LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27966/2015 proposto da:
Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Vai Gardena n. 3, presso lo studio dell’avvocato De Angelis Lucio, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Tail S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via del Plebiscito n. 112, presso lo studio dell’avvocato Zincone Andrea, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Dinamico S.r.l., in Liquidazione, Nova S.p.a.;
– intimate –
avverso la sentenza n. 2567/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato De Angelis Lucio che si riporta;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato Zincone Andrea che si riporta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nova spa e Dinamiko srl in liquidazione (già Novagest spa e precedentemente Nova Euronics spa), proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina n. 2501/11 con la quale erano state rigettate le domande delle società appellanti volte all’accertamento della natura e della vigenza del contratto di affitto di reparto sottoscritto in data 27/6/01, in quanto tale contratto dissimulava un contratto di sublocazione e doveva considerarsi cessato per effetto del legittimo recesso e, comunque, andava risolto per grave inadempimento della locatrice, la società Tail srl, così che sarebbero venute meno tutte le obbligazioni ivi assunte dalle appellanti nei confronti della medesima Tail srl ed in primis il pagamento del canone di affitto e degli oneri accessori da cui chiedevano di essere esentate in tutto o in parte.
Si costituiva anche la BNL, chiamata in causa in primo grado dalla Tail srl, la quale aderendo alla prospettazione difensiva delle appellanti eccepiva l’infondatezza dell’escussione della fideiussione, prestata a garanzia del pagamento dei canoni, e ciò per il mancato rilascio del relativo documento, e spiegava inoltre, appello incidentale sul punto della qualificazione giuridica del contratto di affitto di reparto che doveva essere, invece, qualificato come mera locazione commerciale.
La Corte territoriale rigettava sia l’appello principale che quello incidentale.
A supporto della propria decisione di rigetto, per quanto ancora d’interesse nel presente giudizio, la Corte territoriale ha ritenuto che, poichè non era stata impugnata quella parte di sentenza di primo grado che aveva dichiarato la litispendenza con riferimento alla domanda avanzata da Tail srl verso BNL, doveva considerarsi estraneo al giudizio d’appello il merito di tale pretesa, che non era stato affrontato dal primo giudice stante la dichiarata litispendenza.
La BNL ricorre per Cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, mentre, Tail srl, resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la banca deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per omessa decisione e omessa motivazione sul mancato perfezionamento del contratto di fideiussione, in quanto, erroneamente, la Corte aveva ritenuto di non poter trattare il merito della causa, in quanto, non era stata impugnata la statuizione del giudice di primo grado che aveva dichiarato la litispendenza con riferimento alla domanda avanzata da Tail srl verso BNL di escussione della garanzia per il pagamento dei canoni. Infatti, la dichiarazione di litispendenza, ad avviso della banca, non poteva precludere l’esame della distinta domanda, autonomamente proposta da BNL, rivolta ad accertare l’insussistenza del contratto di fideiussione.
Con il secondo motivo (proposto per scrupolo di completezza di difesa, cfr. p. 20 del ricorso), la banca prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 1333 c.c., comma 1 e 2 e art. 2697 c.c., nonchè anche il vizio di nullità della sentenza e di omesso esame di un fatto decisivo, sul medesimo profilo di censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e 5, nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la sentenza impugnata avesse implicitamente respinto la censura relativa all’accertamento della mancata stipulazione di un contratto di fideiussione (tra la BNL e la Tail srl).
Con il terzo motivo, la banca denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 1571,2555 c.c., art. 2561 c.c., commi 1, 2 e 4, in combinato disposto con l’art. 2562 c.c., nonchè della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., nonchè anche il vizio di nullità della sentenza e di omesso esame di un fatto decisivo, sul medesimo profilo di censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e 5, in quanto la ricorrente BNL censura l’erronea individuazione della natura giuridica del contratto del 27.6.01, come contratto di affitto d’azienda che doveva essere, invece, qualificato come mero contratto di locazione d’immobile ad uso commerciale.
Con il quarto motivo, la banca ricorrente denuncia il vizio di violazione di norme di legge, in particolare, della L. n. 392 del 1978, art. 27, nonchè degli artt. 1175,1218,1322 cpv. c.c., art. 1375 c.c. e dell’art. 132 cpv. c.p.c., n. 4, nonchè anche il vizio di nullità della sentenza e di omesso esame di un fatto decisivo, sul medesimo profilo di censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e 5, in quanto, poichè l’oggetto del contratto del 27.6.01 riguarda il solo godimento del “nudo primo piano”, doveva, nella specie, essere applicata la disciplina di cui alla cit. L. n. 392, art. 27; in fatti, solo dopo la conclusione del contratto di locazione ad esclusiva iniziativa della Nova spa era stata organizzata ed attrezzata l’azienda destinata al commercio di prodotti Euronics, senza che ci fosse stata alcuna consegna da parte della Tail srl di alcun complesso aziendale preesistente. Pertanto, ai sensi dell’art. 27, u.c., di cui alla rubrica, per le circostanze indicate in atti che avevano portato a ingenti perdite evidenziate nel bilancio di gestione della Nova spa, ricorrevano “gravi motivi” che giustificavano sia il recesso dal contratto di locazione da parte delle società conduttrici dell’immobile, e sia il mancato pagamento dei canoni previsti per il suo godimento, che è l’oggetto della domanda introduttiva del presente giudizio.
Il primo motivo è infondato, in quanto la pronuncia sulla litispendenza del Tribunale di Latina (non impugnata in appello) ha riguardato anche la questione relativa alla validità e vigenza della fideiussione rilasciata dalla BNL il 24.1.03, non solo perchè tale domanda era stata specificamente proposta da Tail srl con l’atto di costituzione in giudizio e di chiamata in causa della BNL (cfr. p. 16 del controricorso), ma anche perchè la richiesta di condanna in via riconvenzionale della BNL, si basava appunto sul contratto di fideiussione, essendo possibile solo a condizione che fosse riconosciuta l’esistenza di detto contratto.
Il secondo motivo è inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi, in quanto l’apparente e ipotizzata pronuncia di rigetto implicito (della censura relativa all’accertamento della mancata stipulazione del contratto di fideiussione) in effetti, non vi è stata, avendo, invece, la Corte d’Appello osservato che il merito di tale pretesa è estraneo al giudizio di appello stante la dichiarata litispendenza da parte del giudice di primo grado che non ha formato oggetto d’impugnazione e che preclude ogni valutazione circa la legittimità o meno dell’escussione della fideiussione.
Il terzo e quarto motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi, sono inammissibili.
L’articolata censura ruota intorno all’interpretazione e alla qualificazione giuridica del contratto del 27.6.2001.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte: “Qualora, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative” (Cass. 6735/2019); inoltre, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione, da parte del giudice del merito, del contratto intercorso tra le parti, le relative censure debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., o dell’insufficienza e contraddittorietà della motivazione (Cass. n. 22889/06, 13587/10, 25728/13, 28319/17, 16987/18).
Nel caso di specie, la banca ricorrente ha omesso di trascrivere il contratto e le specifiche clausole (artt. 3, 6, 8, 9, 11, 13, 15), nè ha specificato i canoni di ermeneutica contrattuale violati ma si è limitata a prospettare una violazione delle norme di cui alla rubrica senza evidenziare in modo specifico i profili della lamentata violazione; inoltre, la censura mira a ribaltare le valutazioni del giudice a quo in riferimento ai fatti e alle circostanze poste a fondamento della domanda incidentale e si sostanzia, perciò, in una inammissibile censura di merito.
Infine, la banca ricorrente ha fondato la sua diversa qualificazione contrattuale sul vizio di omesso esame di una serie di deposizioni testimoniali che, viceversa, sono state esaminate dalla Corte d’Appello (cfr. p. 8 della sentenza impugnata, con i richiami ai testi escussi), nè può censurarsi ex se una errata qualificazione del materiale istruttorio (Cass. ord. n. 27000/16, 11892/16).
Dalla inammissibilità del terzo motivo, consegue la inammissibilità del quarto, che si limita a prospettare l’applicazione al contratto del 27.6.01 della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., giusta la diversa qualificazione dello strumento negoziale come contratto di locazione ad uso commerciale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il primo motivo di ricorso, inammissibili i restanti.
Condanna la società ricorrente a pagare alla società Tail srl, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020
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