Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.28721 del 16/12/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7492/2017 proposto da:

G.B.W., elettivamente domiciliato in Roma Via Luciani Luigi 42, presso lo studio dell’avvocato Gianluca Benedetti, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.P.G., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare 109, presso lo studio dell’avvocato Luciano D’Andrea, che la rappresenta e difende, in forza di procura speciale su foglio separato allegato al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 157/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/11/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 7/1/2014 il Tribunale di Roma ha pronunciato la separazione personale tra i coniugi L.P.G. e G.W.B., unitisi in matrimonio a ***** e genitori dei figli L. (nata nel *****) e C. (nato nel *****), disponendo l’affidamento condiviso a entrambi del figlio minore, collocato presso la madre, con obbligo di concordare le scelte di maggior interesse e di osservare le previste prescrizioni, con il coinvolgimento del servizio sociale competente.

Il Tribunale ha assegnato alla madre la casa coniugale di *****, con il box pertinenziale; ha posto a carico del G. un contributo per il mantenimento dei figli di Euro 650,00 per ciascuno di essi, oltre alla metà delle spese impreviste e straordinarie, e un contributo al mantenimento della moglie di Euro 1.300,00 mensili; ha altresì ordinato alla Vita Research s.r.l. di corrispondere direttamente alla moglie il dovuto, detraendolo dalle spettanze del marito, e ha compensato le spese di lite.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello G.W.B., a cui ha resistito l’appellata L.P.G., proponendo appello incidentale.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 13/1/2017, previo rigetto dell’eccezione di improcedibilità sollevata dall’appellata e dell’istanza dell’appellante di rimessione in termini per il deposito di note autorizzate avanzata all’udienza del 17/11/2016, ha rigettato il gravame principale, ha accolto parzialmente il gravame incidentale, ponendo a carico di G.W.B. le spese straordinarie come indicato in parte motiva, e ha condannato l’appellante principale al pagamento del grado.

3. Avverso la predetta sentenza del 13/1/2017, notificata nella stessa data, con atto notificato il 14/3/2017 ha proposto ricorso per cassazione G.W.B., svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 20/4/2017 ha proposto controricorso L.P.G., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione, successivamente sollecitando con apposita istanza la fissazione di udienza.

Con tale memoria la controricorrente ha prodotto la sentenza definitiva di divorzio del 7/11/2019 n. 21474 del Tribunale di Roma, notificata in data 11/11/2019 e asseritamente passata in giudicato, con cui sono state integralmente confermate le condizioni di affidamento e mantenimento stabilite in sede di separazione, oggetto di impugnazione in cassazione. Ne consegue, secondo la controricorrente, la perdita di ogni rilevanza per il sig. G. del giudizio di legittimità.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare occorre esaminare l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla controricorrente con la memoria recante istanza di sollecita fissazione di udienza del 24/4/2020, in relazione all’avvenuto deposito in data 7/11/2019 della sentenza definitiva del Tribunale di Roma di scioglimento del matrimonio n. 21475/2019, notificata in data 11/11/2019, recante conferma delle condizioni di affidamento e mantenimento stabilite in sede di separazione personale.

Secondo la controricorrente avrebbe così “perso ogni rilevanza per il sig. G.” il presente giudizio di legittimità relativo alle condizioni di separazione.

Tale assunto, che sottende una ipotesi di cessazione della materia del contendere o di carenza sopravvenuta di interesse ad impugnare, non può essere condiviso.

1.1. In primo luogo, la copia della sentenza prodotta n. 21475/2019 non è munita di attestazione di passaggio in giudicato e potrebbe quindi essere stata impugnata nei termini di legge.

1.2. In secondo luogo, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 5062 del 28/02/2017, rv. 644316 – 01) la pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, operando ex nunc dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale che sia iniziato anteriormente e sia tuttora in corso, ove esista l’interesse di una delle parti alla operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, come nel caso in cui permanga quello alla definitiva regolamentazione dell’assegno di mantenimento fino alla cessazione del relativo obbligo.

Fa difetto nella fattispecie la dimostrazione del difetto di interesse in relazione ai parametri della totale equivalenza delle statuizioni e della insussistenza della rilevanza del periodo pregresso sino all’operatività delle statuizioni della sentenza divorzile.

2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente deduce nullità della sentenza o del procedimento con riferimento all’art. 111 Cost. e agli artt. 112,115,116,159 e 161 c.p.c..

2.1. Il ricorrente sostiene che la Corte di appello aveva ritenuto che la memoria conclusionale dell’appellante non fosse mai stata presentata, contrariamente al dato storico indiscutibile risultante dal sistema PCT; la sentenza neppur menzionava il fatto che la Corte aveva concesso la rimessione in termini con ordinanza del 14/11/2016 e non dava atto dell’istanza di rimessione della causa sul ruolo, da lui proposta, in cui era stata evidenziata la presentazione e la leggibilità della predetta memoria, depositata il 19/10/2016, come risultava dalle quattro comunicazioni PEC allegate (relative rispettivamente a: trasmissione, consegna, verifica e accettazione).

Inoltre, come si evinceva dal verbale di udienza del 17/11/2016, il problema atteneva solo alla pretesa illeggibilità della memoria; l’istanza in quella sede presentata dalla difesa dell’appellante G. per la rimessione in termini non atteneva alla presentazione della memoria ma solo alla presentazione di una memoria leggibile, in realtà non necessaria, perchè il controllo successivo, non esperibile in sede di udienza, aveva consentito di dimostrare che la predetta memoria era perfettamente visibile e leggibile.

Secondo il ricorrente non era ravvisabile alcuna nullità, del resto non prevista dalla legge, perchè il deposito era avvenuto con file.eml e in ogni caso non poteva essere considerato addirittura inesistente.

La lesione del contraddittorio non poteva poi essere esclusa per il fatto che la parte appellante si era richiamata nel precisare le conclusioni agli scritti difensivi già depositati; inoltre vi era stato un concreto pregiudizio al diritto di difesa per il mancato esame della documentazione allegata alla memoria, volta a dimostrare che le questioni relative all’affidamento della prole, assegnazione della casa coniugale, oneri di mantenimento dei figli, spese straordinarie erano ormai devolute al giudice della pendente procedura di scioglimento del matrimonio.

Inoltre in data 14/11/2016, tre giorni prima dell’udienza del 17/11/2016, la difesa del sig. G. aveva depositato una nota con l’allegazione dei provvedimenti provvisori e urgenti emessi il 10/11/2016 dal Presidente del Tribunale di Roma nella causa di scioglimento del matrimonio e altri documenti “congruenti con una PAS (presumibilmente volendosi riferire alla c.d. sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale, sigla dal termine in inglese Parental Alienation Syndrome) indotta dalla sig.ra L.P. nei confronti del minore C.”, accettate dal sistema PCT e acquisite agli atti del giudizio.

Tale nota e tali produzioni erano state del tutto ignorate dal Giudice che in conseguenza aveva pronunciato per il futuro mentre avrebbe dovuto limitarsi a statuire sino alla data di decorrenza dei provvedimenti presidenziali nella causa divorzile.

La nota di deposito del 14/11/2016 conteneva altresì la produzione di una serie di documenti riguardanti condotte ostruzionistiche della sig.ra L.P. non contestate e quindi da ritenersi provate, neppur menzionati nella sentenza impugnata, che erano invece rilevanti soprattutto quanto all’opportunità di disporre una consulenza psicologica sul minore C..

2.2. Giova una breve ricapitolazione dei fatti processuali rilevanti ai fini dell’esame del motivo.

Il termine concesso dalla Corte territoriale per il deposito di memorie conclusive scadeva il 18/10/2016.

Alle 23.56 del 18/10/2016 il difensore del sig. G. tentava senza successo, per il malfunzionamento del server, il deposito telematico della memoria conclusiva a cui aveva inteso allegare svariati documenti nuovi (verbale udienza presidenziale del procedimento di scioglimento del matrimonio del 28/9/2016; memoria difensiva della sig.ra L.P. in quel giudizio; ricorso del sig. G. per lo scioglimento del matrimonio; riassunto delle movimentazioni bancarie della sig.ra L.P., planimetria dell’immobile di *****).

In data 19/10/2016 l’appellante chiedeva la rimessione in termini, allegando la schermata del PCT e i documenti prodotti con la memoria, nonchè l’originario file.eml.

Con ordinanza del 14/11/2016 la Corte autorizzava il deposito delle note autorizzate e riservava la decisione sul deposito dell’allegato 4 alle note; il ricorrente depositava poi una nuova nota di deposito dei provvedimenti presidenziali divorzili e della memoria L.P. nonchè documentazione sugli atteggiamenti ostativi addebitati alla sig.ra L.P. in danno del figlio C..

All’udienza del 17/11/2016, in contraddittorio fra le parti e con l’intervento della funzionaria di cancelleria è stato accertato che non era possibile aprire il file in formato.eml contenente le note.

Il difensore dell’appellante ha quindi chiesto la concessione di un ulteriore termine per poter depositare le note autorizzate attraverso il PCT con formato leggibile.

La Corte si è riservata la decisione e in sentenza ha rigettato l’istanza osservando che erano già stati concessi alle parti tempi congrui prima dell’udienza e perchè comunque la difesa dell’appellante aveva precisato le conclusioni richiamandosi agli scritti difensivi già depositati.

In data 22/11/2016 la parte appellante ha depositato istanza di rimessione sul ruolo, volta a dimostrare che le note autorizzate erano leggibili e che la Cancelleria ben poteva aprile il file.eml e sostenendo comunque circa l’ammissibilità di tale formato.

2.3. Prescindendo da ogni considerazione circa il fatto che il tentativo di deposito delle memoria conclusiva era avvenuta circa tre minuti prima della scadenza del termine, occorre partire dalla constatazione che la Corte di appello ha accolto l’istanza dell’appellante di rimessione in termini del 19/10/2016 con ordinanza del 14/11/2016 e ha autorizzato la difesa dell’appellante a depositare le note autorizzate riservando la decisione sul documento costituente l’allegato 4 alle note all’udienza del 17/11/2016 nel contraddittorio delle parti.

Come sottolinea incisivamente la controricorrente, non vi è nessuna evidenza che le predette note autorizzate siano state depositate in formato valido secondo le regole tecniche del processo telematico, nè prima, nè dopo la predetta autorizzazione della Corte. E’ lo stesso ricorrente a riconoscere che il deposito sarebbe stato effettuato solo in allegato all’istanza di rimessione in termini del 19/10/2016 e in formato.eml. e cioè che il relativo file non rispettava le regole tecniche che prescrivono per gli atti processuali in forma di documento informatico da depositare telematicamente il formato PDF.

Secondo questa Corte anche nel regime anteriore a quello che ha previsto la facoltà di deposito telematico degli atti introduttivi processuali, l’uso della PEC per detto deposito presuppone comunque l’impiego delle particolari modalità strumentali prescritte dalle regole tecniche per il processo civile telematico stabilite con il D.M. n. 44 del 2011, in quanto poste a garanzie del raggiungimento dello scopo dell’atto (Sez. 1, n. 15771 del 23/07/2020, Rv. 658469 – 01).

2.4. Vano poi appare il discettare se il mancato rispetto delle regole tecniche potesse essere surrogato da un atto equipollente idoneo a raggiungere lo scopo, visto che comunque all’udienza collegiale del 17/11/2016 è stato accertato in contraddittorio delle parti e con l’intervento del funzionario competente che il file.eml contenente le note non era leggibile, come del resto preventivamente eccepito con memoria del 2/11/2016 dalla appellata controricorrente.

Il fatto è stato quindi accertato dal funzionario di cancelleria nel contraddittorio delle parti e comunque lo stesso ricorrente lo ha, implicitamente ma inequivocabilmente, riconosciuto richiedendo ulteriore termine per depositare le note in “formato leggibile”.

2.5. A prescindere dalle motivazioni addotte dalla Corte territoriale, non è ravvisabile alcun profilo di nullità della sentenza, sia per non aver considerato le note autorizzate dell’appellante, mai depositate in modo regolare, neppure in forza dell’autorizzazione ricevuta con l’ordinanza del 14/11/2016, sia per non aver considerato ai fini della decisione le ulteriori produzioni documentali effettuate dall’appellante senza il rispetto dei termini e in difetto di autorizzazione.

Il punto dirimente è che il ricorrente non si è avvalso in modo corretto della disposta rimessione in termini.

Ancor meno rileva l’ulteriore istanza di rimessione in termini proposta dopo la chiusura del contraddittorio e l’assunzione della causa in decisione il 22/11/2016, che peraltro non conteneva alcuna dimostrazione concludente della pretesa leggibilità del file.eml in occasione dell’udienza del 17/11/2016 e si limitava a sostenere che il file era allegato alla memoria del 19/10/2016.

2.6. Non risulta affatto dalla sentenza impugnata che la Corte di appello abbia considerato non depositata la memoria di note di replica del 2/11/2016 menzionata al p. XVII del ricorso (indicata con evidente errore materiale come note del 2/11/2017).

2.7. Non colgono il segno neppure le ulteriori doglianze contestualmente sollevate con riferimento alla pretesa violazione degli artt. 112,155 e 116 c.p.c., con riferimento al mancato esame dei documenti prodotti dal ricorrente relativamente al processo divorzile (ricorso, comparsa costitutiva, rispettive deduzioni difensive delle parti, verbale di udienza presidenziale….).

La Corte di appello nulla ha detto in proposito, ma ha dato ampiamente conto delle ragioni della sua decisione sia in punto affidamento del figlio minore, sia in punto contributi posti a carico dell’appellante in relazione al mantenimento dei figli e della moglie.

Il mancato esame di un documento (al pari dell’omessa ammissione di una prova: Sez. 6 – 1, n. 16214 del 17/06/2019, Rv. 654713 – 01; Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 02; Sez. 6 – 1, n. 5654 del 07/03/2017, Rv. 643989 – 01; Sez. 3, n. 11457 del 17/05/2007, Rv. 596714 – 01) può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Sez. 3, n. 16812 del 26/06/2018, Rv. 649421 – 01; Sez. 6 – 5, n. 19150 del 28/09/2016, Rv. 641115 – 01; Sez. 5, n. 25756 del 05/12/2014, Rv. 634055 – 01; Sez. 2, n. 3075 del 13/02/2006, Rv. 586464 – 01).

2.8. Le circostanze oggetto delle prove documentali di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame non erano affatto rilevanti nel giudizio di separazione personale, nè tantomeno decisive, nè potevano avere l’effetto che attribuisce loro il ricorrente di spogliare il Collegio del potere di statuire in tema di assegno a favore del coniuge, contributo al mantenimento della prole, spese straordinarie, ferma restando l’autonomia dei procedimenti e la capacità dei provvedimenti presidenziali nel procedimento di scioglimento del matrimonio e la loro capacità di incidere, sia pur provvisoriamente, sul regime in atto, prevalendo automaticamente per il futuro su quelli dettati nell’alveo del procedimento di separazione.

Infatti, in tema di divorzio, il potere del Presidente del Tribunale di adottare i provvedimenti temporanei ed urgenti che ritenga opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, dopo l’infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione e senza necessità di aprire uno specifico dibattito al riguardo (L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, sia nel testo originario che in quello riformulato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 8), si estende ai rapporti patrimoniali ed implica la facoltà di incidere a titolo provvisorio sulle condizioni eventualmente diverse del rapporto di separazione (Sez. 1, n. 21245 del 14/10/2010, Rv. 614430 – 01).

2.9. Il primo motivo di ricorso, in tutti i suoi profili, deve pertanto essere respinto.

3. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, con riferimento (a) alla cosiddetta rinuncia alla domanda di addebito, che egli non aveva mai proposto e che invece era stata formulata dalla sig.ra L.P., (b) alle condizioni economiche delle parti, avendo il sig. G. sempre contestato le asserzioni avversarie e sostenuto l’inammissibilità delle produzioni per incorporazione effettuate nelle note autorizzate.

3.1. Il ricorrente sostiene di non aver affatto proposto domanda di addebito della separazione alla moglie e assume che al contrario era stata invece la signora L.P. a proporre tale richiesta.

Il Tribunale aveva (sentenza di primo grado, pag. 1) inequivocabilmente affermato che era stato il G. a proporre domanda riconvenzionale di addebito della separazione e ad avervi rinunciato, non proponendo istanze a supporto e non riproponendola in sede di precisazione delle definitive conclusioni.

L’appello sul punto è stato respinto dalla Corte romana che ha ritenuto che la sentenza di primo grado avesse invece attribuito la domanda di addebito alla sig.ra L.P., sicchè non vi sarebbe stato alcun errore nella sentenza del Tribunale, ma ha anche aggiunto che non vi era stata alcuna incidenza negativa di tale circostanza sul regime delle spese di lite di primo grado, che erano state compensate.

Secondo la controricorrente, la sentenza della Corte di appello contiene un refuso laddove afferma che la sentenza di primo grado aveva attribuito alla L.P. e non al G. la domanda di addebito.

Secondo la controricorrente la domanda di addebito era del G. ed esattamente il Tribunale lo aveva rilevato, salvo poi ritenerla rinunciata, e la Corte di appello aveva solo erroneamente usato il nome ” L.P.” al posto di ” G.” laddove a pagina 2 ha trattato il tema dell’autore della rinuncia.

3.2. Nella specie è evidente che il Tribunale e la Corte di appello dicono cose diverse, sicchè è fuor di luogo ravvisare una c.d. “doppia conforme”.

Secondo il primo Giudice, era stato il sig. G. a proporre domanda di addebito (e su questo assunto interpretativo della sentenza di primo grado entrambe le parti concordano).

Secondo la Corte di appello, era stata invece la sig.ra L.P. a proporre la domanda e il Tribunale lo aveva rilevato.

A parere del ricorrente la prima affermazione della Corte era vera e la seconda errata; a parere della controricorrente la prima affermazione della Corte era viziata da errore materiale e la seconda esatta.

3.3. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, lo è perchè non dimostra, in modo autosufficiente, che il sig. G. non avesse proposto la domanda di addebito nelle sue conclusioni dinanzi al Tribunale, non riportate in ricorso e neppure nel motivo di appello che fa invece riferimento a una pretesa domanda di addebito della sig.ra L.P. senza dimostrare che la domanda non era stata proposta dal sig. G..

Rilievo questo tanto più decisivo laddove la controricorrente riporta nel suo atto le conclusioni iniziali del G., che chiedevano di addebitare la separazione alla moglie.

In secondo luogo, il ricorrente non censura adeguatamente e specificamente la seconda ratio ispiratrice della decisione impugnata che aveva rilevato la mancata incidenza del preteso errore nell’economia della decisione di primo grado, visto che il Tribunale aveva deciso di compensare le spese processuali.

3.4. Con la seconda parte del motivo il ricorrente sostiene che in punto condizioni economiche delle parti la sentenza impugnata risente del mancato rilievo ascritto alle contestazioni da parte sua delle avversarie asserzioni, ma lo fa in modo del tutto generico e senza dedurre in modo puntuale e specifico dove il Giudice avesse ritenuto provato un qualche fatto rilevante ai fini di causa sulla base della non contestazione da parte sua.

3.5. Unica eccezione: l’affermazione che il sig. G. fosse il dominus della società Eye Advanced Research con sede in ***** che la controparte aveva dedotto e offerto a prova e che il ricorrente aveva specificamente contestato. A parte il fatto che la pretesa contestazione sarebbe contenuta secondo il ricorrente nelle “note autorizzate” non depositate ritualmente ut supra, e comunque non trascritte, la sentenza adduce la circostanza ma non afferma affatto di averla desunta dalla non contestazione da parte del G. delle avversarie deduzioni.

3.6. Vi sarebbe stato poi omesso esame, quanto alla somma di Euro 12.000,00 percepita dalla sig.ra L.P. nel 2015 per ignota causa ed invece attribuita dalla sentenza al contributo maritale, mentre risultava sia dalle note autorizzate e dalla dichiarazione dei redditi per il 2015 della sig.ra L.P. che essa aveva percepito la somma in aggiunta all’assegno del coniuge per Euro 15.635,00.

A parte il fatto che la pretesa contestazione sarebbe contenuta secondo il ricorrente nelle “note autorizzate” non depositate ritualmente ut supra, e comunque non trascritte, l’omesso esame non sussiste affatto: a pagina 6 la sentenza impugnata ha considerato il fatto storico della percezione di tale importo, attribuendo la somma di Euro 15.635,00 al reddito dell’anno 2014 e quella di Euro 12.000,00 al reddito 2015.

Secondo la controricorrente, la somma in questione costituiva il frutto della liquidazione di una polizza vita in suo favore e la cosa risultava dal documento allegato alla dichiarazione dei redditi per il 2015.

Del fatto in ogni caso non risulta dimostrata adeguatamente la decisività.

3.7. Lamenta poi il ricorrente le avversarie produzioni documentali per incorporazione in sede di note autorizzate, senza neppure identificare quali sarebbero i documenti irregolarmente prodotti e indebitamente valutati ai fini della decisione.

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

Occorre infine disporre che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 8.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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