Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.4193 del 19/02/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6609/2014 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso la sede dell’Avvocatura Regionale, rappresentata e difesa dall’Avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI;

– ricorrente –

contro

R.A., D.S.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI SANT’ELENA 29, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE GALLOTTI, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO TONELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7616/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/10/2013 R.G.N. 5058/2011.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7616/2013, in riforma della pronuncia di prime cure, accoglieva la domanda formulata da R.A. e S.P. e condannava la Regione Lazio a corrispondere agli appellanti la somma di Euro 109 mensili ciascuno, oltre rivalutazione e interessi a titolo di R.I.A., quale autonoma voce stipendiale non riassorbibile ai sensi dell’art. 28 c.c.n.l. Comparto Regioni – autonomie Locali;

2. R.A. e S.P., ex dipendenti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Servizio Escavazione Porti (S.E.P.) trasferiti alla Regione Lazio a seguito della cessazione di detto Servizio (D.Lgs. n. 112 del 1998), avevano adito il Tribunale di Latina per sentir dichiarare il loro diritto a,percepire la R.I.A. quale voce autonoma stipendiale in busta paga, con assegno ad personam non riassorbibile, derivante dalla differenza tra il maggior trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento;

3. riteneva la Corte territoriale fondata la pretesa sul presupposto che al personale statale trasferito dovesse essere garantito il mantenimento della posizione retributiva già maturata e che il raffronto tra il trattamento in godimento presso la Regione Lazio e quello goduto presso il Ministero delle Infrastrutture dovesse essere effettuato tenendo conto solo degli elementi fissi della retribuzione tra cui non poteva rientrare la “produttività collettiva” che era una componente accessoria del salario, non calcolata nel t.f.r. (ex art. 49 c.c.n.l. che non include tale voce);

4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Regione Lazio con quattro motivi;

5. R.A. e D.S.P. hanno resistito con tempestivo controricorso;

6. non sono state depositate memorie.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, art. 7, comma 5, D.P.C.M. 14 dicembre 2000, n. 446, artt. 4 e 6, artt. 26, 27 e 28 del c.c.n.l. del personale del Comparto Regioni – autonomie locali per il biennio 20002001, sottoscritto il 5.10.2001 e dell’art. 37 del c.c.d.i. Regione Lazio 1998-2001;

sostiene che la Corte territoriale avrebbe fondato la sua decisione sull’art. 28 del c.c.n.l. Comparto Regioni 2000-2001, che prevede la conservazione del trattamento stipendiale più favorevole eventualmente percepito dal dipendente presso l’amministrazione di provenienza, senza tener conto delle altre disposizioni normative e contrattuali che hanno disciplinato il trasferimento del personale dallo Stato alla Regione e senza considerare che il trattamento già percepito dai dipendenti presso l’ente di provenienza deve essere armonizzato con le dinamiche retributive del comparto in cui è ricompreso il personale di destinazione;

2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2, del c.c.d.i. Regione Lazio 1998-2001 sottoscritto il 20.9.2000, in relazione all’art. 34 del c.c.n.l. Comparto Ministeri 1994-1997 del 15.5.1995 nonchè all’art. 28 c.c.n.l. Comparto Ministeri del 16.2.1999 per il quadriennio 1998-2001, dell’art. 37 del c.c.d.i. 1998-2001, dell’art. 4, comma 11, del c.c.d.i. Regione Lazio 1998-2001 in relazione alla L.R. n. 12 del 2000, art. 20;

assume che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che l’indennità di amministrazione non costituisca una voce del salario accessorio ma che sia parte del trattamento economico fisso e continuativo dei lavoratori trasferiti, laddove le norme contrattuali escludono in radice la possibilità di assimilare l’indennità di amministrazione allo stipendio base ed avrebbe disatteso la giurisprudenza di la quale, nell’applicare l’art. 2112 c.c., alle ipotesi di mobilità tra amministrazioni, in virtù del principio generale sancito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 , che della norma fa espressa menzione, ha affermato il principio generale della riassorbibilità del trattamento retributivo, in difetto di specifiche norme primarie a carattere derogatorio;

evidenzia che le indennità qualificate di produttività collettiva e di posizione professionale e organizzativa previste dalla contrattazione collettiva per il personale delle Regioni e degli Enti locali costituiscono elementi accessori della retribuzione erogati in misura fissa e continuativa al pari dell’indennità di amministrazione e che, non essendo possibile operare un rigido confronto fra le rispettive componenti accessorie, avendo le parti sociali dei diversi comparti qualificato in modo diverso voci analoghe, si rende necessario operare una comparazione tra voci retributive similari, al fine di evitare che, nel passaggio da un’amministrazione a un’altra, i dipendenti possano subire decurtazioni del trattamento retributivo;

rileva ulteriore erroneità della decisione impugnata laddove ha affermato che il lavoratore conserva la differenza stipendiale più favorevole a titolo di retribuzione individuale di anzianità quale assegno ad personam non riassorbibile e richiama, al riguardo, la pronuncia di questa Corte n. 12956 del 16/6/2005 (seguita da successive conformi);

3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 e dell’art. 2112 c.c., nonchè degli artt. 3,36 e 97 Cost.;

tutte le norme richiamate in epigrafe affermerebbero il principio della salvaguardia della posizione stipendiale maturata presso i Ministeri di provenienza all’atto del trasferimento alle Regioni e agli Enti locali, al fine di impedire che ai lavoratori trasferiti siano applicate decurtazioni del trattamento retributivo per effetto di scelte organizzative alle quali sono estranei, e per consentire loro di beneficiare del trattamento di miglior favore eventualmente previsto per i dipendenti degli enti di destinazione;

diversamente, con la pronuncia gravata si sarebbe avvalorata una posizione di privilegio in capo al personale transitato nei ruoli regionali, pur in assenza di una norma di rango primario che abbia legittimato la corresponsione di un trattamento di miglior favore;

rileva ulteriore erroneità della decisione impugnata laddove ha affermato che il lavoratore conserva la differenza stipendiale più favorevole a titolo di retribuzione individuale di anzianità quale assegno ad personam non riassorbibile e richiama, al riguardo, la pronuncia di questa Corte n. 12956 del 16/6/2005 (seguita da successive conformi);

4. con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 22, comma 36;

lamenta l’avvenuto riconoscimento del cumulo di interessi e rivalutazione monetaria;

5. sono fondati i primi tre motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi, e determinano l’assorbimento del quarto;

6. devono preliminarmente essere disattese le eccezioni di inammissibilità formulate dai controricorrenti;

6.1. le questioni poste dalla Regione ricorrente non appaiono nuove atteso che la non riassorbibilità della differenza stipendiale più favorevole a titolo di retribuzione individuale di anzianità è stata affermata dalla Corte territoriale che ha anche considerato la produttività collettiva quale componente accessoria del salario;

6.2. questa Corte ha affermato, a partire da Cass., Sez. Un., nn. 21558 e 23329 del 2009, che gli oneri previsti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, quanto alla specifica indicazione ed al deposito dei contratti collettivi, non si estendono al contratto disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, in ragione della sua particolare natura, derivante dal procedimento formativo, dal regime di pubblicità, dalla sottoposizione a controllo contabile della compatibilità dei costi previsti;

7. deve, poi, precisarsi che appare incontroverso tra le parti che il trasferimento in questione (dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – S.E.P. – alla Regione Lazio) sia avvenuto a seguito della cessazione della già prevista struttura Ministeriale come da D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, disciplinante, ai sensi del Capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59, il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni, alle province, ai comuni, alle comunità montane o ad altri enti locali;

8. tanto precisato, ritiene il Collegio di dover dare continuità all’orientamento di questa Corte in siffatta materia richiamando, al riguardo, le decisioni Cass. 13 settembre 2018, n. 22397; Cass. 31 maggio 2016, n. 11246; Cass. 24 novembre 2014, n. 24950; Cass. 14 maggio 2014, n. 10417; Cass. 15 ottobre 2013, n. 23366 secondo le quali in tema di passaggio di personale da un’amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo “status” posseduto dal dipendente prima del trasferimento, opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione di miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, dovendosi contemperare, in assenza di una specifica previsione normativa, il principio di irriducibilità della retribuzione, con quello di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45;

8.1. è stato, in particolare evidenziato che, in materia quale quella in esame, regolata, come detto, dalla L. 15 marzo 1997, n. 59, oltre che dal D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, dal decreto 9 ottobre 1998 del Presidente del Consiglio dei Ministri (in G.U. n. 3 del 1999) e da una serie di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 1999, la giurisprudenza di questa Corte ha individuato una fattispecie di trasferimento di attività dalla competenza dello Stato a quella delle Regioni e degli enti locali che, sul piano della regolazione dell’impiego pubblico, è riconducibile alla disciplina del passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività svolte dalla pubblica amministrazione centrale ad altri soggetti pubblici, prevista dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 31, per il quale al personale che passa al nuovo soggetto pubblico trova applicazione l’art. 2112 c.c. (v. Cass. 16 giugno 2005);

8.2. la stessa giurisprudenza ha posto in evidenza che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31, prevede che il regime del mantenimento del trattamento economico già in godimento presso la precedente amministrazione possa trovare una deroga solo in presenza di “disposizioni speciali”, ovvero di norme giuridiche di livello pari all’art. 31 stesso, costituente disposizione generale, che consentano di derogare al principio in questione;

8.3. pertanto, è stato affermato che il principio del mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo status posseduto dai dipendenti prima del trasferimento fatta eccezione delle voci retributive cosiddette contingenti, collegate a modalità estrinseche dell’attività lavorativa e alla struttura organizzativa del precedente datore di lavoro ove risulti superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, opera nell’ambito della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento (v. Cass. n. 12956 del 2005 cit.);

8.4. in particolare tale principio è stato affermato con riguardo al riassorbimento dell’indennità di amministrazione prevista presso il Ministero di provenienza rispetto ad emolumenti, corrisposti per 13 mensilità a tutti i dipendenti regionali, in base alla categoria di appartenenza, ai sensi dell’art. 4, comma 2 del c.c.d.i. 1998-2001 – a titolo di produttività collettiva per le categorie A, B e C – e dall’art. 5 – a titolo di retribuzione di posizione, per la categoria D – (v. le citate Cass. n. 22397 del 2018 e n. 11246 del 2016);

8.5. si aggiunga che alla disposizione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31, si ricollega (confermando l’interpretazione sopra illustrata) l’ipotesi contemplata dall’art. 2, comma 3, del medesimo D.Lgs., nella parte in cui stabilisce la cessazione di efficacia delle disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti a far data dall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale, e il riassorbimento dei trattamenti economici più favorevoli in godimento, con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi (vedi Cass. 17 maggio 2010, n. 11985; Cass. 13 aprile 2006, n. 8693; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265; Cass., Sez. Un., 6 marzo 2009, n. 5466);

8.6. il suddetto quadro normativo (nell’esegesi giurisprudenziale sopra ricordata) non può essere contraddetto dalla disposizione pattizia (art. 28, comma 5, del c.c.n.l. comparto Regioni – autonomie locali per il biennio 2000-2001, sottoscritto il 5.10.2001), dettata in ordine al tema dell’Inquadramento retributivo del personale trasferitò, la quale ha previsto che: “Nell’ipotesi in cui l’importo complessivo del trattamento fisso e continuativo di cui ai commi 3 e 4, in godimento presso l’amministrazione o l’ente di provenienza, sia superiore a quello derivante dal nuovo inquadramento, ai sensi dell’art. 27, presso l’ente di destinazione, l’eventuale differenza viene conservata a titolo di retribuzione individuale di anzianità”, divenendo, come tale, emolumento non riassorbibile, non potendo la stessa essere considerata alla stregua di una “disposizione speciale” ovvero di una norma giuridica di livello pari al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31, di cui si è detto;

9. in conclusione, fondati nei termini indicati i primi tre motivi (assorbito il quarto), il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato dispositivo, il quale farà applicazione del seguente principio di diritto: a) ai dipendenti dello Stato che, in conseguenza del trasferimento di attività dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali in applicazione del D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, siano transitati presso questi ultimi, è assicurata – in mancanza di disposizioni speciali – la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l’ente di destinazione, opera nell’ambito della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta dal principio generale posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31"; b) procederà ad un nuovo esame compiendo l’accertamento indicato al capo che precede;

10. al giudice del rinvio va, altresì, rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

11. l’accoglimento del ricorso rende inapplicabile il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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