LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23369-2015 proposto da:
EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. P. DA PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SABOTINO 12, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERGERIO DI CESANA, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
ROMA CAPITALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6969/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 26/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/07/2020 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO.
RILEVATO
che:
1. – con sentenza n. 6969/2015, depositata il 26 marzo 2015, il Tribunale di Roma ha accolto l’appello proposto da M.A. e, in parziale riforma della decisione di prime cure, ha condannato gli appellati Roma Capitale ed Equitalia Sud S.p.a. al pagamento, in solido, delle spese processuali del doppio grado del giudizio;
– il giudice del gravame ha ritenuto che, – in giudizio introdotto per l’impugnazione di cartella esattoriale emessa in esito all’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto all’Ente locale a titolo di sanzioni amministrative per violazioni previste dal D.Lgs. n. 285 del 1992 – il giudice di pace erroneamente aveva integralmente compensato, tra le parti, le spese processuali, avuto riguardo alla “natura interpretativa della causa”, e che dette spese dovessero far carico ad entrambe le parti appellate in quanto, – seppur estraneo al procedimento di formazione del titolo esecutivo e, per l’esattezza, alla notifica dei verbali di accertamento delle violazioni (in relazione alla cui omissione la proposta domanda era stata accolta dal primo giudice) – l’agente della riscossione ben avrebbe potuto instaurare, – tenuto conto della frequenza di procedure affette “da carenze procedimentali e formali” (“specialmente quando si tratta della riscossione di crediti di enti locali”), – forme di interlocuzione con l’ente creditore, così da consentire a quest’ultimo (dietro verifica) di prevenire l’insorgenza della lite ovvero di imputargli (nell’intero) il carico delle spese (qualora richiesta la prosecuzione dell’azione di riscossione);
2. – Equitalia Sud S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
– M.A. resiste con controricorso, illustrato da memoria;
– Roma Capitale non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 10,12,24,25 e 26, assumendo, in sintesi, che, nel sistema di riscossione a mezzo ruolo, l’agente della riscossione, – cui vanno imputati gli atti della esecuzione esattoriale, – non è responsabile del procedimento di formazione del titolo esecutivo, – che va ascritto, nella sua integralità, all’ente impositore, – nè è chiamato ad un controllo di quello stesso procedimento volto alla formazione del ruolo;
– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., sul rilievo che, – venendo in considerazione una pronuncia di accoglimento delle domande ex adverso proposte in ragione della omessa notifica dei verbali di accertamento degli illeciti amministrativi (violazioni del codice della strada), attività, questa, propedeutica alla stessa formazione del ruolo, – in ragione della imputabilità del vizio a Roma Capitale non avrebbe potuto prospettarsi la soccombenza di essa esponente, e posto, poi, che la soccombenza, secondo il principio di causalità, va correlata alla parte che col proprio comportamento ha dato causa al giudizio (rendendolo necessario);
2. – i due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto afferiscono a distinti profili di una medesima quaestio iuris, – sono destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi;
3. – secondo la disciplina positiva della fattispecie in contestazione (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 206; D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 390; L. n. 689 del 1981, art. 27; D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 17), l’ente locale, da cui dipende l’organo accertatore, procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per la esazione delle imposte dirette, così predisponendo i ruoli che vengono rimessi, ai fini dell’azione esecutiva, all’agente della riscossione;
3.1 – la Corte, con risalente e consolidato orientamento interpretativo, – sia pur connotato da qualche pronuncia dissonante (v. Cass., 14 febbraio 2007, n. 3338; Cass., 20 ottobre 2006, n. 22617; Cass., 7 dicembre 2005, n. 27065; Cass., 21 dicembre 2004, n. 23701), – ha ritenuto che, nel contesto della sopra ricostruita disciplina positiva, l’agente della riscossione è legittimato passivo nel giudizio introdotto con l’impugnazione della cartella esattoriale, sia pur su di una causa petendi correlata ai vizi, – piuttosto che dell’attività di riscossione, – del procedimento di formazione del titolo esecutivo (nel senso, per di più, dell’esistenza di un litisconsorzio necessario v. Cass., 26 giugno 2017, n. 15900; Cass., 21 maggio 2013, n. 12385; Cass., 10 novembre 2011, n. 23459; Cass., 20 novembre 2007, n. 24154; per l’esclusione del litisconsorzio necessario v., peraltro, Cass. Sez. U., 22 settembre 2017, n. 22080);
3.2 – più di recente, si è peraltro rilevato che, – proprio in ragione del principio di causalità, alla cui stregua deve individuarsi il soccombente (art. 91 c.p.c.), con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese anticipate nel processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo stesso, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (v., ex plutimis, Cass., 30 marzo 2010, n. 7625; Cass., 27 novembre 2006, n. 25141; Cass., 16 maggio 2003, n. 7716; Cass., 28 marzo 2001, n. 4485; Cass., 30 maggio 2000, n. 7182), – nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale relativa al pagamento di sanzione amministrativa, “anche quando l’impugnazione sia riconducibile al vizio di notifica del verbale di accertamento presupposto, eseguita dall’ente impositore, l’esattore deve rispondere delle spese processuali nei confronti dell’opponente vittorioso, in base al principio di causalità, che informa quello della soccombenza, perchè comunque la lite trae origine dalla notificazione della cartella di pagamento, sebbene eseguita dall’esattore in esecuzione del rapporto che ha ad oggetto il servizio di riscossione, e tenendo peraltro conto che l’esattore, proprio perchè ha una generale legittimazione passiva nelle controversie aventi ad oggetto la riscossione delle somme di cui è incaricato, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, deve rispondere dell’esito della lite pure con riguardo alle spese processuali (v., ex plurimis, Cass., 8 ottobre 2018, n. 24678; Cass., 13 giugno 2018, n. 15390; Cass., 6 febbraio 2017, n. 3105; Cass., 6 febbraio 2017, n. 3101; Cass., 31 gennaio 2017, n. 2570; Cass., 18 gennaio 2017, n. 1070; Cass., 11 luglio 2016, n. 14125);
3.3 – si è, così, rimarcato che:
– ai sensi della L. n. 112 del 1999, art. 39, – secondo il cui disposto “Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”, – l’agente di riscossione ha una generale legittimazione passiva a fronte dell’impugnazione della cartella esattoriale da lui notificata;
– detta disposizione, difatti, non definisce la legittimazione del concessionario in ragione della tipologia del vizio fatto valere dall’opponente, ma si limita a stabilire che egli possa essere manlevato dall’ente impositore, – di cui si curi di richiedere la chiamata in causa, – ove la lite non abbia ad oggetto la regolarità e validità degli atti da lui posti in essere (sull’azione di manleva, e sul relativo oggetto, v., poi, Cass., 4 marzo 2020, n. 6092; Cass., 19 maggio 2017, n. 12612);
– anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto di responsabilità tra l’esattore e l’ente impositore, l’interessato potrà proporre l’azione indifferentemente nei confronti dell’uno o dell’altro soggetto, senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario;
3.4 – risultando, quindi, il dispositivo conforme a diritto, la motivazione della gravata sentenza va corretta nei termini sin qui esposti (art. 384 c.p.c., comma 4);
4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 800,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge, con distrazione in favore del difensore antistatario costituito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma, dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2020