Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23182 del 23/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31235-2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato FERRIOLO GIOVAMBATTISTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso il decreto n. 323/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO GIUSEPPE.

RITENUTO

che a conclusione della fase monocratica il Consigliere designato della Corte d’appello di Perugia condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di M.S., a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo civile, la somma di Euro 1.200,00, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 225,00, oltre accessori;

che la Corte d’appello di Perugia rigettò l’opposizione della M., la quale lamentava l’esiguità dell’ammontare della liquidazione a titolo di spese;

che avverso il predetto decreto l’anzidetta istante propone ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato l’art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., nonchè il D.M. n. 55 del 2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale;

che l’Amministrazione è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che il motivo non merita di essere accolto in quanto:

– correttamente la ricorrente individua la fascia tabellare di riferimento (D.M. n. 55 del 2014) da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00, ma poichè la prestazione dell’avvocato risulta essere stata svolta nell’àmbito di un giudizio monitorio (ben diverso è il caso in cui l’accesso alla fase di cognizione davanti al collegio derivi da opposizione che concerna il merito della decisione, per essere stata rigettata la pretesa o riconosciuta un’indennità reputata non soddisfattiva) devono trovare applicazione i parametri previsti per i procedimenti monitori, e la liquidazione non si pone al di sotto dei predetti parametri legali (cfr., da ultimo, Cass. n. 16419/2020);

– l’addotta violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, è radicalmente priva di fondamento, invero la ricorrente invoca un inammissibile sindacato di merito, in presenza di una liquidazione del giudice rispettosa del minimo di tabella;

considerato che essendo la controparte rimasta intimata non deve farsi luogo a regolamento delle spese;

considerato che non sussistono i presupposti di legge sul raddoppio del contributo unificato (Cass. n. 2273/2019) come si desume dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 (conf. Cass. S.U. n. 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020

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