Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.4560 del 21/02/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10890-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1332/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 06/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA COSMO.

RILEVATO

CHE:

1.Con sentenza n. 1332/11/17, depositata in data 6 aprile 2017, la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 469/5/10 della Commissione tributaria provinciale di Agrigento che aveva parzialmente accolto il ricorso di M.G. relativo all’avviso di accertamento per II.DD. e IVA 2002. La ripresa traeva origine da controlli all’esito dei quali veniva rilevata l’omessa presentazione di dichiarazioni di inizio attività di impresa di allevamento e di mancate dichiarazioni annuali IRAP e IVA, con conseguente accertamento di reddito imponibile non dichiarato, omessa fatturazione e irregolare tenuta delle scritture contabili;

2.La CTR confermava la decisione di primo grado nell’escludere i presupposti dell’attività di impresa di allevamento e avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo un unico motivo. Il contribuente non si è difeso, restando intimato.

CONSIDERATO

CHE:

1.Con l’unico motivo di ricorso – dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, l’Ufficio lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), e dell’art. 2729 c.c., per non aver la CTR, nel confermare la decisione di primo grado, tenuto conto della legittima applicazione del metodo di accertamento induttivo, a fronte della omessa dichiarazione dell’attività di allevamento bovini riscontrata.

2. Il motivo è infondato in quanto non coglie non coglie la “ratio decidendi” della impugnata sentenza.

2.1 La CTR non ha messo in discussione la legittimità dell’accertamento induttivo ma è giunta, sulla scorta degli elementi e degli accertamenti di fatto, ben spiegati nella motivazione e non oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, a ritenere che la fattispecie possa essere inquadrata nella disciplina di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 32, comma 2, lett. b) laddove dispone che è considerata attività agricola, e quindi sottratta alla disciplina del reddito di impresa e tassata come reddito agrario, l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto del terreno.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso.

4. Nulla è da statuire sulle spese processuali non essendosi il contribuente costituito.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 febbraio 2020

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