LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19485-2018 proposto da:
A.G., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati PASQUALE PACIFICO, VITTORIO DI MEGLIO;
– ricorrente-
contro
EUROIMMOBILIARE SRL in liquidazione in persona del liquidatore 1.r.p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato DARIO MANNA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO MANCINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 324/2017 del TRIBUNALE di ISERNIA, depositata il 02/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2020 dal Consigliere Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
La società Euroimmobiliare srl ha ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti di A.G., assumendo di aver ricevuto l’incarico da parte di costui di provvedere alla riparazione di un muro di confine con il vicino, per conto del quale la società stava effettuando lavori di ricostruzione edilizia.
A.G. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo eccependo di non avere mai dato incarico alla Euroimmobiliare di effettuare lavori sul proprio muro di confine.
Espletata una istruttoria testimoniale, il Giudice di Pace ha ritenuto provato l’incarico fornito dall’ A. ed ha dunque confermato il decreto ingiuntivo che era stato emesso per la somma di 1800 Euro.
Su appello del debitore, il Tribunale di Isernia ha confermato la decisione di primo grado ritenendo corretta la decisione quanto alla prova del credito.
A.G. ricorre con cinque motivi. V’è controricorso della Euroimmobiliare.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – La ratio della decisione impugnata.
Il Tribunale ha ritenuto corretta la decisione del giudice di primo grado quanto alla prova sufficiente del credito, motivando in parte per relationem alla pronuncia precedente e fornendo invece una motivazione propria relativamente agli altri motivi di appello, oggi ripetuti in questa sede, quelli relativi alla inammissibilità della prova testimoniale atteso il valore della causa, ed alla incompatibilità di un teste.
2. – Il ricorrente propone cinque motivi.
Con il primo motivo, che si articola in plurimi profili di doglianza, denuncia violazione dell’art. 111 Cost., artt. 112 e 132 c.p.c., e art. 2909 c.c..
Secondo il ricorrente la corte di merito non ha adeguatamente motivato su uno – specifico motivo di appello. In sostanza, egli aveva evidenziato che la originaria domanda (di condanna al pagamento della somma a titolo di appalto) era stata abbandonata e mutata in diversa domanda, ossia di pagamento della somma ex art. 883 c.c..
Il Tribunale non avrebbe pronunciato su tale eccezione, svolta pure in primo grado, e non avrebbe comunque adeguatamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto che la domanda abbandonata era stata nonostante ciò accolta dal giudice di pace. Del resto, proprio in quanto la domanda originaria era stata abbandonata (quella fondata su titolo contrattuale), era impedito di pronunciarvi, pena la violazione del giudicato interno.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 883 c.c.. Posto che la impresa costruttrice aveva mutato la sua domanda originaria di corrispettivo da appalto a domanda di pagamento dei lavori resi necessari dall’abbattimento del muro di confine (art. 883 c.c.), il giudice di merito, dovendo prendere in considerazione quest’ultima e non la prima domanda, avrebbe dovuto rigettarla, dal momento che le spese per la riparazione del muro dovevano gravare non già su di lui, ma sul vicino, che con i suoi interventi edilizi aveva reso necessaria la riparazione del muro comune.
3. – Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2721 c.c. e dell’art. 342 c.p.c., in relazione alla questione dell’ammissibilità della testimonianza su contratti del valore superiore a 2,58 Euro.
Assume di aver posto la questione in primo grado, di averla riproposta in appello, dove il giudice ha però motivato in modo apparente, senza fornire una adeguata giustificazione del potere discrezionale di ammissione della prova.
4. – Con il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 246 c.p.c., avendo eccepito sin dal primo grado l’incapacità a testimoniare di uno dei testi (in quanto capocantiere dell’impresa creditrice) ed avendone avuto immotivato rigetto, oltre che infondato.
5.- Con il quinto motivo (con il quale denuncia violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4), lamenta una erronea valutazione delle risultanze istruttorie, ossia lamenta che, venendo meno le testimonianze inammissibili, l’unica utilizzabile sarebbe quella di un dipendente, tuttavia, da sola insufficiente a fondare il convincimento del giudice, che dunque si sarebbe formato in modo illegittimo.
6. – Il ricorso è infondato.
6.1. – I primi due motivi possono esaminarsi congiuntamente in quanto attengono alla medesima questione.
Il ricorrente sostiene che inizialmente la società ha proposto una domanda avente titolo nel contratto di appalto; che però ha poi abbandonato tale pretesa in favore di una diversa domanda, basata sul diritto al rimborso della riparazione indotta dai lavori del vicino (art. 883 c.c.).
Lamenta che il giudice di merito ha pronunciato sulla nuova domanda, ma sulla base delle prove raccolte in riferimento alla prima, e, eccepito in appello questo vizio, il giudice di secondo grado ha confermato la decisione del primo senza motivare, o comunque senza tener conto della diversità di causa petendi, ed infine in violazione dell’art. 883 c.c., che pone le spese per la riparazione del muro comune solo a carico dell’autore dei lavori e non dell’altro comunista.
Entrambi i motivi difettano del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Infatti, il loro presupposto è che la società creditrice ha mutato l’originaria domanda in altra avente diverso titolo.
E tuttavia, non v’è traccia di tale mutamento: il ricorrente non riporta nel corso dell’atto alcun riferimento a tale modifica, nè indica in quale atto del processo sia stato mutato il titolo.
Nè dalla lettura della sentenza di primo grado emerge alcuna rinuncia alla domanda originaria in favore di una diversa.
Il Giudice di pace ha evidentemente ritenuto che la domanda sia rimasta quella originaria (pagamento del corrispettivo dell’appalto, concluso per iniziativa del ricorrente), non menzionando affatto nel corso della motivazione che sia mutato il titolo.
Conseguentemente è inammissibile la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., basata sulla mancata considerazione del mutamento di domanda in questione, e cosi quella contenuta nel secondo motivo, di violazione dell’art. 883 c.c., che avrebbero senso, entrambe, se vi fosse stato effettivamente un mutamento della domanda in quella direzione, che invece non è illustrato dal ricorrente, come avrebbe dovuto essere.
E’ infondata poi la censura (contenuta sempre nel primo motivo) di motivazione apparente, in quanto il giudice di secondo grado motiva, qui, per relationem ad una decisione di prima istanza che dà adeguatamente conto delle risultanze istruttorie. Comunque sia, il Tribunale ha correttamente ritenuto che non siano emersi elementi a sostegno della tesi secondo cui i lavori costituivano risarcimento in forma specifica dei danni provocati dalla ristrutturazione del vicino (p. 3).
6.2. – Del pari infondati sono i due motivi attinenti alla ammissibilità della prova testimoniale.
Quanto al terzo, come detto, si denuncia violazione dell’art. 2721 c.c..
Secondo il ricorrente il giudice di merito avrebbe ammesso la prova testimoniale su contratto di valore superiore a quello consentito (2.58 Euro) ma senza dare adeguatamente conto dell’esercizio del potere discrezionale.
E’ ben vero che l’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall’art. 2721 c.c., costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato (Cass. 11889/ 2007), ma è altresì vero che il tribunale ha dato conto di un esercizio corretto del giudice di primo grado della discrezionalità esercitata.
Quanto alla inammissibilità di una delle testimonianze (quella del capo cantiere) correttamente il tribunale ha ritenuto che si tratta di soggetto non avente un interesse giuridicamente rilevante all’esito della controversia, interesse tale da consentire l’intervento in giudizio. E’ di tutta evidenza che il dipendente della società creditrice, in quanto tale, non ha un interesse che potrebbe giustificare la sua partecipazione al processo, occorrendo dimostrare che, nel caso concreto, vi sia, per l’appunto uno specifico interesse in quel senso, che però non è insito nella situazione di dipendente lavorativo di una delle parti in causa.
6.3. – Infine, il quinto motivo è inammissibile, in quanto, stante l’infondatezza del terzo e del quarto motivo, che ne costituiscono il presupposto, esso è carente di interesse ex art. 100 c.p.c..
Il ricorso va pertanto rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 1600,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020
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