LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18137/2017 proposto da:
P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II N. 325, presso ANTONIETTA SIGNORA MAIORELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO D’ONOFRIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cron. 562/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 20/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del gravame per quanto di ragione;
udito l’Avvocato Mario D’Onofrio, difensore del ricorrente, che si è
riportato agli atti depositati insistendo per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Roma, in composizione monocratica, con decreto dell’8/3/2016, accolse la domanda d’equa riparazione avanzata da P.S., in relazione a un processo penale, che lo aveva visto imputato.
La medesima Corte in composizione collegiale, accolta l’opposizione del Ministero della Giustizia, revocò il decreto monocratico.
Appare utile, sia pure in estrema sintesi, riportare l’iter argomentativo della decisione collegiale impugnata. La Corte romana, premesso che l’opposizione appariva tempestiva e specifica, l’accoglieva sul presupposto del non essere rimasto acclarato che l’istante avesse provveduto a depositare l’istanza acceleratoria di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, quinquies, lett. e), introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, ed entrato in vigore il 12/9/2012, in quanto “pur essendo il termine di durata ragionevole – da valutarsi in anni tre per il primo grado di giudizio – maturato il 14/10/2008, l’odierna parte opposta avrebbe dovuto presentare istanza di accelerazione successivamente all’entrata in vigore della citata legge, essendosi concluso il giudizio presupposto con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 14/10/2014”.
Avverso quest’ultima decisione P.S. ricorre sulla base di tre motivi. l’Amministrazione, rimasta intimata, ha depositato atto costitutivo tardivo “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”;
All’epilogo dell’adunanza camerale del 22/5/2019 il processo è stato rimesso alla pubblica udienza.
In data 6/11/2019 il ricorrente depositava memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunziante violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente assume l’erroneità della statuizione per non avere dichiarato l’opposizione inammissibile per tardività: il decreto monocratico era stato notificato, siccome prevede l’evocata art. 5, “al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta”, vale a dire al Ministero della Giustizia; pertanto, erroneamente la Corte d’appello aveva computato il termine di trenta giorni dalla successiva, e non necessaria, notifica effettuata all’Avvocatura distrettuale dello Stato.
1.1. La doglianza è manifestamente infondata.
Dispone il R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11: “Tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di opposizione giudiziale, nonchè le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente. Ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificati presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza. Le notificazioni di cui ai comma precedenti devono essere fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullità da pronunciarsi anche d’ufficio”. Pertanto, non può esservi dubbio che la sola notifica effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta e difende ope legis, le amministrazioni dello Stato, è idonea alla decorrenza degli effetti processuali.
2. Con il secondo motivo il P. prospetta la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter, in quanto il decreto collegiale aveva reputato che l’opposizione fosse determinata, nonostante che la stessa fosse priva dell’indicazione del numero cronologico del provvedimento opposto.
2.1. Anche questa seconda doglianza è manifestamente destituita di giuridico fondamento. Non solo, come correttamente spiega la Corte locale, l’indicazione del numero cronologico del provvedimento non costituisce elemento indefettibile, ma, in concreto il procedimento, epilogato nel decreto monocratico, risultava inequivocamente individuato attraverso la indicazione dei normi delle parti, il numero di ruolo, la data e la compiuta specificazione dell’oggetto della domanda.
3. Con il terzo motivo si allega la nullità del decreto impugnato per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
Secondo la tesi del ricorrente la Corte di Roma aveva imposto, contra legem, una vigenza retroattiva della disposizione.
3.1. E’ sopravvenuta nelle more la sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 5/6/2019, alla quale questa Corte aveva rimesso gli atti in quattro occasioni, al fine di risolvere il sollevato dubbio d’incostituzionalità.
La pronuncia in parola ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-quinquies, lett. e), (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 c.p.c.), nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. a), n. 2 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134”, in esatta simmetria con la precedente sentenza n. 34/2019, con la quale il Giudice delle leggi aveva affermato in relazione all’istanza acceleratoria introdotta per il processo amministrativo, che “l’istanza di prelievo (…) non costituisce un adempimento necessario ma una mera facoltà del ricorrente (…), con effetto puramente dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione” (che può comunque intervenire oltre il termine di ragionevole durata del correlativo grado di giudizio), risolvendosi in un adempimento formale, rispetto alla cui violazione la, non ragionevole e non proporzionata, sanzione di improponibilità della domanda di indennizzo risulta non in sintonia nè con l’obiettivo del contenimento della durata del processo nè con quello indennitario per il caso di sua eccessiva durata”.
4. Alla luce della sopravvenuta statuizione del Giudice delle leggi s’impone l’accoglimento del terzo motivo e la conseguente cassazione con rinvio della pronuncia, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta il primo e il secondo; cassa l’impugnato provvedimento in relazione all’accolto motivo e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, altra sezione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2020