LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13009/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.F.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 25/7/2011, depositata in data 30 marzo 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020 dal consigliere Dott. Cataldi Michele.
RILEVATO
Che:
1. L’Agenzia delle Entrate, all’esito del controllo automatizzato di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ha emesso, nei confronti di M.F., medico radiologo, cartella di pagamento, relativa all’Irap di cui all’anno d’imposta 2004, dichiarata e non versata.
2. Il predetto contribuente ha impugnato la cartella in questione dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Bologna, che ha accolto il ricorso.
3. L’Ufficio ha quindi proposto appello avverso la sentenza di primo grado e l’adita Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, con la sentenza n. 25/7/2011, depositata in data 30 marzo 2011, lo ha rigettato.
4. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per la cassazione, affidato ad un motivo, l’Amministrazione.
5. Il contribuente è rimasto intimato.
CONSIDERATO
Che:
1. Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, la ricorrente Agenzia denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Assume infatti l’Ufficio che la CTR, nell’escludere l’autonoma organizzazione del contribuente, presupposto dell’Irap, avrebbe indicato valori dei beni strumentali diversi, per difetto, da quelli ricavabili dalla dichiarazione del contribuente relativa all’anno d’imposta controverso, e non avrebbe comunque adeguatamente motivato in ordine alle cospicue spese sostenute dal contribuente, agli ingenti ricavi dallo stesso conseguiti ed all’impiego di beni strumentali di rilevante valore.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, nel processo tributario di cassazione il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 25, comma 2, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369 c.p.c., comma 3, deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777; conforme Cass. 18/11/2015, n. 23575). Nel caso di specie l’Ufficio ricorrente non ha dedotto di aver prodotto in giudizio (nè ha pertanto indicato in quale grado e fase processuale) i documenti idonei ad evidenziare dati, desunti o meno dalla dichiarazione del contribuente, diversi da quelli indicati nella sentenza impugnata e valutati, in punto di fatto, dal giudice a quo insufficienti ad integrare l’autonoma organizzazione presupposto dell’imposizione controversa.
Inoltre, ferma l’inammissibilità del motivo, se ne deve rilevare altresì comunque l’infondatezza, atteso che, in tema di Irap, l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integra di per sè il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione (Cass. 10/04/2018, n. 8728).
2. Nulla sulle spese, essendo rimasto intimato il contribuente.
3. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020