LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19148-2019 proposto da:
D.M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DI PIETRA PAPA 21, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 23932/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 13/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. SCODITTI ENRICO.
RILEVATO
Che:
D.M.D. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Roma Poste Italiane s.p.a. chiedendo la condanna al pagamento delle somme di Euro 30,00 quale contributo unificato ed Euro 8,00 quale marca da bollo relative all’iscrizione di pignoramento presso terzi, oltre Euro 195,00 pagata dall’attore per il versamento dell’imposta di registrazione dell’ordinanza di assegnazione relativa all’espropriazione presso terzi promossa dal D.M. nei confronti di Poste Italiane quale debitore esecutato. Il giudice adito rigettò la domanda per carenza di legittimazione passiva del convenuto, dovendo la parte agire nei confronti del terzo pignorato sulla base della medesima ordinanza di assegnazione. Avverso detta sentenza propose appello il D.M.. Con sentenza di data 13 dicembre 2018 il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile l’appello.
Osservò il Tribunale che il motivo di appello, relativo all’insussistenza della legittimazione passiva, non riguardava alcun principio di rilevanza costituzionale, nè risultava la denuncia dell’inosservanza di norme procedimentali.
Ha proposto ricorso per cassazione D.M.D. sulla base di un motivo. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.
CONSIDERATO
Che:
con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 339 c.p.c., comma 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che con l’atto di appello erano stati chiaramente individuati i principi regolatori della materia e le norme oggetto di violazione, essendo stato espressamente affermato che erano stati violati gli artt. 553 e 91 c.p.c. nella parte in cui il Giudice di pace aveva affermato che le spese di registrazione dovevano essere richieste al terzo pignorato. Aggiunge che, costituendo la registrazione dei provvedimenti giudiziali obbligo solidale delle parti, il creditore ha diritto di agire in via di regresso, non essendo peraltro il provvedimento per il quale deve essere corrisposta l’imposta di registro titolo esecutivo per ottenere il rimborso della stessa, sicchè, considerato che fra le spese giudiziarie da porre a carico della parte soccombente vi è l’imposta di registrazione, la valutazione del Giudice di Pace secondo equità aveva comportato un’erronea interpretazione dell’art. 553 c.p.c..
Il motivo è inammissibile. La censura non rispetta la prescrizione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Il ricorrente ha invero omesso di indicare quale sia stato lo specifico contenuto dell’atto di appello con riferimento alla denunciata violazione dei principi regolatori della materia. Risulta esclusivamente affermato che sarebbe stata denunciata la violazione dei suddetti principi, ma trattasi di affermazione astratta senza concreta e specifica indicazione del contenuto dell’atto di appello al riguardo.
L’esigenza di rispetto dell’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, è tanto più avvertita in quanto l’appello avverso le sentenze del Giudice di Pace per violazione dei principi regolatori della materia è inammissibile, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., qualora non indichi il principio violato e come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga con esso in contrasto (Cass. 11 febbraio 2014, n. 3005; 10 gennaio 2007, n. 284). Nella decisione impugnata si afferma che il motivo di appello non riguardava alcun principio di rilevanza costituzionale, nè risultava la denuncia dell’inosservanza di norme procedimentali.
L’odierno richiamo alla violazione dell’art. 553 c.p.c. è peraltro inidoneo di per sè ad integrare violazione dei principi informatori della materia perchè essi rappresentano non tanto una regola di giudizio quanto piuttosto una limitazione del potere discrezionale nel determinare la regola equitativa del caso concreto, giacchè il risultato della scelta operata dal giudice, pur potendo non coincidere con quello raggiunto dal legislatore, deve necessariamente rispettare i principi ai quali questi si è ispirato nel disciplinare la materia (Cass. 10 gennaio 2007, n. 284).
E’ appena il caso di aggiungere chei con riferimento ad altri due ricorsi proposti dal medesimo ricorrente, e di analogo contenuto, è stata rilevata, fra l’altro, l’inammissibilità anche ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. n. 4243 del 2020 e n. 23407 del 2019).
Nulla per le spese del giudizio di cassazione, in mancanza di partecipazione della parte intimata.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020
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