Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.9849 del 26/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22235/2016 R.G. proposto da:

R.B. e F.F., rappresentati e difesi dagli Avv.ti Vittorio Piececi e Mauro Vaglio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Piazza della Libertà, n. 20;

– ricorrenti –

contro

Banca Popolare Pugliese soc. coop. p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Caroli Casavola, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Scarlati, n. 4;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 178 della Corte d’appello di Lecce depositata il 23 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Cosimo D’Arrigo.

RITENUTO

R.B. e F.F. hanno proposto opposizione all’esecuzione forzata immobiliare intentata nei confronti, rispettivamente nella qualità di debitore principale e di fideiussore, dalla Banca Popolare Pugliese soc. coop. p.a..

Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Lecce sospendeva la procedura esecutiva ed assegnava un termine per introdurre il giudizio di merito.

La Banca provvedeva all’adempimento. Gli opponenti-convenuti si costituivano eccependo l’invalidità dell’atto di citazione avversario e, nel merito, insistendo nelle ragioni dell’opposizione. Il Tribunale di Lecce accoglieva solo parzialmente le ragioni degli opponenti, dichiarando non dovuta la somma di Euro 8.392,89 (da sottrarsi dall’importo precettato).

Il R. e la F. impugnavano la decisione, ma la Corte d’appello di Lecce dichiarava inammissibile il gravame.

Avverso tale decisione R.B. e F.F. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. La Banca Popolare Pugliese soc. coop. p.a. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

Prima che iniziasse la trattazione del ricorso in adunanza camerale, i ricorrenti hanno depositato un atto di rinunzia, notificato alla controparte ma non espressamente accettato, con il quale hanno dedotto che i rapporti fra le parti sono stati transatti e che hanno, di conseguenza, perso interesse a coltivare il gravame.

La superiore rinuncia determina l’estinzione del giudizio, ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c..

Quanto alle spese, la deduzione dell’intervenuta sistemazione dei rapporti tra le parti, non contraddetta da alcuna pur possibile attività della controparte nell’imminenza dell’adunanza camerale, fa ritenere opportuno non provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 2.

La declaratoria di estinzione del giudizio esclude, altresì, l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19560 del 30/09/2015, Rv. 636979).

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo consigliere anziano del collegio, per impedimento del suo presidente, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a), (decreto del Primo Presidente della Corte suprema di Cassazione n. 40 del 18-19/03/2020).

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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