LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8360/2019 proposto da:
U.O., elettivamente domiciliato in Roma, presso Corte Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato PRATICO’
ALESSANDRO;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1504/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 06/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/09/2020 da Dott. GORJAN SERGIO;
udito l’Avvocato.
FATTI DI CAUSA
U.O. – cittadino della ***** – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Torino avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.
Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè costretto ad assumere debito per curare la madre – ferita a seguito di sinistro stradale – e, resosi moroso, era perseguitato dai creditori con minacce ed anche violenze sicchè si decise ad espatriare.
Il Giudice unico piemontese ebbe a rigettare l’opposizione ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo, valutando che la situazione socio-politica dell’Edo State nigeriano – zona in cui lo stesso viveva – non consentiva di ritenere concorrenti le specifiche situazioni per la protezione internazionale e che l’opponente nemmeno aveva dedotta situazione di vulnerabilità ovvero elementi lumeggianti significativo inserimento sociale in Italia ai fini della protezione umanitaria.
L’ U. interpose gravame e la Corte d’Appello di Torino, resistendo il Ministero degli Interni, rigettò l’impugnazione, osservando come effettivamente il narrato reso dal richiedente asilo, a giustificazione del suo espatrio, non era credibile e che le censure, mosse con il gravame, erano generiche; come la situazione socio-politica dell’Edo State fosse connotata da violenza diffusa e come il ricorrente non avesse proposto elementi lumeggianti condizione di vulnerabilità, mentre l’attività svolta in Italia era sempre stata espletata all’interno del circuito dell’accoglienza.
L’ U. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte cisalpina articolato su quattro motivi.
Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato ha depositato nota ex art. 370 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso svolto dall’ U. risulta inammissibile ex art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17 -.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, commi 1, 3 e 5 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, poichè il Collegio subalpino ha ritenuto non credibile il suo narrato circa le ragioni del suo espatrio con motivazione apparente ed illogica, risultando basata su mere supposizioni relative alla struttura e funzionamento del servizio sanitario pubblico in Nigeria.
La censura articolata appare generica poichè non si confronta con la complessiva motivazione sul punto esposta dalla Corte subalpina, risultando in concreto limitata alla confutazione dell’argomentazione centrata sulla situazione del sistema sanitario nell’Edo State nigeriano.
In effetti però la motivazione resa dal Collegio cisalpino si fonda su due argomentazioni autonome ed atte a sostenere la statuizione assunta di non credibilità del racconto fatto dal richiedente asilo.
La Corte territoriale anzitutto ha fatto propria l’argomentazione esposta dal primo Giudice sul punto e centrata sulle incongruenze della vicenda stessa narrata dal ricorrente – specie con riguardo alla sua capacità reddituale e sulla gestione del denaro guadagnato con il lavoro – rilevando come le censure mosse con il gravame apparivano mancanti delle necessarie argomentazioni idonee a contrastare la motivazione illustrata dal Tribunale.
Quindi il Collegio subalpino ha completato la sua motivazione sul punto argomentando circa la struttura del sistema sanitario pubblico in Nigeria mediante le informazioni all’uopo utili desunte da rapporti redatti da Enti internazionali.
Il ricorrente s’è limitato a censure, in modo specifico, esclusivamente detto secondo argomento, del tutto autonomo e svincolato dalla ragione posta dal Tribunale a fondamento della sua statuizione, che la Corte ha pure fatta propria ritenendo il gravame sul punto generico.
La mancata contestazione specifica d’entrambe le autonome rationes decidendi presenti nel provvedimento impugnato comporta l’inammissibilità della censura poichè, se anche una viziata, comunque la statuizione rimane sorretta dall’altra – Cass. sez. 1 n. 17182/20, Cass. sez. 3 n. 10815/19 -.
Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione delle regole di diritto desumibili D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, commi 3 e 5 lett. c), poichè il Collegio cisalpino non ebbe a valutare la situazione socio-politica dell’Edo State in relazione alla presenza di una diffusa criminalità senza un’effettiva azione di contrasto da parte dello Stato, specie nei confronti delle violenze verso i debitori morosi.
Effettivamente il cenno operato dalla Corte alla norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, lett. f), ed ai limiti dell’esame rimesso al Giudice non appare in linea con il dato testuale della legge – identificata nella norma ex art. 3, comma 3, lett. a) – ma la critica portata dal ricorrente appare scorrelata rispetto alla complessiva motivazione sul punto resa dalla Corte distrettuale.
Difatti subito dopo la proposizione, ritrascritta nel corpo dell’argomentazione critica, il Collegio territoriale ha posto in evidenza come la non credibilità del racconto circa le ragioni alla base della decisione di espatriare rende anche irrilevante l’indagine partita della specifica posizione del richiedente asilo alla luce delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) b) – statuizione questa non attinta da specifica ragione di impugnazione.
Nella specie una volta esclusa la credibilità dell’asserzione del ricorrente che era perseguitato da gruppo di giovani usurai – in tesi collegati a gang criminale – consegue che effettivamente l’acquisizione di notizie circa la incidenza sociale della criminalità in Nigeria appare questione non rilevante nella specie – Cass. sez. 3 n. 11925/20, Cass. sez. 1 n. 10286/20 – in special modo con riguardo alle ipotesi di protezione normate D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), ossia esattamente le disposizioni evocate dal ricorrente, poichè fattispecie collegate a persecuzione o pericolo specifici.
La Corte subalpina poi ha puntualmente esaminato la questione afferente il pericolo generalizzato per la popolazione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), escludendo che attualmente nell’Edo State vi sia una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa – secondo l’accezione lumeggiata dalla Corte Europea e ciò come prescritto dalla legge, sulla scorta di informazioni desunte da aggiornati rapporti redatti da Enti internazionali all’uopo preposti. Con la terza doglianza l’ U. lamenta violazione della normativa in tema di riconoscimento della protezione umanitaria, ma in relazione alle ragioni fondanti i due primi mezzi d’impugnazione ritenuti inammissibili, sicchè anche detta censura di conseguenza risulta inammissibile.
La Corte cisalpino ha puntualmente messo in evidenza che il ricorrente non deduceva alcuna ulteriore condizione di vulnerabilità rispetto a quanto già addotto a sostegno della richiesta di protezione internazionale, sicchè la non credibilità del suo racconto comporta necessariamente l’assenza di dati fattuali atti a consentire l’esame della sua domanda, come precisato dai Giudici piemontesi.
Con il quarto mezzo d’impugnazione l’ U. denunzia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 3 e difetto assoluto di motivazione in relazione alla statuizione adottata dal Collegio piemontese di revocare la sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
La censura mossa è inammissibile posto che, come costantemente insegna questo Supremo Collegio, il provvedimento di specie risulta impugnabile esclusivamente, anche se adottato nel corpo della sentenza resa dal Giudice, con l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 – Cass. sez. 2 n. 29228/17, Cass. sez. 3 n. 3028/18, Cass. sez. 1 n. 32028/18 -.
Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata rituale costituzione dell’Amministrazione. Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 22 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020
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