di tale previsione, non c’è limite per tale recesso (neppure per chi abbia beneficiato della permanenza in servizio ex art. 22), non è fondata la tesi del controricorrente, fatta propria dalla Corte territoriale, di una possibilità sempre e comunque di restare in servizio, su istanza dell’interessato, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 22 essendo tale possibilità sicuramente preclusa per chi, come lo S., aveva già maturato (prima dell’entrata in vigore di tale legge) la massima anzianità contributiva tanto da essere destinatario di provvedimento di recesso da parte dell’azienda ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 72;
4. conclusivamente il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigettandosi l’azionata domanda;
5. l’esito alterno dei gradi di merito consente di compensare le spese di quei gradi;
la regola della soccombenza induce a condannare S.A. al pagamento in favore dell’Azienda ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità;
6. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna S.A. al pagamento, in favore dell’Azienda Policlinico Umberto I, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 22 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2020