LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18561/2015 R.G., proposto da:
M.S., rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Loris Tosi, con studio in Venezia, e dal Prof. Avv. Giuseppe Marini, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrente –
contro
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia – Mestre il 12 gennaio 2015 n. 147/08/2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 giugno 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
che:
M.S. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia – Mestre il 12 gennaio 2015 n. 147/08/2015, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per I.R.P.E.F. ed I.R.A.P. relativamente all’anno 2006, ha accolto il ricorso per revocazione del medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia – Mestre il 29 maggio 2013 n. 108/29/2013 e, al contempo, annullata la predetta decisione in sede rescindente, ha rigettato l’appello del medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia il 12 marzo 2012 n. 26/06/2012, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con istanza depositata il 13 dicembre 2018, premesso di aver presentato domanda di definizione agevolata della controversia, ai sensi del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, art. 11, convertito dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, provvedendo al pagamento previsto per il perfezionamento della definizione, il contribuente ha chiesto dichiararsi l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite. L’istanza è stata notificata all’amministrazione finanziaria. Con successiva istanza, quest’ultima ha aderito alle richieste della controparte.
Ritenuto che:
Il D.L. 24 aprile 2017, n. 50, art. 11, convertito dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, prevede che l’esito positivo della domanda di definizione agevolata comporta l’estinzione del giudizio e che le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate. Pertanto, verificata l’integrale corresponsione degli importi dovuti per la definizione agevolata (come si evince dalla prodotta documentazione) e tenuto conto della concorde richiesta delle parti per la definizione della controversia, si deve dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
Si deve altresì disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio di legittimità, non trovando applicazione nella fattispecie in esame la regola generale di cui all’art. 391 c.p.c., comma 2, poichè la condanna alle spese giudiziali del contribuente contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata (Cass., Sez. 5, 27 aprile 2018, n. 10198; Cass., Sez. Lav., 7 novembre 2018, n. 28311; Cass., Sez. 5, 13 marzo 2019, n. 7107).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e compensa le spese giudiziali.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020