LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3575-2018 proposto da:
I.R., S.C., in proprio e nella qualità di eredi di S.D., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 330, presso lo studio dell’avvocato MARIA ASSUNTA IASEVOLI, rappresentate e difese dall’avvocato PATRIZIA PELOSI;
– ricorrenti –
contro
GENERALI ITALIA SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato VALENTINO FEDELI, rappresentata e difesa dall’avvocato STANISLAO ULIANO;
– controricorrente –
contro
GENERALI ASSICURAZIONI SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4555/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata i109/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2009 I.R. e S.C. convennero dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata la società Generali Italia S.p.A., quale impresa designata per conto del Fondo di garanzia vittime della strada, chiedendone la condanna al risarcimento del danno da esse patito in conseguenza della morte del rispettivo figlio e fratello S.D., avvenuta in conseguenza d’un sinistro stradale.
2. Il Tribunale di Torre Annunziata accolse la domanda; la Corte d’appello di Napoli, accogliendo l’appello della Generali, attribuì alla vittima un concorso di colpa del 50%, sia per avere omesso di usare il casco protettivo, sia per avere tenuto una velocità eccessiva.
3. La sentenza d’appello è impugnata per cassazione da I.R. e S.C., con ricorso fondato su sette motivi.
Ha resistito con controricorso la Generali Italia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con atto ritualmente depositato, la difesa delle ricorrenti ha dichiarato di avere transatto la lite e di volere rinunciare al ricorso. Il suddetto atto, pur non risultando notificato alla società controricorrente, è stato tuttavia sottoscritto dal difensore di quest’ultima, avv. Stanislao Uliano.
5. Il suddetto atto non può produrre gli effetti di cui all’art. 390 c.p.c. (e cioè la dichiarazione di estinzione del giudizio), in quanto la rinuncia al ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., deve essere sottoscritta, alternativamente:
-) o dalla parte e dell’avvocato congiuntamente;
-) oppure solo dall’avvocato “se è munito di mandato speciale a tale effetto”. Nel caso di specie, l’atto di rinuncia è sottoscritto solo dai due avvocati dille ricorrenti e della controricorrente, i quali tuttavia non risultano avere un mandato speciale a tale effetto.
6. Tuttavia il suddetto atto, manifestando la concorde volontà delle parti di non annettere importanza all’esito dell’impugnazione, è indice della sopravvenuta cessazione della materia del contendere, e comporta la dichiarazione (non di estinzione, ma) di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.
7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate interamente tra le parti, come da esse concordemente richiesto.
P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere. Tale giustificazione della ammissibilità esclude il presupposto processuale per la debenza del doppio contributo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 28 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020