LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21783-2019 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliato in TORINO, VIA GROSCAVALLO 3, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PRATICO’, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 54/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 09/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2020 dal Consigliere DE MARZO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza depositata il 9 gennaio 2019 la Corte d’appello di Torino ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, nell’interesse di P.A., cittadino ivoriano, avverso la decisione di primo grado, che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e di quella cd. umanitaria.
2. La Corte territoriale ha osservato: a) che nessuna della ragioni per le quali il primo giudice aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni del richiedente era stata oggetto di una specifica ed articolata critica, in violazione dell’art. 342 c.p.c.; b) che il Tribunale, dopo avere indicato le plurime ragioni di incoerenza interna della narrazione del richiedente, aveva aggiunto che egli stesso aveva riferito di non avere mai svolto attività politica; c) che, in ogni caso, sempre secondo il Tribunale, non emergeva alcuna correlazione tra la situazione sociopolitica del Paese di provenienza e la specifica situazione del richiedente; d) che sempre il Tribunale aveva escluso l’esistenza di particolari profili di vulnerabilità.
3. Avverso tale sentenza nell’interesse del soccombente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 342 c.p.c., sottolineando che nell’atto di appello era stata censurata specificamente la decisione del Tribunale, laddove: a) aveva ritenuto inattendibile il racconto del richiedente, in violazione delle norme sulla attenuazione del regime probatorio; b) aveva omesso di citare le fonti utilizzate per escludere il diritto alla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sebbene nell’atto di impugnazione fosse stata svolta una critica puntuale in ordine al grado di effettiva tutela assicurato dal sistema della giustizia in Costa d’Avorio.
Il ricorso è fondato.
Il dispositivo della sentenza impugnata, coerentemente con la prima parte della motivazione, si esprime nei termini della inammissibilità dell’impugnazione.
Deve, in conseguenza, darsi continuità all’orientamento alla stregua del quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con cui si sia spogliato della potestas iudicandi sul merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare tale statuizione, sicchè è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale, mentre è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (Cass. 20 agosto 2015, n. 17004).
Non ricorre, pertanto, la diversa ipotesi in cui il rilievo dell’inammissibilità dell’impugnazione costituisca un mero obiter dictum, ininfluente sul dispositivo della decisione, la cui ratio decidendi è, in realtà, rappresentata dal rigetto nel merito del gravame per infondatezza delle censure (Cass. 18 dicembre 2017, n. 30354).
Ciò posto, ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. 12 febbraio 2016, n. 2814).
La sentenza impugnata, in senso contrario, valorizza le indicazioni di Cass. 22 settembre 2015, n. 18704, che, al pari di Cass. 15 giugno 2016, n. 12280, collocandosi nella scia di Cass., Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23299, ha puntualizzato come, affinchè un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non è sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico.
Ma il significato di tali decisioni va colto nell’onere di accompagnare, con una parte argomentativa, la manifestazione di volontà dell’impugnazione e non, invece, tenuto conto della natura del giudizio di merito, nella necessità che la prima debba necessariamente contenere profili aggiuntivi rispetto alle considerazioni, fattuali e giuridiche, svolte in primo grado.
In tale cornice di riferimento, il ricorrente ha puntualmente riportato i brani di rilievo del provvedimento di primo grado e il contenuto dell’atto di appello, che consentono di evidenziare, in termini di estrema puntualità – quale che ne sia la fondatezza, ciò che spetta al giudice di merito valutare -, le critiche mosse alla decisione del Tribunale, sia con riguardo alla protezione sussidiaria e, in particolare, ai profili che rivelerebbero una situazione di violenza generalizzata, sia con riferimento – ciò che rileva, come si vedrà, ai fini del quarto motivo alla protezione umanitaria.
2. Per effetto dell’accoglimento del primo motivo restano assorbiti il secondo e il terzo motivo, con i quali si lamenta, in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità dell’appello: a) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare le informazioni circa la situazione socio-politica della regione di provenienza del richiedente indicate dall’appellante o acquisite d’ufficio; b) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere la Corte d’appello erroneamente escluso il diritto alla protezione sussidiaria, avendo ritenuto necessaria una specifica correlazione tra la posizione del richiedente e la situazione del Paese d’origine.
3. Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’art. 10 Cost., comma 3, nonchè omesso esame della rilevanza della situazione socio politica del Paese di origine, ai fini dell’accoglimento della domanda di protezione cd. umanitaria.
Nonostante la rubrica, che è costruita come una critica al merito della decisione, lo svolgimento del motivo di ricorso conferma che la doglianza investe il tema della specificità dell’appello sul tema.
E, per quanto detto supra sub 1, si deve concludere per l’erroneità della decisione di inammissibilità, a fronte di un’impugnazione che individuava il capo della decisione ed esponeva delle ragioni a sostegno di una diversa conclusione del giudizio di comparazione.
4. In conclusione, vanno accolti il primo e il quarto motivo di ricorso assorbiti i restanti – e, in relazione di disposto accoglimento, va cassata la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che provvederà alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso; assorbiti il secondo e il terzo motivo; in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020