Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.9538 del 22/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 9638/2019 proposto da:

-) T.M., elettivamente domiciliato a Roma, v.le Regina Margherita n. 239 (c/o Avv. Velentina Valeri), difeso dall’Avvocato Giacomo Cainarca in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 6.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 marzo 2020 dal Consigliere relatore Dott. ROSSETTI Marco.

FATTI DI CAUSA

T.M., cittadino della *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato la Guinea-Bissau a causa dei continui maltrattamenti sofferti per causa degli zii e dei cugini, con i quali conviveva dopo la morte del padre, i quali lo picchiavano e lo costringevano a lavorare per loro;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento T.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 6.2.2019;

il Tribunale ritenne che:

-) il racconto del richiedente asilo era plausibile;

-) tuttavia lo status di rifugiato non potesse essere concesso, perchè i fatti narrati dal richiedente non evidenziavano comunque alcuna persecuzione, nè minaccia di trattamenti inumani o degradanti;

-) la protezione sussidiaria non potesse essere concessa perchè in Guinea-Bissau non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato (il Tribunale cita due fonti: il sito Web “viaggiaresicuri” e il sito Web ECOI);

-) la protezione umanitaria, infine, non poteva essere concessa in quanto:

a) “la domanda era carente di allegazioni”;

b) in Guinea-Bissau non vi era una violazione dei diritti umani fondamentali; il richiedente asilo non aveva raggiunto un apprezzabile livello di integrazione in Italia;

tale decreto è stato impugnato per cassazione da T.M. con ricorso fondato su due motivi;

ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Nella illustrazione del motivo, dopo un’ampia trattazione sulla portata e sull’efficacia dell’art. 10 Cost., e sul concetto di “protezione umanitaria”, il ricorrente conclude (a pagina 12, terz’ultimo capoverso, del ricorso) che nel caso di specie la protezione umanitaria si sarebbe dovuta concedere perchè “la condizione della Guinea è nota e fatta oggetto di molti provvedimenti di riconoscimento della protezione umanitaria” (peraltro non precisati nel ricorso).

1.1. Il motivo (la cui illustrazione, segnatamente alle pp. 8-11, costituisce l’integrale trascrizione di un provvedimento di merito, ovvero una ordinanza del Tribunale di Milano datata 31 marzo 2016) è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è infatti costante nel ritenere che le generali condizioni di povertà del Paese di provenienza del richiedente asilo, da sole, non costituiscono una circostanza idonea a giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (da ultimo in tal senso, Sez. 1, Ordinanza n. 1051 del 17.1.2020; così pure Sez. 1, Ordinanza n. 864 del 17.1.2020, ove si afferma che la situazione concreta di vulnerabilità che legittima il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari “non può tout court identificarsi in ragioni di natura economica o di ripartizione della ricchezza tra la popolazione”.

2. Col secondo motivo il ricorrente prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; lamenta che il Tribunale ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria senza aver acquisito le necessarie informazioni sulla situazione del paese di origine.

2.1. Il motivo (la cui tecnica scrittoria lo palesa frutto della collazione di testi ricavati da altri scritti, come rende palese il ripetuto richiamo ai “nodi processuali sottoposti al collegio”) è infondato.

Il ricorrente lamenta infatti la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale; ma questo non ha affatto rigettato la domanda di protezione ritenendola non provata senza previamente ricorrere ai propri poteri istruttori officiosi (nel qual caso soltanto si sarebbe potuto dire sussistente il vizio denunciato dall’odierno ricorrente).

Il Tribunale ha piuttosto ritenuto in facto l’insussistenza d’una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di provenienza del richiedente asilo, citando COI aggiornate ed attendibili: e che un provvedimento siffatto non sia censurabile in questa sede dovrebbe essere ben noto alla difesa del ricorrente, dal momento che identici ricorsi, proposti dal medesimo avvocato, vertenti su identiche fattispecie e fondati su identici motivi sono stati ripetutamente dichiarati inammissibili da questa Corte (ex multis, Sez. 1, Ordinanza n. 2130 del 30.1.2020; Sez. 1, Ordinanza n. 2128 del 30.1.2020; Sez. 1, Ordinanza n. 2127 del 30.1.2020; Sez. 1, Ordinanza n. 30950 del 27.11.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 28969 del 8.11.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 28899 del 8.11.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 25895 del 14.10.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 25875 del 14.10.2019).

3. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

3.1. Poichè la parte vittoriosa è un’amministrazione dello Stato, nei confronti della quale vige il sistema della prenotazione a debito dell’imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario, la condanna alla rifusione delle spese vive deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito, come già ritenuto più volte da questa Corte (ex aliis, Sez. 3, Sentenza n. 5028 del 18/04/2000, Rv. 535811).

3.2. La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17): infatti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11, il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sempre che tale ammissione non sia stata revocata dal giudice competente.

PQM

La Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna T.M. alla rifusione in favore di Ministero dell’interno delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.100, oltre rifusione delle spese prenotate a debito;

(-) dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non sia stata revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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