Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24665 del 05/11/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C.G. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1090-2019 proposto da:

C.M., G.F.R., C.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 25, presso lo studio dell’avvocato SILVIA FELICETTI, rappresentati e difesi dagli avvocati ALESSIO MARIA EMANUELE MANTICA, GIOVANNI GIORGIANNI;

– ricorrenti –

contro

SIRI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA MANZONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1360/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Milano, con sentenza in data 17-9-2018, accogliendo l’impugnazione incidentale della Siri s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, ha respinto le domande formulate da C.P. e C.M. e da G.F.R. per l’ottenimento delle quote di rispettiva spettanza sulle somme da liquidare, e da acquisire iure proprio, corrispondenti agli utili dell’associazione in partecipazione cessata tra la società e il defunto C.G.;

la corte d’appello ha osservato che gli attori – per quanto eredi di C.G. – avevano esplicitamente agito per l’appunto iure proprio, vantando un preteso e autonomo diritto agli utili e all’avviamento del ramo aziendale in forza della clausola n. 8 del contratto di associazione in partecipazione stipulato tra la società e il predetto C.; mentre la volontà dei contraenti, riferibile alla pattuizione citata, non era stata quella di istituire e riconoscere un autonomo diritto agli eredi, sebbene e solo quella di ribadire che la società avrebbe mantenuto fede ai propri obblighi contrattuali anche in caso di decesso dell’associato, nel cui diritto gli eredi avrebbero potuto subentrare come tali;

per la cassazione della sentenza C.P. e C.M. e G.F.R. hanno proposto ricorso affidato a un’unica doglianza;

la società ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO

che:

I. – i ricorrenti censurano la sentenza perchè non sarebbe vero “quanto sostenuto dalla corte in ordine alla pretesa dualità della veste iure proprio o iure successionis”; ciò in quanto esse parti avevano agito – si dice testualmente – “in virtù di quanto previsto dalla norma contrattuale sottoscritta dalla stessa Siri s.p.a. e per giunta dalla medesima proposta”;

dopodichè tale affermazione è nel ricorso sviluppata in correlazione con quanto ritenuto dal giudice di primo grado;

II. – in tema di ricorso per cassazione, l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate non costituisce un requisito formale autonomo e imprescindibile del ricorso medesimo, ma è comunque funzionale a chiarirne il contenuto e a identificare i limiti della censura formulata, sicchè la relativa omissione comporta l’inammissibilità della doglianza se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (v. Cass. n. 21819-17, Cass. n. 25044-13);

III. – ciò è quanto accade nella fattispecie: la doglianza dei ricorrenti risulta difatti formulata senza indicazione veruna, in modo tale che risulta impossibile cogliere quale sia l’errore di diritto (se di natura sostanziale o processuale, ovvero se di ordine motivazionale, nei limiti in cui un corrispondente vizio è ancora denunziabile in cassazione) imputato alla sentenza d’appello;

IV. – le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, che liquida in Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472