LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13301/2014 proposto da:
Climaimpianti Di T.M.G. & C Sas, in persona legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Di Pietralata 320, presso lo studio dell’avvocato Mazza Ricci Gigliola, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Battiante Antonio, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** Spa, in persona del curatore fallimentare R.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia 962, presso lo studio dell’avvocato Dell’orco Bartolomeo, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata il 22/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/10/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.
FATTI DI CAUSA
La Climaimpianti di M.G.T. sas propone ricorso per cassazione, con cinque motivi, avverso il decreto pubblicato il 15 aprile 2014 con cui il Tribunale di Foggia ne ha respinto l’opposizione L. Fall., ex art. 98 al passivo del fallimento della “*****” spa in liquidazione, confermando l’esclusione del credito di 28.388,10 Euro, a titolo di corrispettivo della fornitura, posa in opera e manutenzione di climatizzatori in favore della debitrice.
Il Tribunale di Foggia, in particolare, ha affermato la mancanza di idonea prova del titolo contrattuale, nonchè della consegna dei climatizzatori e dell’esecuzione della prestazione: l’opponente non aveva fornito adeguata prova documentale, nè aveva chiesto di provare l’esecuzione della prestazione con altri mezzi di prova.
La curatela del Fallimento ***** spa resiste con controricorso.
In prossimità dell’odierna adunanza la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo il vizio di ultrapetizione del provvedimento impugnato, per avere il tribunale posto a fondamento della pronuncia di rigetto ragioni diverse da quelle indicate dal giudice delegato nel provvedimento di reiezione.
Il motivo è inammissibile.
Il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del “petitum”, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (“causa petendi”) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass.29200 del 2018).
Nel caso di specie non è ravvisabile nessuna di tali ipotesi, in quanto il Tribunale si è limitato a rilevare che, come già ritenuto dal giudice delegato, l’opponente non aveva assolto all’onere di provare gli elementi costitutivi del credito.
Il secondo motivo denuncia l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), deducendo che il tribunale aveva del tutto omesso di prendere in esame il contratto del 19 marzo 2009, avente ad oggetto la manutenzione dell’impianto VRF, da effettuarsi presso la palazzina degli uffici dell'*****, posto che l’attività di manutenzione ivi prevista doveva ritenersi provata in forza dei bollettini di intervento, cui si riferiva la fattura n. ***** dell’importo di 12.000,00 Euro.
Il motivo, limitato al credito relativo alla prestazione di manutenzione ordinaria dei condizionatori, è inammissibile per difetto di decisività, in quanto non impugna l’autonoma ratio decidendi della pronuncia, secondo cui i bollettini di manutenzione prodotti in atti sono tutti privi di data certa e quindi inopponibili alla curatela ai sensi dell’art. 2704 c.c.
Il terzo mezzo denuncia violazione dell’art. 2704 c.c., sia in relazione alle note d’ordine provenienti dall’utenza fax di ***** spa, timbrate e protocollate, le quali indicano espressamente marca, modello e prezzo dei condizionatori, sia con riferimento ai bollettini di intervento, i quali recano data, firma e timbro di ***** spa.
Il motivo è inammissibile per difetto di decisività.
Quanto alla consegna dei climatizzatori è infatti vero che, come questa Corte ha già affermato, in sede di accertamento dello stato passivo, ai fini dell’opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non avente data certa, mediante la quale voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il creditore può dimostrare la certezza della data attraverso fatti, quali che siano, equipollenti a quelli previsti dall’art. 2704 c.c., ivi compresa la documentazione proveniente dalla società “in bonis”, ove tale documentazione sia idonea allo scopo: anche una comunicazione inviata a mezzo fax dalla debitrice potrebbe dunque essere idonea a dimostrare la certezza della data, attraverso fatti che siano equipollenti a quelli previsti dall’art. 2704 c.c. (Cass. 23582/2017).
Nel caso di specie, però, la contestazione della curatela concerne la stessa esecuzione della prestazione di consegna della merce, apparendo dunque priva di decisività la prova della data dell’ordine proveniente dalla società debitrice, in assenza di prova dell’esecuzione della prestazione da parte dell’odierna ricorrente.
Quanto alla prestazione di manutenzione, è del pari ininfluente il fatto che i bollettini di intervento recassero timbro e firma di ***** spa e non anche della curatela fallimentare: tali elementi non sono idonei a conferire ai bollettini suddetti certezza della data di compilazione e, soprattutto, della data di esecuzione della prestazione, non potendo da tali indici inferirsi, in modo univoco, l’esecuzione della prestazione in data anteriore alla dichiarazione di fallimento; non vi è invero necessaria corrispondenza tra gli elementi indicati dal ricorrente, vale a dire l’apposizione di un timbro e la sottoscrizione dei bollettini e l’effettiva esecuzione della prestazione da parte dell’odierna ricorrente.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il Tribunale omesso di rilevare la mancata contestazione, da parte della curatela fallimentare, della prestazione di manutenzione e conseguentemente della parte di credito (12.000,00 Euro) ad essa relativa.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
La ricorrente non ha assolto all’onere di riportare nel corpo del proprio ricorso, neppure in parte, il contenuto della comparsa di costituzione della curatela fallimentare, nè le sue conclusioni, da cui desumere la mancata contestazione della effettiva esecuzione della prestazione di manutenzione.
Il quinto mezzo lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c., deducendo che il rigetto dell’opposizione sarebbe stato fondato su un orientamento giurisprudenziale consolidatosi definitivamente dopo l’apertura del fallimento e la relativa insinuazione da parte della odierna ricorrente.
Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale ha infatti correttamente applicato il criterio della soccombenza, fermo restando che, com’è noto, il potere di disporre la compensazione delle spese “per giusti motivi” è riservata al prudente apprezzamento del giudice di merito ed il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa.
Non è quindi censurabile in questa sede la mancata compensazione delle spese, che presuppone una valutazione discrezionale fondata sul principio di causalità (Cass.3438/2016).
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020
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