LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2897/2019 R.G. proposto da:
S.M., rappresentata e difesa dall’avv. Gaetano Masellis, con domicilio eletto in Roma, alla Via Liegi n. 14, presso l’avv. Ivana Abenavoli.
– ricorrente –
contro
D.V., rappresentato e difeso dall’avv. Vito Desantis, con domicilio eletto in Roma, alla Via Udine n. 6, presso l’avv. Davide Mastrantoni.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Giudice di pace di Bari n. 1182/2018, depositata in data 11.6.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 4.12.2019 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. S.M. propone ricorso in sei motivi, illustrati con memoria, avverso la sentenza del Giudice di pace di Bari n. 1182/2018.
D.M.V. ha depositato controricorso e memoria illustrativa.
Quest’ultimo aveva convenuto in giudizio il *****, per ottenere il pagamento di Euro 490,00 oltre interessi, a titolo di corrispettivo dei lavori di pitturazione allo stabile condominiale.
La convenuta ha eccepito di non rivestire la carica di amministratrice del condominio.
All’esito, il giudice ha accolto la domanda, regolando le spese.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1131 c.c., artt. 101,138,139,145,291 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza condannato la ricorrente al pagamento dei lavori di pitturazione all’edificio, sebbene quest’ultima non rivestisse la carica di amministratrice del condominio.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 132 del 2014, artt. 2, 3, artt. 162 e 307 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto nulla la procedura di negoziazione assistita in quanto avviata nei confronti della ricorrente, non titolare di alcun interesse a contraddire, trascurando che, non essendo stata svolta la suddetta procedura nei confronti del Condominio, obbligato al pagamento, il giudizio doveva dichiararsi estinto.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., e la falsa applicazione degli artt. 105,121,267 e 316 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza estromesso la ricorrente dal giudizio, benchè quest’ultima fosse regolarmente costituita in giudizio e fosse comparsa all’udienza del 19.10.2016, potendo esercitare, quale condomina, tutte le difese per resistere alla domanda di pagamento.
Il quarto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che il giudice non abbia pronunciato sull’eccezione di inadempimento sollevata dalla ricorrente al fine di paralizzare la domanda di pagamento.
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza condannato la ricorrente al pagamento delle spese, senza tener conto della proposta transattiva avanzata dalla ricorrente, che aveva offerto il versamento di Euro 490,00 richiesti dall’appaltatore, per cui, avendo quest’ultimo respinto la proposta, doveva essere condannato alle spese processuali.
Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali in un importo superiore a quello oggetto della domanda di pagamento.
3. Il ricorso non risulta notificato al Condominio, che è stato parte del giudizio di primo grado.
Dato – tuttavia – l’esito del giudizio, non occorre disporre la regolarizzazione del rapporto processuale, posto che le esigenze di celere definizione del giudizio impongono di non dar corso ad adempimenti superflui ai fini della decisione (Cass. 16141/2019; Cass. 12515/2018).
4. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza è stata depositata il 11.6.2018 e pertanto ricade nel disposto dell’art. 339 c.p.c., come novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006.
Il nuovo testo dell’art. 339 c.p.c., comma 3, dispone l’appellabilità delle sentenze del giudice di pace pubblicate a far data dal 2.3.2006, avendo rilievo l’eventuale pronuncia secondo equità con esclusivo riferimento ai motivi deducibili con l’impugnazione, che, in tal caso, sono solo quelli per cui, nell’assetto precedente, era consentito il ricorso per cassazione (Cass. 1213/2018; Cass. 27339/2008).
Non è condivisibile la tesi prospettata in memoria secondo cui, non essendosi il Consorzio difeso nel merito, avrebbe consentito alla proposizione del ricorso proposto per saltum ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 2.
Deve rilevarsi – anzitutto – che la norma consente il ricorso diretto in cassazione solo avverso le sentenze del Tribunale soggette ad appello (cfr. per l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 2, rispetto alle sentenze del pretore impugnabili dinanzi al tribunale: Cass. 417/1998) e, comunque, l’accordo, che consiste nella rinunzia ad un grado di giudizio, deve intervenire personalmente fra le parti o tramite i difensori muniti di procura speciale e deve preesistere o essere coevo alla proposizione del ricorso per cassazione, non potendo derivare dal successivo atteggiamento difensivo assunto in giudizio dalla parte destinataria dell’impugnazione (Cass. 22956/2010; Cass. 4397/1998).
Le spese seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2020
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