LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28701-2019 proposto da:
O.D., elettivamente domiciliato in Ravenna, via Meucci, 7 presso l’avv. ANDREA MAESTRI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICON-TO DELLA PROT. INTER.
BOLOGNA-SEZ. FORLI’-CESENA;
– intimato –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il 23/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, O.D., è cittadino *****.
Racconta di essere fuggito dal suo paese per evitare le ritorsioni di una delle tante sette che imperversano in *****, la *****, alla quale non voleva affiliarsi. Più precisamente, il contatto con alcuni membri di questa setta avvenne in occasione di un incontro di lavoro (il ricorrente dichiara di aver fatto il muratore in *****), chiesto da una cliente, al posto della quale però sul luogo dell’appuntamento ha trovato membri della setta, in armi, che lo hanno minacciato di morte in caso di mancata adesione al loro “culto”.
E’ fuggito per evitare le conseguenze di quella minaccia.
Ha chiesto il riconoscimento della protezione sussidiaria o di quella umanitaria.
La Commissione territoriale non ha creduto al suo racconto, ed ha rigettato la domanda. Il giudizio, esteso alla situazione del paese di provenienza, è stato confermato dal Tribunale di Bologna.
Il ricorrente propone due motivi di ricorso. Non v’è costituzione del Ministero dell’Interno.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La ratio della decisione impugnata.
Il Tribunale ritiene intrinsecamente non verosimile il racconto del ricorrente.
Valuta tuttavia le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale ed esclude che la situazione del paese di origine sia tale da palesare un conflitto armato generalizzato tale da mettere a rischio l’incolumità dei civili in quanto tali; esclude altresì l’esistenza dei presupposti per la protezione umanitaria, ritenendo non raggiunta una sufficiente integrazione del richiedente in Italia. 2.- Il ricorrente propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo lamenta violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9.
Ritiene che il Tribunale è venuto meno all’obbligo di cooperazione che è imposto in caso di protezione sussidiaria, non avendo provveduto d’ufficio all’esame della situazione reale del Paese di origine.
Il motivo è infondato.
Infatti, il tribunale a pagina 7 proprio con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, esamina la situazione della regione di provenienza del ricorrente (*****) secondo i criteri previsti, dapprima dalla Corte di Giustizia Europea e poi da questa Corte, che richiedono la verifica della situazione di conflitto o violenza generalizzata, tale da mettere in pericolo i civili per la sola loro presenza sul territorio. Ed il tribunale ha escluso possa aversi una situazione simile.
3.- Il secondo motivo lamenta omesso esame di un fatto rilevante e decisivo.
La corte non avrebbe adeguatamente valutato nè il grado di integrazione raggiunto dal ricorrente, nè la situazione del paese di provenienza, in relazione alla protezione umanitaria.
Il motivo è infondato.
Nel caso di diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, il giudizio va condotto tenendo conto sia del livello di integrazione raggiunto in Italia dallo straniero che della situazione del paese di origine, comparando questi due aspetti e valutando se il rimpatrio possa determinare una vulnerabilità del ricorrente (Cass. Sez. Un. 29459/ 2019).
Il giudizio del Tribunale è stato effettuato esattamente in questi termini.
La corte, con valutazione che è di fatto, e dunque censurabile solo per un difetto rilevante di motivazione, ha escluso che, sulla base di quanto allegato dallo stesso ricorrente, possa ritenersi raggiunto un rilevante livello di integrazione da parte di quest’ultimo, ed ha compiuto per contro una valutazione della situazione del paese di origine, che è diversa da quella da effettuarsi ai fini della protezione sussidiaria, trovando la umanitaria spazio solo in caso di insussistenza di quella valutazione anche essa condotta con i criteri suddetti.
Del resto, la censura non indica quali avrebbero dovuto essere i criteri alternativi, ossia come la corte avrebbe dovuto pervenire ad un giudizio di avvenuta integrazione del ricorrente o di situazione del paese di origine tale da pregiudicare, in caso di rimpatrio, quel livello di integrazione raggiunta.
Il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2020