LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17489/2014 proposto da:
L.F., rappresentato e difeso dall’avv. Giuliano Cardellini del Foro di Rimini e congiuntamente e/o disgiuntamente, dall’Avv. Alessandro Galiena del Foro di Roma, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Libia, n. 4, presso lo Studio dell’Avv. Alessandro Galiena;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 1/11/14 pronunciata l’1.7.2013 e depositata il 3.1.2014;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23.10.2019 dal Consigliere Giuseppe Saieva.
RILEVATO
CHE:
1. L.F. ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 1/11/14 pronunciata l’1.7.2013 e depositata il 3.1.2014, concernente l’impugnativa degli avvisi di accertamento relativo a maggiore IRPEF, IRAP ed IVA per l’anno 2006, con cui gli erano stati attribuiti induttivamente maggiori ricavi per l’attività di ristorazione svolta.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. anzidetta aveva rigettato l’appello proposto dal contribuente avverso la decisione della C.T.P. di Rimini in quanto, ritenendo corretta la ricostruzione dei ricavi da parte della Commissione di primo grado.
3. L’Agenzia delle entrate si è costituita al fine della partecipazione all’eventuale pubblica udienza.
4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 23.10.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. Con i primi tre motivi il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., n. 5 tre diversi vizi motivazionali in cui sarebbe incorsa la C.T.R. Con il quarto motivo deduce “violazione c/o falsa applicazione della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 3 bis in materia di preventivo contraddittorio tra Fisco e contribuente, ex art. 360 c.p.c., n. 3”.
2. La Corte preliminarmente rileva che dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso emerge che si verte in ipotesi di litisconsorzio necessario. Il ricorso originario ha infatti ad oggetto gli avvisi di accertamento emessi a carico di L.F. per IRPEF, IRAP ed IVA in quanto obbligato sia in qualità di socio che in qualità di amministratore della s.n.c. d.P.D.B.N. e di L.F..
3. Con sentenza n. 14815 del 2008, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, che, per il principio per cui i redditi delle società di persone si imputano automaticamente a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5), la rettifica della dichiarazione dei redditi di una società di persone e le conseguenti rettifiche delle dichiarazioni dei redditi dei relativi soci si fondano su un accertamento unitario. Le Sezioni Unite con successiva pronuncia (Cass. S.U. n. 10145/2012) hanno anche precisato che, essendo l’IRAP imposta imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’IRAP dovuta dalla società. E’ stato poi precisato da questa Corte (Cass. n. 26071/2015; n. 21340/2015) che “l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci”, ma “qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette, IVA ed IRAP, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni”.
4. Dal che discende che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci (salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali), cosicchè in tali casi ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra tutti questi soggetti, con conseguente nullità assoluta, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, del giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari.
5. In conclusione, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio e delle sentenze rese in primo e secondo grado, in quanto già sin dal primo grado doveva essere integrato il contraddittorio. A ciò consegue la cassazione con rinvio – mediante rimessione degli atti al primo giudice ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, anche per le spese ai sensi dell’art. 385 c.p.c..
P.Q.M.
la Corte dichiara la nullità dell’intero giudizio; cassa le sentenze di primo e di secondo grado e dispone la rimessione degli atti alla Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, in diversa composizione, anche per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2020