LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28911/2018 proposto da:
O.B., alias B.O., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico 38, presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 30/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2019 dal Cons. Dott. GORJAN SERGIO.
FATTI DI CAUSA
O.B. – cittadino della Nigeria – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Venezia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona sez. di Vicenza che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.
Il ricorrente deduceva d’essere dovuto fuggire dal suo Paese poichè la fidanzata dell’amico, con il quale condivideva la stanza di abitazione, era morta in conseguenza di un tentativo di aborto,sicchè l’amico era ricercato per tal ragione dalla Polizia e, poichè questi s’era reso irreperibile,la Polizia ricercava anche lui per sapere dove si nascondeva l’amico ritenuto responsabile della morte della fidanzata.
Il Collegio lagunare ha rigettato il ricorso ritenendo che la ragione dell’espatrio non fosse inquadrabile in fattispecie di persecuzione prevista dalla Convenzione di Ginevra; inoltre non appariva credibile il racconto fatto dal richiedente protezione, sia intrinsecamente che in relazione alla coerenza estrinseca, e nemmeno concorrevano le condizioni per le quali è possibile riconoscere la protezione umanitaria per difetto di allegazioni utili al riguardo.
O.B. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale veneto articolato su quattro motivi.
Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato, è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso svolto dal O. è privo di pregio e va rigettato.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce errato esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, individuato nella valutazione circa le condizioni di pericolosità e violenza diffusa in Nigeria.
Il ricorrente reputa che il Collegio veneto avrebbe travisato la normativa applicata ed esposto motivazione illogica poichè ha, bensì, ricordato le condizioni di instabilità e violenza diffuse in tutti gli stati della Nigeria, per poi concludere per l’inesistenza, nel caso concreto, delle condizioni per riconoscere la protezione sussidiaria od almeno quella umanitaria.
Con la seconda doglianza il ricorrente deduce sempre vizio di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 3, per omesso od errato esame delle dichiarazioni, da esso ricorrente rese alla Commissione, in quanto il Tribunale veneziano s’è limitato a rilevare la scarsa credibilità del suo narrato, circa le ragioni della fuga dal suo Paese, senza però procedere al necessario approfondimento istruttorio circa le condizioni socio-politiche della Nigeria e la sua personale situazione di persona vulnerabile.
Le prime due censure mosse possono esser trattate unitariamente stante i comuni profili di inammissibilità che presentano.
Difatti formalmente l’ O. appare lamentare violazione di norme giuridiche – art. 360 c.p.c., n. 3 – ma deduce,in concreto, errato od omesso esame di fatto decisivo ossia vizio di motivazione, per giunta con l’attuale formulazione della norma possibile solo in relazione all’omesso esame di un fatto e non anche al suo errato apprezzamento.
Comunque, parte impugnante non già individua un fatto rilevante,relativamente al quale il Collegio veneto ebbe ad omettere esame, bensì svolge argomento critico di censura,sulla scorta di propria valutazione dei dati fattuali presenti in atti, della valutazione data ai medesimi elementi da parte del Tribunale.
Dunque non solo le censure mosse sono inammissibili per la promiscua indicazione di vizi di legittimità in modo generico, ma anche la critica mossa si compendia in mera proposizione di tesi alternativa e, non già, prospettazione di effettivo vizio di legittimità.
Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, poichè errata la statuizione del Collegio veneto circa il mancato riconoscimento della sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria in forza delle condizioni politico-sociali della Nigeria.
Anche detta censura s’appalesa siccome inammissibile posto che l’argomento critico svolto si compendia in mero apprezzamento alternativo, rispetto a quello operato dal Collegio lagunare, circa la situazione socio-politica della Nigeria ai fini del riconoscimento del diritto a godere della protezione sussidiaria, senza anche l’indicazione di aporia, configurante il vizio denunziato, presente nella motivazione del Tribunale.
Con la quarta ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione della norma D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, nonchè omesso esame dell’art. 10 Cost., in tema di protezione umanitaria poichè il Collegio lagunare non s’era avvalso dell’istituto della collaborazione istruttoria in presenza di sue convincenti allegazioni circa la sua situazione personale di vulnerabilità, specie in relazione al diritto fondamentale alla salute ed ad adeguata alimentazione alla luce delle prospettive, sicuramente deteriori riguardo a detti diritti, odiernamente offerte in Nigeria.
L’argomento critico svolto si compendia nell’astratta valutazione degli elementi richiesti dalla normativa in materia e relativa giurisprudenza con la conseguente mera prospettazione generica di condizioni di vita deteriori in Nigeria rispetto all’Italia, senza un effettivo confronto con la motivazione sul punto esposta dal Collegio lagunare.
Motivazione fondata sull’assenza della rappresentazione di profili di specifica vulnerabilità incidenti sul godimento dei diritti fondamentali nel narrato del ricorrente ed assenza di dati fattuali validi per ritenere concorrente l’integrazione dell’ O. in Italia.
Nell’argomento critico svolto in ricorso non si ritrova alcuna contestazione specifica di quanto illustrato dal Tribunale a sostegno della sua statuizione,con conseguente infondatezza della critica elevata.
Al rigetto dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata costituzione dell’Amministrazione.
Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2020