Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23939 del 29/10/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20506/2019 R.G. proposto da:

O.D., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Ricciardi, con domicilio in *****;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1883/2018, depositata in data 6.12.2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/7/2020 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Salerno, confermando la sentenza del locale tribunale, ha respinto la domanda di protezione internazionale proposta da O.D..

Il ricorrente aveva dedotto di provenire da *****, nel ***** della *****, ove aveva studiato ed iniziato a lavorare come piastrellista; di essere figlio del capo spirituale del paese e di essere impegnato in politica; che, essendosi rifiutato di sostenere il ***** alle elezioni del 2015, aveva subito minacce di morte da parte di gruppi armati ed era stato costretto ad allontanarsi dal paese di origine; che, giunto in Italia, si era integrato nel contesto sociale e lavorativo. La Corte salernitana ha dato rilievo alla contraddittorietà del racconto del richiedente asilo, osservando che O.D., pur dichiaratosi aderente all’APP, non aveva saputo indicare la completa denominazione del partito, il nome dei due schieramenti e dei candidati alle elezioni, nè era stato in grado di precisare il ruolo da egli ricoperto, avendo riferito, durante l’audizione personale, di aver aderito all’APC senza aver mai svolto attività politica.

Ha ritenuto, quanto alla protezione sussidiaria, che non fossero emersi elementi comprovanti un’effettiva esposizione al pericolo di un danno grave, alla pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti, e che, riguardo alla protezione umanitaria, i fatti narrati, oltre che scarsamente credibili, non contenessero alcun riferimento ad una concreta situazione di vulnerabilità, asserendo che l’inserimento in Italia non poteva avere rilievo esclusivo ai fini della concessione della protezione internazionale.

La cassazione della sentenza è chiesta da O.D. con ricorso in un unico motivo.

Il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia l’omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza omesso di considerare la situazione di grave instabilità politica e sociale della *****, in particolare nell'*****, avendo valorizzato esclusivamente la ritenuta inattendibilità del racconto del richiedente asilo, e per aver negato la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), con una motivazione del tutto apparente, senza approfondire la situazione della regione di provenienza, senza citare le fonti di conoscenza utilizzate e in violazione dell’obbligo di collaborazione istruttoria, risultando del tutto pretermesso l’apprezzamento delle condizioni di instabilità sociale e politica del *****, caratterizzato da un elevato livello di criminalità, dal rischio di atti terroristici, da frequenti sommosse e da una violenza indiscriminata, come attestato da attendibili fonti internazionali e da numerosi precedenti di merito, dovendosi effettuare tali riscontri anche con riferimento al periodo successivo alla presentazione della domanda di asilo.

Anche riguardo alla protezione umanitaria, la Corte di merito avrebbe omesso qualsivoglia valutazione riguardo al livello di integrazione conseguita in Italia, in comparazione alla situazione di vulnerabilità patita dal ricorrente nel proprio paese di origine.

2. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

La Corte distrettuale ha evidenziato le ragioni di palese inattendibilità del racconto dell’interessato, il quale, pur asserendo di essersi allontanato dalla ***** per ragioni di persecuzione politica (in occasione delle elezioni del 2015), nulla di specifico aveva saputo riferire circa i fatti denunciati, cambiando più volte versione, mostrando di non essere realmente a conoscenza delle vicende politiche dell’area di appartenenza, fino ad affermare di aver aderito all’Apc solo per ragioni religiose.

La pronuncia ha – in particolare – sottolineato che i fatti riferiti dal richiedente asilo apparivano “fortemente contraddittori, ponendosi in contrasto con una condizione di vita sostanzialmente tranquilla dell’interessato nel proprio paese di origine” (cfr. sentenza di appello, pag. 4), e che le dichiarazioni”, oltre a non risultare in alcun modo circostanziate o fornite di riscontro, non contenevano riferimenti a concreti atti di violenza o di minaccia collocati nel tempo, risultando palese la incongruità del racconto con riferimento alle minacce ricevute per lo svolgimento dell’attività lavorativa non retribuita” (cfr., sentenza di appello, pag. 4).

Il rigetto della richiesta di asilo appare – quindi – principalmente effetto della valutazione di inattendibilità del racconto dei ricorrente, senza alcuna ricognizione, svolta d’ufficio, riguardo alle condizioni nel paese di origine con riferimento ai presupposti individuati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Questa Corte ha già stabilito che il principio secondo cui il giudizio di inattendibilità del racconto del richiedente asilo esonera il giudice dal dovere di collaborazione istruttoria va precisato e circoscritto, nel senso che esso vale per il racconto che concerne la vicenda personale dell’interessato ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). In tali ipotesi viene in rilievo, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento, per cui non vi è ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se essi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla sua vicenda personale.

Per contro, una volta assolto da parte del richiedente asilo dal ricorrente l’onere di allegazione, il giudice è sempre tenuto ad accertare d’ufficio i presupposti contemplati dall’art. 14, lett. c) citato decreto (Cass. 8819/2020; Cass. 2954/2020; Cass. 3016/2019), sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata, posto a fondamento di tale forma di protezione (Cass. 14283/2019; Cass. 19716/2018; Cass. 17069/2018; Cass. 14998/2015).

In tal caso, è richiesta la verifica di una situazione di violenza indiscriminata, per il cui accertamento non possono risultare ostative le condizioni soggettive del richiedente, nè l’attendibilità della sua versione dei fatti, potendo ugualmente sussistere i presupposti per la concessione dei benefici richiesti.

La pronuncia è quindi incorsa nell’errore denunciato, avendo la Corte di merito omesso ogni accertamento in proposito, essendosi arrestata al giudizio di inattendibilità del racconto del richiedente.

2.1. Quanto alla richiesta di permesso per ragioni umanitarie, il ricorso non censura la pronuncia nel punto in cui ha ritenuto carente la stessa allegazione dei fatti integranti i presupposti di legge, evenienza quest’ultima che esonerava il giudice dall’obbligo di comparazione con il grado di inserimento conseguito in Italia, comparazione cui ha comunque proceduto la Corte distrettuale, dando atto che, mentre l’interessato svolgeva l’attività piastrellista e beneficiava di una situazione di prestigio nel villaggio di origine, in Italia non aveva ricercato un’occupazione e non aveva compiuto alcuno sforzo per integrarsi.

Il ricorso è quindi accolto nei limiti di cui in motivazione.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, nei limiti di cui in motivazione, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie l’unico motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472