Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9357 del 21/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32438-2018 proposto da:

***** SRL IN LIQUIDAZIONE E IN FALLIMENTO, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASTEUR 78, presso lo studio dell’avvocato PIER FRANCESCO TULLI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA MARIANI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1434/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 30/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La società ***** s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lombardia indicata in epigrafe.

La CTR, nel rigettare l’appello proposto dalla contribuente, riteneva la tempestività dell’avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione per l’anno 2007 di vari tributi, applicandosi il c.d. raddoppio dei termini sul presupposto che non fosse necessaria la presentazione della denunzia.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

La ricorrente deduce, con due distinti motivi, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2. La CTR non avrebbe dovuto riconoscere il raddoppio del termine di decadenza per l’accertamento relativo all’anno di imposta 2007, applicandosi retroattivamente la disciplina richiamata in motivazione dalla CTR.

Le due censure, che in relazione agli evidenti profili di omogeneità richiedono una trattazione congiunta, sono infondate.

Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione (Cass. 9974/2015; Cass. 20043/2015; Cass. nn. 7805, 9725, 9727, 11181 e 27392 del 2016).

Si è ancora aggiunto che, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo – cfr. Cass. n. 22337/2018 -.

Si è ancora precisato, esaminando il tema della portata dei successivi interventi legislativi di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015 ed alla L. n. 208 del 2015, che “In tema di termini per l’accertamento tributario stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 (per le imposte sui redditi) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 (per l’IVA): a) il regime transitorio introdotto dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3 (in vigore dal 2 settembre 2015) non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132 (in vigore dal 10 gennaio 2016); b) il primo regime transitorio (D.Lgs. n. 128 del 2015) stabilisce che il D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2, non si applicano nè in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, nè in relazione agli inviti a comparire di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, notificati alla data del 2 settembre 2015, nè in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 24, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015; e) il secondo regime transitorio (L. n. 208 del 2015) disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2, disponendo che la L. n. 208 del 2015, art. 1, commi 130 e 131, non si applicano agli avvisi relativi ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d’imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal D.Lgs. n. 128 del 2015”- Cass. n. 26037/2016 -.

Orbene, a tali principi si è pienamente uniformato il giudice di appello, allorchè ha ritenuto di dovere applicare il raddoppio dei termini di decadenza considerando che l’accertamento in contestazione risaliva all’anno 2007 e che non occorreva, a quella data, la presentazione di alcuna denuncia.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 1.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2020

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