Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24623 del 04/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1240-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO DODARO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI FERDINANDO BERARDI;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 4793/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro in merito ad una sentenza del Tribunale di Napoli cui era seguita una sentenza della Corte d’appello di cessazione della materia del contendere in virtù di accordo transattivo stragiudiziale fra le parti;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della parte contribuente ritenendo che, D.P.R. n. 131 del 1986 ex art. 37, presupposto dell’imposta di registro è l’atto di una autorità giudiziaria, salvo successivo conguaglio in caso di successiva sentenza passata in giudicato cui è equiparata la transazione cui abbia partecipato l’Amministrazione dello Stato e cui non è equiparata la dichiarazione della cessazione della materia del contendere: tuttavia al momento della notifica dell’avviso la sentenza della Corte d’appello aveva già dichiarato la caducazione della sentenza del Tribunale per avvenuta transazione stragiudiziale tra le parti cui non aveva partecipato l’Amministrazione dello Stato, venendo così meno l’attribuzione patrimoniale che era alla base dell’imposta;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e con memoria depositata in prossimità dell’udienza insisteva perchè il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, in quanto non inciderebbe, ai fini dell’imponibilità della sentenza del Tribunale, una pronuncia di cessazione della materia del contendere intervenuta in grado di appello alla quale non abbia partecipato l’Amministrazione dello Stato;

considerato che, secondo questa Corte:

in tema d’imposta di registro, ai fini del rimborso dell’importo pagato sugli atti che definiscono, anche parzialmente, il giudizio civile, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, non può essere equiparata alla sentenza di riforma passata in giudicato la transazione stragiudiziale di cui non sia parte l’Amministrazione dello Stato, essendo irrilevante che la stessa sia stata edotta della data dell’atto dinanzi al notaio ed invitata a parteciparvi, attesa la necessità d’impedire indebite sottrazioni all’obbligazione tributaria (Cass. nn. 3687 del 2016 e 2005 del 2018);

in caso di conciliazione giudiziale tra le parti, intervenuta nel corso del processo di appello, il diritto della parte al rimborso dell’imposta di registro corrisposta in forza della sentenza di primo grado sorge solo ove all’atto abbia partecipato l’Amministrazione finanziaria, attesa la necessità, sottesa all’equiparazione prevista del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 37, della transazione stragiudiziale alla sentenza passata in giudicato di impedire indebite sottrazioni all’obbligazione tributaria (Cass. n. 16069 del 2014);

la cessazione della materia del contendere costituisce, nel rito contenzioso civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale e contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale. Ne consegue l’assoluta inidoneità di detta pronuncia ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, potendo essa acquisire tale efficacia di giudicato sul solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del processo (Cass. n. 7185 del 2010);

considerato che, dovendosi equiparare l’impossibilità del rimborso alla doverosità del pagamento (Cass. nn. 5167 del 2020, 1503 del 2020 e 19002 del 2019), la CTR non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto non doveroso il pagamento dell’imposta del registro sull’atto giudiziario in presenza di una dichiarazione della cessazione della materia del contendere a seguito di transazione stragiudiziale cui non aveva partecipato l’Amministrazione dello Stato;

ritenuto pertanto che, in accoglimento del motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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