Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.9618 del 25/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 14500 – 2019 proposto da:

Y.M., domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato PASQUALE PORFILIO, rappresentato e difeso dall’Avvocato CHIARA CASTAGLIOLA, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, *****, elettivamente domiciliato in Roma alla Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope-legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO, depositato il 2 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2019 dal Consigliere Dott.ssa IRENE SCORDAMAGLIA.

FATTI DI CAUSA

1. Y.M. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Campobasso ha respinto la sua domanda di riconoscimento della protezione maggiore e, in via subordinata, della protezione per motivi umanitari.

A fondamento della domanda era stato allegato il timore del ricorrente di rimanere esposto, in ipotesi di rientro nel suo Paese d’origine (il *****), alla vendetta del padre di due ragazzi rimasti vittima di un incendio da lui involontariamente cagionato. La situazione del Paese di origine, posta sullo sfondo del lumeggiato vissuto personale, era tale da integrare, ad avviso del richiedente, i presupposti per il rilascio quanto meno della protezione umanitaria.

2. Il Ministero dell’Interno ha articolato difese con un controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non facendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

1. Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè la domanda di protezione umanitaria sarebbe stata erroneamente respinta essendosi da parte del Tribunale valorizzata esclusivamente la condizione del richiedente, quale soggetto “privo di legami specifici e personali con il nostro Paese”, quand’invece egli ne sarebbe stato meritevole, in quanto esposto ad “una minaccia grave contro la propria vita derivante da violenza indiscriminata e… da situazioni di conflitto interno nel proprio paese o che scaturiscono da ingiustificati motivi di vendetta personale contro la sua persona…ovvero da azioni giudiziarie o sanzioni sproporzionate o discriminatorie…ovvero dalle condizioni del sistema giudiziario e carcerario del Paese di origine”.

Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062, hanno affermato che: “In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato”.

In motivazione, la Corte ha chiarito che: “Non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza”, prendendosi, altrimenti, in considerazione:”… non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma, piuttosto, quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria”.

Poichè i requisiti indicati dal ricorrente a fondamento della propria domanda non coincidono con quelli individuati dal diritto vivente per il riconoscimento della protezione umanitaria, le deduzioni sul tema vanno respinte.

2. Con il secondo e il terzo motivo sono denunciate, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, rispettivamente, la violazione D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28-bis”, e la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136", in relazione alla disposta revoca dell’ammissione del richiedente al patrocinio dello Stato.

I motivi enunciati, vertendo entrambi sulla questione della legittimità della revoca dell’ammissione del richiedente protezione al patrocinio a spese dello Stato, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili.

Va fatta applicazione del principio di diritto secondo cui la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R. (Sez. 3, n. 3028 del 08/02/2018, Rv. 647941; Sez. 2, n. 29228 del 06/12/2017, Rv. 646597): il rimedio del ricorso per cassazione è, infatti, previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Segue la condanna del ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate in Euro 2.100, oltre SPAD. Il doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dovrà essere versato ove ne sussistano i presupposti, secondo quanto chiarito dalla sentenza Sez. 1 n. 9660/2019, cui si intende prestare adesione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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