LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 546/2019 proposto da:
H.S., rappresentato e difeso dall’avv. Tarchini Maria Cristina, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione ed elettivamente domiciliato in Roma L.go Somalia 53 presso lo studio dell’avv. Pinto Guglielmo;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato presso l’avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1388/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/01/2020 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
RILEVATO
che:
H.S., nativo del *****, ricorre per cassazione, con un solo mezzo, avverso la sentenza della corte d’appello di Brescia che ne ha respinto il gravame in tema di protezione umanitaria;
il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
con unico motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 5 del T.U. Imm., censurando la sentenza per non aver esaminato correttamente i requisiti della protezione umanitaria;
il ricorso è inammissibile poichè postula una critica generica e in parte non conferente;
la corte d’appello ha definito il richiedente come un semplice migrante cd. economico;
ha quindi osservato che egli è in Italia privo di contesto familiare di sostegno, è analfabeta e non ha specifiche competenze lavorative, mentre in Bangladesh faceva il contadino, e ha aggiunto che nessun fattore di soggettiva vulnerabilità poteva dirsi esistente in termini comparativi, poichè il richiedente non aveva in verità raggiunto in Italia alcuna forma di integrazione che gli permettesse di far fronte in autonomia alle pur minime esigenze di sopravvivenza;
dopodichè la corte d’appello ha anche motivatamente rilevato che la narrazione offerta dal predetto in vista dell’ottenimento del permesso per motivi umanitari era da considerare implausibile e falsa;
il ricorrente censura la decisione in quanto non sarebbe stato adeguatamente considerato il contesto di grave indebitamento personale nel paese di provenienza, tale da far ritenere che egli, in caso di rimpatrio, possa esser messo in carcere o che sia costretto a lavorare in condizione, ampiamente tollerata, di sostanziale schiavitù; dopodichè assume di lavorare in Italia regolarmente;
quest’ultima affermazione è assertiva e postula un sindacato di fatto, oltre tutto neppure decisivo (v. Cass. Sez. U n. 29459-19); la prima è non solo assertiva, ma anche e soprattutto non idonea poichè la corte d’appello ha sancito la natura mendace delle dichiarazioni poste a base della domanda, finanche sul versante dell’identità personale del richiedente; e a tal riguardo nessuna censura è stata formulata;
l’affermazione di non credibilità soggettiva è dirimente, visto che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve essere frutto di valutazione autonoma in relazione a una condizione di vulnerabilità personale, e rispetto a detta condizione assume rilievo, in assenza di prove del racconto dell’interessato e in difetto di sollecitazioni ad acquisizioni documentali, quantomeno e proprio la credibilità soggettiva;
ove sia reso un racconto non credibile circa la propria vicenda personale è evidente che il permesso – in sè basato su fattori di vulnerabilità soggettiva – non può esser riconosciuto (v. di recente Cass. n. 11267-19).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2020