Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.6262 del 05/03/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32590/2018 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Milano, via Lamarmora n. 42, presso lo studio dell’avv. Giacinto Corace che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 01/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa Paola GHINOY.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Milano dichiarava la propria incompetenza territoriale in relazione alla domanda formulata da A.M. volta ad ottenere in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.; in via subordinata, il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il Tribunale argomentava che la richiesta era stata respinta dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale di Crotone, dal che derivava la competenza della sezione di Catanzaro, nè poteva valere a determinare la competenza territoriale a Milano la dichiarazione di ospitalità prodotta dal richiedente e il deposito della richiesta di riesame della domanda depositata presso la Questura di Milano. Riteneva di non dovere fissare un termine per la riassunzione del procedimento, come richiesto dal ricorrente, trattandosi di procedimento in camera di consiglio, escluso dall’applicazione dell’art. 38 c.p.c.

3. Il ricorso per la cassazione del decreto proposto da A.M. si fonda su un unico motivo.

4. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 38 e 50 c.p.c.

Lamenta che il primo giudice, pur riconoscendo che il richiedente debba essere messo nelle migliori condizioni di difendersi davanti all’autorità e che quindi la sua domanda debba essere trattata nel luogo a lui più comodo dove ha la residenza o la dimora, tuttavia non abbia tenuto in considerazione il fatto che egli dovrebbe percorrere quasi 1200 chilometri per recarsi al Tribunale di Catanzaro, essendosi trasferito a *****.

6. Lamenta altresì che il Tribunale non abbia fissato, come gli era stato richiesto, un termine per la riassunzione del procedimento di fronte al giudice competente, o in alternativa non abbia richiamato l’art. 50 c.p.c. che fissa in tre mesi il suddetto termine.

7. Il ricorso non è fondato.

Il D.L. n. 13 del 2017, art. 4 comma 1 come convertito con L. 13 aprile 2017, n. 46, prevede che sia competente territorialmente per l’impugnazione la sezione specializzata nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che ha adottato il provvedimento impugnato (salva l’ipotesi in cui il ricorrente sia presente in una struttura di accoglienza governativa o in una struttura del sistema di protezione, che qui non ricorre).

8. La declinatoria di competenza era dunque corretta.

9. I dubbi di compatibilità costituzionale della previsione sono stati risolti del giudice di merito e non sono stati riproposti in questa sede. Essi peraltro non sono configurabili, considerato che in linea generale è rimessa al richiedente la scelta del luogo ove radicare la procedura di protezione, come risulta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 6, comma 1 in base al quale “La domanda di protezione internazionale è presentata personalmente dal richiedente presso l’ufficio di polizia di frontiera all’atto dell’ingresso nel territorio nazionale o presso l’ufficio della questura competente in base al luogo di dimora del richiedente”, salvo l’obbligo di comunicare all’autorità competente ogni mutamento di residenza o domicilio, previsto dall’art. 11.

10. Il sistema è quindi concepito per bilanciare interessi di rilievo costituzionale, e dunque per garantire al ricorrente di svolgere adeguatamente il suo diritto di interloquire con l’autorità che esamina la sua domanda (art. 24 Cost.), ma anche per dettare criteri oggettivi per la determinazione del giudice competente all’esame dell’eventuale impugnazione (art. 25 Cost.).

11. In merito poi alla mancata fissazione del termine per proporre la riassunzione della causa all’esito del provvedimento con il quale il Tribunale ha declinato la propria competenza, di cui si duole il ricorrente, occorre rilevare che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 1 prevede che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimento delle Commissioni territoriali siano regolate dagli artt. 737 ss. c.p.c., ove non derogate.

12. In materia di protezione internazionale, il decreto reso dal Tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis all’esito del ricorso proposto avverso la decisione della Commissione territoriale è dotato di efficacia decisoria e conclusiva della fase di fronte al giudice adito; nel caso in cui questi si limiti a dichiarare la propria incompetenza per territorio, non viene assolta la funzione del giudizio azionato, finalizzato ad una valutazione della domanda di protezione denegata in sede amministrativa. Deve dunque ritenersi applicabile anche al decreto in esame il principio generale della transiatio iudicii di cui all’art. 50 c.p.c., nonchè i relativi termini.

13. Deve quindi affermarsi che l’omessa fissazione, ad opera del giudice di merito, del termine per operare la riassunzione a seguito di provvedimento di incompetenza non implica nullità della decisione, nè priva la pronunzia della propria natura di statuizione sulla competenza, soccorrendo all’uopo il termine ex art. 50 c.p.c. (v. Cass. n. 2033 del 27/01/2017, Cass. n. 23587 del 2008).

14. Nel caso in esame, benchè il richiamo all’art. 38 c.p.c. effettuato dal giudice territoriale non sia pertinente (e. sul punto, la motivazione deve pertanto essere corretta da questa Corte), non vertendosi qui in materia di deroga alla competenza per territorio su accordo delle parti, il ricorrente difetta di interesse alla prospettazione della doglianza in esame, considerato che l’applicazione della disposizione processuale richiamata, con la conseguente possibilità di effettuare comunque la transiatio iudicii, esclude che possano configurarsi vizi di nullità del decreto impugnato e violazioni delle norme processuali suscettibili di determinare un danno per la parte.

15. Segue coerente il rigetto del ricorso.

16. Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

17. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2020

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