Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.9417 del 22/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 465-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SPA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA QUINTINO SELLA 23, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CANCRINI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO FRANCESCON;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2012 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA, depositata il 17/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRANCESCO SALZANO che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 50/24/12, depositata il 17 maggio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Veneto respinse, previa riunione, gli appelli proposti dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della ***** S.p.A. avverso le sentenze della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Treviso n. 172/07/2010 e 20/06/2011.

Con le suddette pronunce la CTP aveva dichiarato l’estinzione dei relativi giudizi, il primo concernente l’impugnazione da parte della società di avvisi di accertamento per IRPEG, per l’anno 2003 ed IRES per l’anno 2004 ed IRAP per i suddetti periodi, e l’altro per IRES ed IRAP per l’anno 2005, per cessata materia del contendere in relazione a conciliazione tra le parti, che prevedeva, in ciascun caso, il pagamento rateale, secondo un certo numero di rate, di quanto dovuto e la prestazione di garanzia sull’importo di quelle successive al pagamento della prima rata.

La CTR, qualificate le rispettive conciliazioni come extragiudiziali, nel rigettare i rispettivi gravami proposti dall’Amministrazione finanziaria, pur dando atto della mancata prestazione della garanzia, aveva ritenuto, in presenza del pagamento di quanto dovuto secondo l’importo rateale convenuto, non ostativa la circostanza della mancata prestazione della garanzia, anche tenuto conto della sopravvenienza del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 23, comma 19, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, che, per un verso, aveva escluso la necessità della prestazione della fideiussione, dall’altro aveva consentito all’ente impositore, in caso di mancato o ritardato versamento di una rata, di procedere immediatamente alla riscossione coattiva di quanto ancora dovuto con l’aggravio di ulteriori sanzioni.

Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste la curatela del Fallimento ***** S.p.A., essendo intervenuto nelle more il fallimento della suddetta società. Il P.G. ha depositato proprie conclusioni scritte, chiedendo rigettarsi il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 46 e 48, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere dichiarato estinto il giudizio per cessata materia del contendere a seguito della conciliazione intervenuta tra le parti, pur in mancanza del perfezionamento della conciliazione conseguente alla mancata prestazione da parte della contribuente d’idonea garanzia, essendo stato previsto il pagamento rateale di quanto dovuto.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, e del D.L. n. 89 (recte 98) del 2011, art. 23, in combinato disposto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo l’Amministrazione che nella fattispecie in esame dovesse trovare applicazione il testo dell’art. 48, succitato nella sua formulazione anteriore all’entrata in vigore del succitato D.L. n. 98 del 2011, art. 23, comma 19, convertito, con modificazioni, nella L. n. 111 del 2011, che aveva eliminato l’obbligo di prestazione di garanzia di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 3, del nella sua originaria formulazione.

3. Con il terzo motivo l’Amministrazione ricorrente si duole del vizio di motivazione omessa su fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione applicabile ratione temporis al presente giudizio, fatto relativo proprio all’avere l’Ufficio, prima del 6 luglio 2011, dedotto che le conciliazioni di cui si discute non si erano perfezionate proprio in conseguenza dell’omessa prestazione di garanzia.

4. Con il quarto ed ultimo motivo, infine, la ricorrente, rilevando che nella pronuncia impugnata la CTR si riferisce genericamente a conciliazione stragiudiziale, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dei principi generali in tema di transazione in materia tributaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè, se la CTR avesse inteso escludere la riconducibilità all’ambito della conciliazione giudiziale delle rispettive modalità di definizione di ciascun giudizio, nondimeno ne avrebbe dovuto escludere ogni effetto relativamente alla cessazione della materia del contendere, stante l‘indisponibilità della pretesa erariale da parte del fisco.

5. I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro connessi.

5.1. Essi sono inammissibili, presupponendo, ivi compreso l’ultimo, con il quale la qualificazione come extragiudiziale di ciascuna delle due conciliazioni oggetto di esame è riportata all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 48, comma 5, (c.d. conciliazione breve post fissazione), integrante pur sempre una tipologia di conciliazione giudiziale, un dato fattuale diverso da quello cui si è riferita la pronuncia impugnata, se esaminata anche alla luce delle sentenze di primo grado, pur allegate dalla ricorrente al ricorso per cassazione introduttivo del presente giudizio di legittimità.

Detto dato fattuale riguarda l’essere ciascuna delle due conciliazioni in esame riferite a fattispecie di accertamento con adesione, che quanto al loro perfezionamento, sono disciplinate dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. 8 e 9.

5.2. L’Amministrazione finanziaria, secondo quanto desumibile anche dalla trascrizione (pagg. 16-19 del ricorso) dei motivi di appello, ha sempre e solo contestato il mancato perfezionamento di ciascuna conciliazione – sul presupposto che si trattasse di conciliazione giudiziale – per la mancata prestazione di garanzia.

5.3. In realtà, trattandosi, come si è detto, di accordi riferiti ad accertamenti con adesione, è errata l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate dalla decisione impugnata nell’ambito del primo, secondo e quarto motivo di ricorso, mentre, in relazione alla censura di omessa motivazione, essendo il dispositivo della sentenza impugnata conforme a diritto, va disposta la correzione della motivazione della sentenza, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. sez. 6-3, ord. 28 maggio 2019, n. 14476), nel senso che la novella di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 23, commi da 17 a 19, quale convertito, con modificazioni, nella L. n. 111 del 2011, nella parte in cui ha soppresso l’obbligo di prestazione di idonea garanzia nei casi di previsione di rate successive alla prima superiori a 50.000 Euro, deve intendersi come immediatamente applicabile, per quanto qui rileva, agli atti di adesione che, alla data del 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011, non fossero stati già perfezionati con la prestazione della garanzia, argomentando a contrario dalla disposizione transitoria di cui al citato art. 23, comma 20, che testualmente stabilisce che “Le disposizioni di cui ai commi da 17 a 19, non si applicano agli atti di adesione, alle definizioni ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 15, ed alle conciliazioni giudiziali già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia, alla data di entrata in vigore” del detto decreto; ben potendo l’Amministrazione, come chiarito nella stessa Circolare n. 41/E del 5 agosto 2011 richiamata dalla ricorrente a sostegno dei propri motivi di ricorso, in caso di mancato pagamento anche di una sola delle rete diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, provvedere all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.

6. Il ricorso va pertanto rigettato.

7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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