Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24663 del 05/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C.G. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36234-2018 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 14, presso lo studio dell’avvocato GAETANO VENGO, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO ROMATA;

– ricorrente –

contro

AGRI 2000 SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPADA, rappresentata e difesa dall’avvocato SEBASTIANO SALLEMI;

– controricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DI A.G., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI LECCE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 27/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

A.G. ricorre per cassazione, con due motivi, contro la sentenza della corte d’appello di Lecce in data 13-11-2018, che ne ha respinto il reclamo ex art. 18 L. Fall., avverso la sentenza dichiarativa del fallimento;

la curatela non ha svolto difese;

il creditore istante Agri 2000 s.r.l. ha replicato con controricorso e memoria.

CONSIDERATO

che:

I. – col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. b), e dell’art. 2425 c.c., lett. a), nn. 1 e 5; premessi alcuni cenni sui concetti implicati dal termine “ricavi”, lamenta che la corte d’appello abbia per l’anno 2016 dato rilevanza al volume d’affari riferito alle fatture emesse, e non invece all’ammontare dei ricavi lordi coincidenti coi componenti positivi di reddito di competenza dell’esercizio; ammontare che la relazione tecnica di parte aveva computato in Euro 195.417,00 inferiore a quello previsto dalla legge;

col secondo motivo il ricorrente denunzia l’omessa motivazione su punto decisivo, e comunque il difetto di motivazione, per avere la corte d’appello ritenuto indimostrata la tesi esposta nella relazione di parte, vale a dire che l’ammontare dei ricavi dell’anno 2016 doveva esser ridotto dell’importo di Euro 60.000,00, riferibile a consegne avvenute nell’anno anteriore; a suo dire la corte non avrebbe potuto limitarsi alla constatazione suddetta, ma avrebbe dovuto dar corso agli opportuni mezzi di prova o al limite a una c.t.u.;

II. – il ricorso è inammissibile per l’assorbente ragione che segue;

entrambi i motivi di impugnazione si riferiscono a quanto la corte d’appello di Lecce ha affermato con riguardo alla situazione patrimoniale dell’anno 2016, desunta dalla dichiarazione dei redditi 2017;

è tuttavia pacifico che l’imprenditore, che assuma di non esser fallibile, ha l’onere, ai sensi dell’art. 1 L. Fall., di dimostrare la sussistenza dei requisiti dimensionali normativamente previsti, in modo congiunto, con riferimento all’arco temporale degli ultimi tre esercizi antecedenti alla data di deposito dell’avversa istanza;

in definitiva, essendo stata l’istanza di fallimento depositata il 31-1-2018 (come senza contestazioni risulta dal controricorso), l’onere doveva essere adempiuto con riferimento agli anni 2015, 2016 e 2017;

III. – va poi osservato che, con riguardo alla prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, comma 4, costituiscono mezzo dimostrativo privilegiato, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, senza assurgere tuttavia a prova legale; sicchè in mancanza dei detti bilanci (come accade laddove si sia dinanzi a un imprenditore individuale) il debitore può dimostrare la sua non fallibilità con strumenti probatori alternativi (di recente Cass. n. 24138-19), purchè altrettanto rilevanti allo scopo;

IV. – nella concreta fattispecie la sentenza ha affermato che A. aveva depositato le dichiarazioni fiscali relative ai soli esercizi 2016 e 2017, il conto economico del 2017 e una relazione tecnica del professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili; niente invece era stato depositato quanto all’anno 2015;

codesto rilievo non è avversato nel ricorso ed era in grado di sorreggere di per sè il rigetto del reclamo;

difatti deve arguirsi che in ordine alla situazione patrimoniale di tale anno (il terzo a ritroso dal ricorso per dichiarazione di fallimento) nessuna prova era stata fornita a presidio dell’assunto di non fallibilità;

tale situazione, non supplita in alcun modo, non è incisa dai motivi di ricorso neppure nel riferimento alla relazione di parte, il cui contenuto non è riportato, in violazione del principio di autosufficienza;

il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, poichè anche a considerare le attuali doglianze il rigetto del reclamo resterebbe saldo, essendo mancato, a onere del debitore, uno dei necessari riferimenti annuali a supporto della non fallibilità;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale massima di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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