Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.29494 del 23/12/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19665-2016 r.g. proposto da:

EUROCREDITO s.r.l., (cod. fisc. Partita Iva *****), già I.T.C.

s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore R.R., con sede in *****, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato Carlo De Maio, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Carlo Fea n. 4, presso lo studio dell’Avvocato Adelelmo Colesanti.

– ricorrente –

contro

C.R., (cod. fisc. *****) e C.S. (cod. fisc.

*****), rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati Traversa Gianfilippo, e Beatrice Aureli, elettivamente domiciliati in Roma, alla via G.

Paisiello n. 26, presso lo studio dell’Avvocato Aureli;

– controricorrenti –

contro

CO.MA., (cod. fisc. *****), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avvocato Guido Cecinelli, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Panama n. 52;

– controricorrente –

e contro

M.A., PIACENZA 47 S.R.L.;

– intimati –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/11/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

RILEVATO

CHE:

1. Con ricorso ex artt. 670 e 700 c.p.c., depositato il 20.4.1994 presso il Tribunale di Parma, Co.Ma. sollecitava il sequestro giudiziario del 50% della quota della Piacenza 47 s.r.l., che S.G. già proprietaria del residuo 50% – assumeva di aver acquistato da B.N. con contratto del 6.3.1989, annotato nel libro dei soci il 5.4.1989. Il giudice autorizzava il sequestro, poi eseguito mediante iscrizione su libro soci – appositamente costituito per smarrimento dell’originale – con la forma del pignoramento presso terzi ed il Pretore, a fronte della dichiarazione della S. (nella qualità di legale rappresentante della Piacenza 47) di essere l’unica socia di quest’ultima, rimetteva gli atti al Tribunale per il giudizio in ordine alla titolarità delle quote.

2. Riuniti i due processi e deceduta la S., si costituivano in giudizio gli eredi C.R. e S. ed intervenivano anche: a) la I.T.C. in persona dell’amministratore unico T.N., che dichiarava di aver acquistato dai C. con atto del 21.10.1994 l’intero capitale sociale della Piacenza 47; b) T.N., in proprio e quale legale rappresentante della SILPA s.r.l., alla quale nel luglio 1995 veniva ceduto l’intero capitale;

c) M.A., il quale affermava di aver acquistato in data 1.9.1995 il capitale sociale della Piacenza 47 dalla I.T.C., amministratore unico R., tale nominato nello stesso giorno dell’acquisto. Nel corso del giudizio la difesa dei C. riconosceva che la Co. era effettivamente titolare del 50% del capitale della Piacenza 47, mentre il liquidatore di quest’ultima società si limitava ad evidenziare che davanti al Tribunale di Napoli pendevano quattro giudizi, aventi ad oggetto la validità dei diversi atti di cessione.

3. Il Tribunale – dopo aver precisato che l’oggetto del giudizio doveva essere individuato esclusivamente nell’accertamento della titolarità del 50% del capitale della Piacenza 47 cedute dal B., nonchè nella validità ed efficacia del sequestro giudiziario autorizzato “ante causam” – qualificava come adesivi dipendenti gli interventi effettuati nel corso del giudizio; affermava che conseguentemente le relative posizioni assunte non potevano essere confliggenti con i loro danti causa, per cui sostegno avevano partecipato al giudizio; rilevava, inoltre, che e parti principali avevano rinunciato a far valere la loro pretesa e che da tale circostanza doveva conseguentemente discendere l’impossibilità di far proseguire il processo; concludeva infine riconoscendo alla Co. la titolarità del 50% del capitale sociale della Piacenza 47, per averlo questa acquistato nell’aprile 1993 da B.N. con atto opponibile alla società, in quanto debitamente annotato sul libro soci.

4. La Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata il 10 luglio 2003, dichiarava inammissibili le impugnazioni proposte da I.T.C. e M., mentre rigettava l’appello incidentale di Co..

5. Questa Corte, successivamente adita da Eurocredito s.r.l. (già I.T.C.) e da M.A., accoglieva i ricorsi qualificando i due interventi in questione come autonomi, ex art. 111 c.p.c., in ragione della prospettazione offerta nella domanda, e la Corte di appello di Bologna, giudicando nuovamente in sede di rinvio, confermava la decisione del primo giudice. Più in particolare, prendendo in esame gli appelli di ITC e M., la Corte territoriale rilevava, quanto alla prima posizione, che la ITC avrebbe indicato il titolo posto a base della pretesa su un documento accertato come falso e pertanto l’acquisto avrebbe dovuto essere considerato “tamquam non esset”. A maggior ragione la qualità di proprietario non avrebbe potuto essere riconosciuta al M., che aveva acquistato le quote da soggetto che non ne era proprietario e non avrebbe avuto dunque titolo per operare il trasferimento.

6. Avverso la decisione proponevano nuovo ricorso per cassazione sia Eurocredito che M..

Questa Corte, con la sentenza n. 26500/2013 cassava di nuovo la sentenza della Corte felsinea e rinviava a quest’ultima per una nuova lettura della vicenda traslativa delle quote della Piacenza 47.

7. Con la sentenza qui di nuovo impugnata la Corte di Appello di Bologna ha rigettato le domande di Eurocredito s.r.l. e M.A., confermando pertanto a sentenza del Tribunale di Parma, respingendo anche la domanda di Co.Ma. volta ad ottenere la condanna del M., ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

8. La Corte emiliana, con la sentenza del 16.6.2015, ha ritenuto, per quanto qui ancora di interesse, che: a) la Corte di cassazione, nella precedente sentenza, aveva interpretato la sentenza n. 18937/2006, sempre emessa da questa Corte di legittimità, nel senso che quest’ultima aveva rinviato alla corte di merito per una nuova delibazione volta a verificare se i ricorrenti avessero fornito la prova dell’effettivo acquisto della qualità di soci della Piacenza 47; b) sempre la Corte di legittimità, con la sentenza n. 26500/2013, aveva valutato, nella precedente sede del giudizio di cassazione con rinvio, come erronea la valutazione della corte territoriale laddove aveva ritenuto invalido ed inefficace il trasferimento della quota societaria in favore di ITC e di con riferimento al libro soci falsificato, laddove invece era stato già osservato da questa Corte come la falsità del libro soci non potesse costituire il presupposto da cui far discendere automaticamente la nullità del negozio traslativo, posto che l’iscrizione del trasferimento nel libro soci è richiesto al solo fine dell’opponibilità del trasferimento alla società; c) questa Corte, sempre con il pronunciamento del 2013, aveva accolto le doglianze dei ricorrenti, respingendo tuttavia espressamente la censura relativa all’asserito acquisto del 50% del capitale da parte della Co., posto che la relativa doglianza urtava contro la prima decisione adottata dalla Corte di merito (sent. n. 830/2003), la quale aveva invece precisato che il riconoscimento operato dagli eredi della S. (per l’acquisto del 50% della quota da parte della Co.) non era stato contrastato da altri elementi di segno divergente e non era stato oggetto di specifica censura; d) l’oggetto del giudizio di rinvio doveva essere circoscritto al profilo della validità ed efficacia dell’acquisto della quota da parte di ITC e M., rimanendo esclusa invece ogni questione riguardante l’opponibilità al primo acquirente Co.Ma. degli ulteriori acquisti del capitale sociale ipoteticamente avvenuti in un momento successivo; e) occorreva affermare, sulla base delle statuizioni di questa Corte, la formazione del giudicato sulla proprietà della Co. della quota del 50% del capitale sociale della Piacenza 47; f) erano, dunque, da considerarsi invalidi ed inefficaci gli atti di acquisto della quota da parte di ITC e di M., posto che, con l’atto del 21 ottobre 1994 (con firme autenticate dal Notaio D.V.” gli eredi di S.G. avevano, in realtà, alienato la quota del 100% del capitale sociale di Piacenza 47, di cui tuttavia gli stessi venditori non erano titolari, e ciò in considerazione della proprietà del capitale per il 50% da parte della Co.; g) conseguentemente anche il successivo trasferimento da ITC a M. (scrittura privata a firma autenticata del Notaio Mi. intervenuta in data 1 settembre 1995) doveva considerarsi invalido per le medesime ragioni, non essendo ITC proprietaria del bene oggetto del negozio traslativo; h) non era neanche predicabile un trasferimento parziale del 50% della proprietà della quota sociale, in quanto, per un verso, sia ITC che M. avevano chiesto l’accertamento della proprietà dell’intero capitale sociale e, per altro verso, non era possibile mutare giudizialmente l’oggetto del negozio traslativo; i) non era neanche ipotizzabile un acquisto per usucapione della quota sociale, non essendo stata fornita la prova dell’esercizio effettivo dei poteri di socio da parte degli asseriti acquirenti.

2. La sentenza, pubblicata il 16.6.2015, è stata impugnata da EUROCREDITO già I.T.C. s.r.l., con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso C.R. e C.S., nonchè Co.Ma..

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo ed unico motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 812,1153,2697 e 2909 c.c.. Si evidenzia da parte della ricorrente la mancata e corretta valutazione della documentazione prodotta nel corso dei giudizi di merito, documentazione che, qualora fosse stata esaminata dalla corte territoriale, avrebbe condotto al necessario e ineluttabile accertamento del trasferimento della proprietà delle quote in favore della ricorrente ricorrenti, e ciò con particolare riferimento all’atto notarile d.V.C. (rep. n. 2272; racc. 208), con il quale, in data 21.10.1994, C.R. e C.S. avevano trasferito alla ITC il 100% del capitale sociale della Piacenza (documento depositato dalla difesa di ITC già nella memoria difensiva del 26.5.1996), atto di trasferimento oggetto peraltro di iscrizione alla Camera di Commercio in data 3.3.1995. Si osserva ancora come l’affermazione giudiziale secondo cui i C. avevano espressamente contestato, in altri contenziosi pendenti tra le parti, la qualità di soci di R. e M., era invero erronea, posto che l’unico giudizio pendente tra le parti era quello instaurato innanzi alla VII Sez. Civile del Tribunale di Napoli (rg 7940/2000) che tuttavia non riguardava la questione della validità del negozio di trasferimento di cui qui si discute.

2. Il ricorso è infondato.

2.1 Le censure proposte indistintamente nell’unico motivo di doglianza non colgono, invero, le rationes decidendi del provvedimento impugnato, introducendo argomenti di valutazione che (incentrati, peraltro, su irricevibili richieste di rilettura degli atti istruttori, già correttamente scrutinati dai giudici del merito) sono estranei al thema decidendum oggetto del giudizio celebrato innanzi alla Corte felsinea, dopo il rinvio disposto da questa Corte.

In realtà, la corte territoriale ha espressamente affermato che occorreva circoscrivere l’oggetto del giudizio al solo profilo della validità ed efficacia dell’acquisto della quota da parte di ITC e M., rimanendo esclusa invece ogni questione riguardante l’opponibilità al primo acquirente Co.Ma. degli ulteriori acquisti del capitale sociale ipoteticamente avvenuti in un momento successivo, posto che, sulla base delle precedenti statuizioni di questa Corte di legittimità nei giudizi conclusi con rinvii alla corte di merito, doveva considerarsi consolidata la formazione del giudicato interno sulla proprietà della Co. della quota del 50% del capitale sociale della Piacenza 47.

Ebbene, tale statuizione che costituisce la ratio decidendi principale, su cui riposa la decisione di rigetto delle richieste della ITC e del M. di accertamento dell’acquisto della totalità del capitale sociale da parte degli eredi della S., non è stata contrastata dalla difesa della ricorrente attraverso adeguate deduzioni volte a confutare l’affermazione della formazione del giudicato sul punto qui in esame, rimanendo, pertanto, incontroversa ed accertata definitivamente la questione della titolarità del capitale sociale della Piacenza 47 in capo alla Co. per la quota del 50%.

2.2 Nè sono state contrastate e censurate le ulteriori ragioni poste a sostegno del provvedimento di rigetto dell’appello, e cioè l’impossibilità di ritenere giuridicamente ammissibile un trasferimento parziale della restante quota non ceduta alle Co., evenienza esclusa dalla corte territoriale per due ordini di ragioni: da un lato, il limite del petitum giudiziale che richiedeva, invece, un accertamento del trasferimento della titolarità dell’intero capitale sociale in favore della ricorrente; e, dall’altro, l’impossibilità di mutare giudizialmente il contenuto del contratto traslativo, il cui oggetto prevedeva, per l’appunto il trasferimento totalitario della quota.

Orbene, anche tali rationes decidendi – che sorreggono il provvedimento di rigetto del gravame proposto dagli odierni ricorrenti, in sede di riassunzione del giudizio innanzi alla corte di appello di Bologna – non sono state contrastate con i motivi di doglianza proposti nell’unico motivo di ricorso per cassazione qui in esame.

2.3 Nè può ritenersi fondato il motivo censura incentrato sull’omesso esame di un documento decisivo, ai fini del decidere, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ed invero, il documento – del cui omesso esame si duole la ricorrente, e cioè l’atto di trasferimento con firme autenticate innanzi al Notaio d.V.C. (rep. n. 2272; racc. 208), con il quale, in data 21.10.1994, C.R. e C.S. avevano trasferito alla ITC il 100% del capitale sociale della Piacenza (documento depositato dalla difesa di ITC già nella memoria difensiva del 26.5.1996) – è stato invece espressamente esaminato dalla Corte territoriale nel corso delle sue argomentazioni (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata), avendo, tuttavia, ritenuto tale atto inidoneo al trasferimento della quota sociale, proprio in ragione della mancata legittimazione attiva dei venditori ( C.R. e S.) a trasferire l’intero capitale sociale a ITC.

2.4 Per il resto, e censure si compongono di inammissibili richieste di rivalutazione degli elementi di prova (documenti e testimonianze), già scrutinate dai giudici del merito ed il cui esame è inibito a questa Corte di legittimità.

2.4 Non autosufficiente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, deve, infine, ritenersi a censura incentrata sulla dimostrazione del contenzioso pendente tra le parti ove non si sarebbe affermata la contestazione del trasferimento delle quote da parte dei C., non avendo la ricorrente nè indicato nè allegato la relativa documentazione.

Ne consegue il complessivo rigetto dell’unico motivo di ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuno in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

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