LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33770/2018 proposto da:
S.R.G., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Fraternale del Foro di Pesaro in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1113/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 28/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2019 dal Consigliere Dott.ssa GHINOY PAOLA.
FATTI DI CAUSA
1. S.R.G., nato a *****, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona che ha confermato l’ordinanza del Tribunale con cui è stato respinto il ricorso volto ad ottenere in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.; in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).
2. Il ricorso per cassazione si fonda su un unico motivo.
3. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con l’unico motivo di ricorso il richiedente deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e lamenta che la Corte territoriale si sia limitata ad escludere il motivo della persecuzione senza alcuna motivazione. Riferisce che la denuncia che lo accusava dell’attentato era stata prodotta e che un attento esame della stessa ne avrebbe dimostrato la valenza meramente politica e persecutoria.
5. Il motivo è inammissibile.
La Corte territoriale ha riferito che i motivi che impedirebbero al richiedente di tornare al proprio paese consistono nell’accusa di avere compiuto un attentato in relazione agli scontri avvenuti a *****. Ha argomentato che il timore del richiedente di essere esposto a persecuzione o subire un danno grave in caso di rimpatrio erano infondati in quanto l’accusa potrà essere facilmente smentita dalla circostanza che S.R.G. “ha abbandonato il Paese di provenienza in data precedente all’attentato e con mezzi che hanno sicuramente lasciato traccia, in quanto la partenza è avvenuta dalla capitale con volo aereo”.
6. Tale motivazione, lungi dall’essere apparente, tiene conto delle circostanze fattuali emergenti dagli atti prodotti dallo stesso richiedente e giustifica la valutazione di non fondatezza del paventato timore. Essa non è idoneamente censurata sotto gli aspetti della violazione della normativa che disciplina la materia, nè prospettando fatti decisivi che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito, secondo la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (come interpretato da Cass. S.0 07/04/2014, n. 8053 e 8054), solo richiedendosi inammissibilmente un diverso esito del procedimento valutativo.
7. Segue coerente l’inammissibilità del ricorso.
8. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo svolto il Ministero attività difensiva.
9. Stante l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020