Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.9592 del 25/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33607/2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale Strozzi, 31, presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura e rappresentato e difeso dall’avvocato Tartini Francesco, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 971/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/11/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 971/2018 depositata il 24-04-2018 la Corte d’Appello di Venezia ha respinto l’appello proposto da B.A., cittadino del *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che ha rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito a causa delle persecuzioni e delle violenze subite ad opera dei ribelli del movimento separatista del Casamance. La Corte d’appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Senegal, descritta nella sentenza impugnata.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di una norma di diritto in relazione alla asserita insussistenza del pericolo di subire un danno grave in conseguenza di un trattamento inumano e degradante; – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7 e art. 14, lett. b)”.

Nell’illustrare congiuntamente i primi due motivi deduce il ricorrente di aver allegato fatti decisivi il cui esame è stato omesso, ed in particolare il tentativo di suo arruolamento da parte dei ribelli, avvenuto nel 2010, e gli episodi di violenza prima psicologica e poi fisica, concretatasi, l’ultima, nella razzia di tre mucche indispensabili per i lavori agricoli. Deduce quindi il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale ha affermato l’assenza di specifico episodio di violenza. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte, rileva che la persecuzione rilevante ai fini della protezione sussidiaria può provenire anche da un soggetto privato.

3. Con il terzo motivo lamenta ” Violazione o falsa applicazione di una norma di diritto in relazione alla asserita non credibilità della vicenda personale anche per l’assenza di riscontri oggettivi – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis”.

4. Con il quarto motivo lamenta “Nullità della sentenza per motivazione meramente apparente – art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c.”.

Nell’illustrare congiuntamente i motivi terzo e quarto, il ricorrente lamenta la violazione dei criteri legali di valutazione della veridicità del racconto, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, avendo la Corte territoriale fatto improprio riferimento alla mancanza di riscontri e non avendo altresì adeguatamente spiegato le ragioni del proprio convincimento sulla non credibilità della vicenda personale narrata. Ad avviso del ricorrente la motivazione della sentenza impugnata è meramente apparente perchè generica, in mancanza dell’indicazione delle parti del racconto tra loro in contraddizione, nonostante la coerenza esterna del racconto rispetto alle informazioni generali sul Paese e sui ribelli del Casamance allegate dal difensore del ricorrente e comunque acquisibili d’ufficio.

5. I primi quattro motivi possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, involgendo le doglianze, sotto distinti ma collegati profili, il giudizio di credibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente e la valutazione della situazione generale del Paese di origine.

5.1. Quanto al giudizio di credibilità, questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito.

Anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui si è appena detto (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018). Infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis nella specie, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

5.2. Nel caso di specie non ricorrono i vizi motivazionali e di violazione di legge denunciati. In particolare la Corte territoriale, con motivazione sintetica ma rispondente al “minimo costituzionale” nei termini precisati, ha esaminato il fatto allegato dal ricorrente a cagione della sua fuga dal Senegal, ossia il tentativo di suo arruolamento da parte dei ribelli avvenuto nel 2010, e ne ha escluso la concreta rilevanza ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, rimarcando che il suddetto fatto era risalente ad epoca antecedente al “cessate il fuoco” ufficializzato nel 2016. Inoltre, quanto alla situazione generale del Paese di origine del richiedente, la Corte d’appello, pur dando conto del persistere di episodi di ruberie ad opera di bande appartenenti al gruppo *****, ha accertato, in base alle fonti di conoscenza, l’insussistenza della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, anche nella regione della Casamance, evidenziando un sensibile miglioramento delle condizioni generali e della stabilità politica.

6. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla pronuncia sulla domanda di protezione umanitaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 5, comma 6”.

7. Con il sesto motivo lamenta “Illegittimità del decreto impugnato per violazione, falsa ed erronea interpretazione e/o applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Nell’illustrare congiuntamente anche gli ultimi due motivi il ricorrente, dopo aver premesso di ritenere perdurante il suo interesse ad una pronuncia sulla protezione umanitaria, nonostante l’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, non applicabile alla fattispecie, o comunque, in caso di ritenuta immediata vigenza della nuova disciplina, invocando l’immediata applicazione precettiva del diritto di asilo ex art. 10 Cost., comma 3, si duole della mancata valutazione della condizione in cui si trova la regione di *****, dove permane un notevole livello di violenza, e l’omesso esame di tutte le fonti COI citate e della situazione di insicurezza del Casamance. Si duole altresì della mancata considerazione della sua integrazione sociale, richiamando la sentenza di questa Corte n. 4455/2018.

8. I motivi quinto e sesto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione perchè entrambi attinenti al diniego della protezione umanitaria, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

8.1. Premesso che nella specie trova applicazione la disciplina in vigore all’epoca della presentazione della domanda (Cass. n. 4890/2019), le doglianze sono inammissibili nella parte in cui il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di vulnerabilità, difforme da quella accertata nel giudizio di merito, avendo la Corte territoriale escluso, motivatamente, la rilevanza dello stato di salute del richiedente, addotto in appello quale condizione soggettiva di particolare vulnerabilità.

Di conseguenza, anche la censura relativa al vizio motivazionale è, sotto il profilo da ultimo evidenziato, infondata, e così pure con riferimento alla valutazione della situazione della regione Casamance, al cui interno si trova quella di *****, che è stata effettuata dalla Corte territoriale e che, peraltro, è richiamata in ricorso senza specificazione di dati individualizzanti.

Il fattore dell’integrazione sociale e lavorativa del richiedente in Italia, pur non potendosi considerare “circostanza del tutto estranea alla protezione internazionale”, come affermato nella sentenza impugnata, la cui motivazione sul punto va, dunque, emendata in diritto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., diventa recessivo, in assenza di vulnerabilità, proprio in base all’orientamento di questa Corte richiamato nel ricorso (Cass. n. 4455/2018).

9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre sulle spese del presente giudizio, stante la tardiva costituzione del Ministero.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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