LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5122-2018 proposto da:
H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANLUCA POLLEGGIONI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FOGGIA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1573/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 06/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ACIERNO MARIA.
FATTO E DIRITTO
La Corte d’Appello di L’Aquila ha rigettato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria proposta da H.A. cittadino del Bangladesh. Il richiedente aveva dichiarato di essere di religione mussulmana, di etnia bangla, di aver avuto problemi familiari per essere stato costretto ad abbandonare gli studi ed a lavorare nei campi a causa dei debiti contratti per far sposare le sue sorelle maggiori.
A sostegno della decisione la Corte, dopo un ampio excursus sulla disciplina legislativa della protezione internazionale, ha escluso il riconoscimento della protezione sussidiaria in quanto nel Bangladesh non risultano conflitti armati tra i civili con conseguente insussistenza dei requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Le allegazioni dell’appellante al riguardo non sono state ritenute sufficienti ad integrare i presupposti richiesti dalla norma, alla luce dell’interpretazione conforme fornita dalla sentenza della Corte di Giustizia 30 gennaio 2014 n. 285, caso Diakitè.
In relazione alla protezione umanitaria è stato affermato che non sussistono particolari situazioni di vulnerabilità nè sono state dimostrate situazioni di violenza indiscriminata come risulta dal rapporto di Amnesty International del 2015/2016 e del 2016/2017.
Avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La parte intimata non ha svolto difese.
Nel primo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 in relazione al rigetto della protezione sussidiaria senza aver considerato l’anno trascorso in Libia, paese coinvolto in una sanguinosa guerra civile.
Il motivo è manifestamente infondato, dovendo la valutazione della sussistenza dei requisiti della protezione sussidiaria essere comparata al paese di origine.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 nonchè l’apparenza della motivazione sulla protezione umanitaria e l’omesso esame del fatto decisivo consistente nell’anno trascorso in Libia.
La censura è manifestamente infondata per le ragioni espresse in relazione al primo motivo, essendo la censura esclusivamente rivolta a tratteggiare le condizioni di vita in Libia.
Nel terzo motivo la medesima censura viene riferita alla mancata valutazione dello stato di salute del ricorrente, come allegato e documentato nel giudizio d’appello.
Il motivo è manifestamente fondato non essendo stata esaminata la situazione di salute allegata e documentata nel giudizio d’appello nè la condizione attuale d’integrazione in Italia. Al riguardo deve essere precisato che la documentazione relativa alle allegazioni di fatti nuovi in appello, del tutto legittima nel procedimento in esame in quanto camerale e non scandito da preclusioni istruttorie, è stata ritualmente dedotta e prodotta ex art. 366 n. 6 e 369 c.p.c.
Alla cassazione della pronuncia impugnata segue il rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione.
P.Q.M.
Rigetta i primi due motivi di ricorso. Accoglie il terzo. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 novembre 2019.
Depositato in cancelleria il 25 febbraio 2020