LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4134-2018 proposto da:
FRATELLI F. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI ARIANNA, rappresentata e difesa dall’avvocato SAITTA CARMELO;
– ricorrente –
contro
B.C., F.G., S.S., SE.FR., C.M.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA UGO OJETTI 16, presso lo studio dell’avvocato MACCARRONE GIUSEPPE, rappresentati e difesi dall’avvocato LOMBARDO CARMELO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1253/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 27/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott COSENTINO.
ANTONELLO.
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La società di costruzioni immobiliari F.lli F. s.r.l. ha proposto ricorso, sulla scorta di un solo motivo, per la cassazione della sentenza con cui la corte di appello di Messina, confermando la decisione del tribunale della stessa città, l’ha condannata – in accoglimento della domanda dei sigg. Se.Fr., So.St., F.G., B.C. e C.M.E. – ad eseguire sulle villette a schiera in proprietà di costoro, che essa ricorrente aveva edificato, gli interventi descritti nella consulenza tecnica svolta in primo grado, al fine di eliminare i difetti riscontrati sulle stesse (infiltrazioni d’acqua dagli infissi e non corretto isolamento della facciata esterna, con conseguente formazione di condensa).
La corte di appello, ricondotta la fattispecie al campo applicativo dell’art. 1669 c.c., ha disatteso le eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate dalla società costruttrice, fondando la propria decisione sulla scorta di una duplice ratio decidendi.
In primo luogo, la corte ha rilevato che i difetti degli immobili furono denunciati con raccomandata del 30 luglio 2005, entro dieci anni dalla consegna (risalente al 2001) e un anno dalla scoperta (risalente all’inverno 2004/05) e che l’azione giudiziaria fu introdotta (nel luglio 2006), entro un anno dalla denuncia. In ordine al rilievo della F.lli F. s.r.l. che la suddetta raccomandata sarebbe stata inidonea ad impedire la decadenza, in quanto sottoscritta non dai proprietari degli immobili, ma da un legale (l’avv. Lombardo Carmelo) privo di mandato, la corte peloritana argomenta che, poichè l’avv. Lombardo aveva poi ricevuto dai proprietari la procura per rappresentarli nel presente giudizio, il mandato ad litem valeva quale ratifica della pregressa attività dal medesimo svolta.
Il secondo luogo, la corte ha argomentato che i difetti degli immobili erano stati riconosciuti dalla società costruttrice con missiva del 21.6.2006, con conseguente irrilevanza della denuncia degli stessi.
I sigg. S., So., F., B. e C.M.E. hanno presentato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 12 novembre 2019, per la quale non sono state depositate memorie.
Con l’unico motivo di ricorso, riferito all’ art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, la F.lli F. s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1667 e 1669 c.c., svolgendo due distinte doglianze.
Con la prima doglianza si attinge la statuizione di rigetto dell’eccezione di decadenza degli attori dalla garanzia per i difetti dell’immobile, censurando l’argomento dell’impugnata sentenza secondo cui detti attori, rilasciando il mandato ad litem all’avv. Lombardo, avrebbero utilmente ratificato l’atto di denuncia dei difetti degli immobili dal medesimo inviato alla società costruttrice il 30 luglio 2005, in carenza di poteri rappresentativi. Al riguardo la ricorrente argomenta, per un verso, che la denuncia dei vizi sarebbe un atto di portata non negoziale, riservato in via esclusiva all’acquirente o ad “un suo procuratore all’uopo delegato” (pag. 9, primo cpv., del ricorso); per altro verso, che, in ogni caso, alla ratifica operata con il rilascio del mandato ad litem non potrebbe attribuirsi l’effetto di sanare ex post una decadenza già maturata.
Con la seconda doglianza la F.lli F. s.r.l. contesta il giudizio con cui la corte di appello ha sussunto le infiltrazioni di umidità per cui è causa nell’ambita dei gravi difetti di costruzione previsti dall’art. 1669 c.c..
Quanto alla prima doglianza, relativa alla statuizione di rigetto della eccezione di decadenza degli attori dalla garanzia per i difetti degli immobili, essa va giudicata inammissibile, giacchè entrambi i profili in cui la stessa si articola attingono la prima ratio che sorregge tale statuizione, relativa alla efficacia della denuncia dei difetti inviata alla società costruttrice il 30 luglio 2005 dall’avv. Lombardo. Nel ricorso, tuttavia, non viene censurata l’altra, autonoma e sufficiente, ratio decidendi della suddetta statuizione, che si legge nel terzultimo capoverso di pag. 9 della sentenza:”Ciò appunto senza considerare la missiva della s.r.l. datata 21.6.2006, di pieno riconoscimento dei vizi e di anche analitica descrizione degli interventi che si intendeva porre come rimedio (cfr. Cass., 6682/00, citata in prime cure)”.
La doglianza dunque, quand’anche fondata, non potrebbe mai condurre alla cassazione della sentenza impugnata; donde la sua inammissibilità, alla stregua del principio, costantemente ribadito da questa Corte (da ultimo, ord. 9752/17), che, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza. Quanto alla seconda doglianza pure sviluppata nell’unico motivo di ricorso, la stessa non può trovare accoglimento, giacchè, lungi dall’esplicitare la regola di diritto enunciata, o implicitamente applicata, dalla corte territoriale in contrasto con le disposizioni di legge la cui violazione viene lamentata nel mezzo di impugnazione, si limita a contrapporre l’apprezzamento della parte a quello del giudice di merito in ordine alla gravità dei difetti riscontrati negli immobili per cui è causa; la censura, infatti, non sviluppa alcuna critica analitica delle argomentazioni spiegate nella sentenza gravata, ma si risolve esclusivamente nella trascrizione di un ampio stralcio della relazione del consulente tecnico di parte.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.800, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020