Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.9366 del 21/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16211-2018 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente –

contro

MINISTIRO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI POR’T’OGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE presso la CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 17627/2017 del TRIBUNALE di BRI’,SCIA, depositato il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO

CHE:

1. – O.S., cittadino nigeriano, ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 9 aprile 2018, con cui il Tribunale di Brescia ha respinto l’opposizione avverso il diniego, da parte della competente Commissione territoriale, della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. L’amministrazione intimata resiste con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

3. Il primo motivo solleva questione di costituzionalità del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, come convertito in L. n. 46 del 2017, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza.

Il secondo motivo solleva questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, per aver stabilito che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni e decorre dalla comunicazione di cancelleria del decreto del Tribunale.

Il terzo motivo solleva questione di costituzionalità dello stesso art. 35 bis nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito con decreto non reclamabile, sopprimendo il grado di appello.

Il quarto motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, per avere il Tribunale negato la protezione umanitaria senza procedere al necessario giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento sociale raggiunto in Italia la condizione di provenienza.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

5.1. – Le questioni di costituzionalità ripropongono argomenti già disattesi da questa Corte e sui quali non v’è ragione di ritornare (sull’abolizione dell’appello da ultimo Cass. 7 ottobre 2019, n. 25016; sulle altre questioni di costituzionalità Cass. 5 luglio 2018, n. 17717).

5.2. – Il quarto motivo è palesemente inammissibile.

Anzitutto il giudice di merito non ha affatto sostenuto, come si legge nel ricorso, a pagina 15, che “il ricorrente non avrebbe allegato fattori di oggettiva vulnerabilità”, ma ha viceversa escluso che simili fatti fossero riscontrabili: “il ricorrente non presenta elementi di vulnerabilità o situazioni di grave difficoltà fisica e/o psichica, nè risulta che il rimpatrio lederebbe diritti garantiti dalla Costituzione italiana”. E dunque la censura è inammissibile già solo per il fatto che non identifica la ratio decidendi posta a sostegno del provvedimento impugnato.

Dopodichè, è agevole osservare che la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere ancorata ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza (p. es. Cass. 3 aprile 2019, n. 9304): mentre, nel caso in esame, non è dato comprendere, dalla lettura del ricorso, nè quali sarebbero, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, le specifiche situazioni di vulnerabilità che affliggono O.S., nè su quali basi lo stesso giudice di merito avrebbe dovuto compiere la valutazione comparativa tra la situazione di inserimento sociale in Italia e quella di provenienza, con particolare riguardo ad un non meglio precisato “rapporto di lavoro” ed “inserimento sociale”, nient’affatto circostanziato, di cui si discorre a pagina 16 del ricorso, con conseguente ulteriore inammissibilità della doglianza anche per difetto del requisito di autosufficienza.

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2100,00, oltre alle spese prenotate a debito, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in cancelleria il 21 maggio 2020

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